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(RegioneInforma) UNA PROPOSTA DI RIQUALIFICAZIONE PER IL CASTELLO DI CANCELLARA
20 settembre 2005
(ACR) - Unico al mondo per qualità e quantità ma ancora poco conosciuto, si può definire il patrimonio culturale italiano. Città, borghi, castelli, chiese rurali, abbazie, parchi naturali costituiscono la trama dei tanti gioielli della penisola e le istituzioni sono impegnate in uno sforzo teso a far conoscere e valorizzare il nostro patrimonio. I castelli, ad esempio, caratterizzano in modo essenziale il nostro territorio e il loro utilizzo e la loro valorizzazione possono costituire importanti elementi per lo sviluppo e la vita sociale e turistica delle aree limitrofe. I capitali inizialmente investiti per la conservazione del paesaggio sono oggi orientati, in modo più realistico e aperto, ad attività che ne recuperino gli elementi più caratteristici. Tali architetture infatti, persa la loro funzione primaria di strutture difensive, possono essere recuperate e adattate ad una nuova funzionalità, compatibile con la loro vocazione. Una proposta metodologica per la tutela e la valorizzazione di uno dei tanti castelli della Basilicata è stata formulata e pubblicata di recente da EditricErmes (2005). "Il castello di Cancellara. Castrum seu fortilitium" affronta il problema della difficile operazione di recupero del castello di Cancellara e analizza le peculiarità di quella struttura sotto il profilo, storico, architettonico e tecnologico, contribuendo a consolidare e confermare la correttezza dei criteri posti a base della proposta di restauro e recupero. Ne sono autori Carla De Fino, Francesco Giuda, dottori di ricerca in ingegneria civile e Antonella Giuda e Fabio Fatiguso, rispettivamente docenti di Architettura Tecnica (DAPIT) presso l'università degli studi della Basilicata e di Recupero e Conservazione degli edifici (DAU) del Politecnico di Bari. Il testo si avvale, inoltre, della prefazione del docente di Restauro Architettonico (DAU) del Politecnico di Bari, Giambattista De Tommasi. L'analisi metodologica utilizzata dagli autori dimostra come esiste un collegamento diretto tra la ricerca storica e il monumento, tra la storia dei documenti cartacei e quella della pietra e tra i caratteri materici, tipologici, tecnico-costruttivi della fabbrica e del suo sviluppo nel tempo. Le ipotesi riguardanti la costruzione del castello ne fanno risalire l'origine alla dominazione angioina, successivamente ampliato da Pietro De Fossa da Cancellara, signore anche di Pietragalla, la cui lastra sepolcrale è murata all'interno della chiesa di Santa Caterina d'Alessandria di Cancellara. Quel "Castrum seu fortilitium" viene citato in un documento del 1490 tra il beni baronali. Lì pernottarono l'arcivescovo di Acerenza e Matera Michele Saraceno, durante la sua visita pastorale nella diocesi, il decano di Matera, don Eustachio Lembo e l'abate Sebastiano Boncore, il 27 maggio del 1544, quando signore di quella terra era Fabrizio Sambasile. Agli inizi del seicento, quando Cancellara era in mano a Marino Caracciolo, l'edificio sembra aver assunto una notevole importanza, poiché è documentata nella "camera nuova" del Castello, la stipula di un atto notarile per la fondazione del Monastero dei Frati Zoccolanti dell'ordine francescano. Il terremoto del 1694, che arrecò danni sia alla chiesa madre che alla Chiesa di Sant Antonio (ex Santa Caterina d'Alessandria), distrusse in parte il Castello baronale che rimase " a lungo diruto", così come attestano documenti risalenti agli inizi del settecento. Il rinvenimento di alcuni documenti conservati nel fondo degli atti notarili, presso l'Archivio di Stato di Potenza, risalenti al 1820, conferma l'avvenuta ricostruzione di alcune parti del Palazzo baronale, ormai di proprietà demaniale. I documenti notarili attestano che quel palazzo non poteva essere "riattato con quella diligenza" richiesta, per cui si chiedeva fosse venduto all'asta pubblica. I periti nominati dal tribunale provvidero ad apprezzare il Castello, attribuendogli il valore di tremila ducati. Nell'apprezzo dei periti è riportata la descrizione degli ambienti e dei materiali che ne costituiscono ancora l'attuale impianto: sottani al piano terra e in parte al primo, stanze, stanzette, una galleria, una cappella, una saletta, un anticucina e una cucina più grande, un salone, una torretta diroccata e una soffitta. Un Castello in gran parte disabitato che presentava una condizione di notevole degrado per la mancanza di manutenzione, mentre alcuni ambienti distribuiti tra i primo e secondo livello e la cappella gentilizia lasciano supporre che fossero destinati a residenza dei feudatari. Attorno al castello venne costruita, tra il 1910 e il 1915, una cinta di muraglioni per salvaguardare l'incolumità dell'abitato sottostante, minacciato dai ruderi in decadimento. Anche il terremoto del 1930 procurò danni, facendo crollare il piano superiore della torre quadrata, determinando poi l'abbassamento di alcuni metri della torre circolare. Frazionato tra diversi proprietari agli inizi del novecento, il Castello ha subito notevoli modifiche nella distribuzione interna per le continue variazioni delle destinazioni d'uso. Il terremoto del 1980 provocò il crollo del secondo livello del Castello e danni gravissimi alla torre circolare, ma nel 1982 venne vincolato dalla Soprintendenza ai beni monumentali e architettonici, per il suo valore storico. L'ipotesi formulata dagli autori, che tiene conto della storia del Castello e di quel centro, propone una nuova destinazione d'uso restaurando, recuperando e valorizzando quell'antico "castrum". La proposta è quella di un centro "culturale" che punti su diversi poli attrattivi: un museo archeologico e delle tradizioni contadine, dislocato sul primo livello, un centro studi, una mediateca, delle sale conferenze e sale per esposizioni temporanee, dislocate nel secondo livello. Una riqualificazione e riconversione del Castello che abbinata a quella del centro storico, possa creare un complesso culturale e ricettivo per un turismo culturale, perseguendo l'obiettivo di uno sviluppo sostenibile ed eco-compatibile di vaste aree della Basilicata e del Mezzogiorno. (I. S.)