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(RegioneInforma) LA STORIA E L'ARTE DI BRIENZA
20 settembre 2005
(ACR) - La statua di Francesco Mario Pagano, realizzata dallo scultore Achille D'Orsi nel 1890, domina la piazza del Municipio di Brienza da centoquindici anni, segnalando con la sua presenza l'opera e la la vita del filosofo e giurista burgentino, martire della Repubblica Partenopea. Il suo monumento bronzeo si erge maestoso e solitario, quasi a rimarcare una nuova presenza e riditribuzione di quello spazio nella società. Dopo l'unità d'Italia, con la soppressione degli Ordini religiosi (7 luglio 1866), l'antico convento dei Frati Minori Osservanti e l'annessa chiesa dell'Annunziata, edificati nel 1570 su progetto commissionato dal marchese di Brienza Marcantonio Caracciolo all'architetto Cafaro Pignoloso di Cava dei Tirreni, fu ceduto metà alla Provincia di Basilicata, che lo destinò a Caserma dei Carabinieri, e l'altra metà al Comune di Brienza, che provvide a trasformarlo in sede municipale. La chiesa dell'Annunziata, invece, restò affidata alla cura del clero di Brienza. Dalla piazza lo sguardo slarga sull'antico borgo medievale, dominato dal castello, eretto sulla cima di Ripa delle Forre, attorno a cui ruota, quasi intatta, la compagine architettonica contraddistinta da due nuclei abitativi: il primo attorno alla chiesa di San Martino, il secondo in contrada Spineto, nei pressi del monastero di San Giacomo. Agli antichi rioni si aggiunsero quelli sviluppatisi attorno alla chiesa di Santa Elisabetta e San Nicolò dell'Arco. A Brienza, tra i pochi centri della Basilicata, la forma urbis della città medievale è ben evidente e rappresentata. Nel Trecento Burgentia aveva i caratteri tipici dei centri medievali: suddivisa in sei quartieri, con altrettante chiese, era caratterizzata da un impianto urbano che risentiva delle particolari condizioni dei luoghi. La datazione riferita all'anno di costruzione delle chiese più antiche distingue le diverse epoche di espansione dei quartieri, in un centro che aveva anche un proprio mercato, strade e porte accesso. Le diverse epoche, normanno-sveva, angioina e aragonese, carattterizzano il passaggio di quel feudo nelle mani di diversi signori: da Aronne ad Enrico di Navarra, alla sub-contea di Roberto di Quaglietta, ai gruppi locali di milites della terza crociata in Terra Santa, a Gentile da Petruro, a Rinaldo de Poncellis e al figlio Giovanni, sino agli Origlia, che tennero quel feudo dalla fine del Trecento al 1427, cedendolo poi ad Azzolino Taurisano. Dopo la vendita del feudo di Brienza a Petraccone Caracciolo e l'avvicendamento degli Aragonesi al trono di Napoli, il re Federico d'Aragona lo confermò, nel 1499, a Perticone, figlio di Giacomo Caracciolo, la cui famiglia lo governò, quasi senza interruzione, sino all'eversione della feudalità. Uno dei manufatti storico-artistici più antichi che si conserva a Brienza è la scultura lignea raffigurante la Madonna in trono con il Bambino, che la tradizione locale vuole fosse collocata nella Chiesa di San Martino, la cui discussa datazione risale alla prima metà del Trecento. Altre opere, ormai irrimediabilmente perse, sono riferite agli affreschi eseguiti dal pittore Fabrizio Santafede nel chiostro del convento dell'Annnunziata, su commissione del marchese Marcantonio Caracciolo. Nella stessa chiesa si conservano due tavole raffiguranti la Pietà e l'Eterno, opere di Silvestro Buono, facenti parte di un polittico ancora documentato nel 1911. Nella Chiesa dell'Annunziata operò anche il pittore potentino Antonio Stabile, che realizzò nella seconda metà del Cinquecento un dipinto della Madonna del Rosario. A quegli anni risale inoltre una scultura lignea policroma, in origine collocata nella Chiesa del Crocifisso eretta sul monte omonimo nel 1264. La più antica testimonianza della Chiesa di San Zaccaria, costruita nel 1222, riguarda un affresco datato 1586, che il chierico Giovanni Cammillo e il fratello commissionarono per il loro defunto padre Paolo Leopardi il 17 aprile di quell'anno. Quella pittura murale fu eseguita verosimilmente, da Girolamo Todisco, che in quel periodo realizzò anche gli affreschi raffiguranti l'ultima cena a Marsico Nuovo. L'opera presenta il Padreterno che regge la croce con il Cristo su cui aleggia la colomba dello Spirito Santo. Al centro di quella raffigurazione vi era sicuramente l'immagine della Vergine, ormai persa, mentre ai lati compaiono ancora le figure dei santi Leonardo e Caterina d'Alessadria, riconoscibili dalle iscrizioni e dagli attributi iconografici. La chiesetta rurale di Santa Maria degli Angeli conserva invece gli affreschi di Giovanni De Gregorio, detto il Pietrafesa. Il ciclo affrescato celebra la nascita di Maria, di Gioacchino e Anna che presentano Maria al sacerdote, la visita di Maria a Sant'Elisabetta e San Zaccaria e l'Assunzione della Vergine, oltre a riquadri riguardanti l'apparizione del Bambino a Sant'Antonio, San Biagio vescovo, l'Immacolata Concezione e l'incontro di San Francesco d'Assisi con San Domenico. Gli affreschi furono realizzati tra il 1622 e il 1629, anche se si evidenzia un modo di operare dell'artista ancora "scolastico". In quello stesso centro il "Petrafisianus" aveva dipinto anche una Madonna della Provvidenza, la Madonna del Rosario e San Luca, opere trafugate e mai più ritrovate. Sul finire del XVII secolo un nuovo dipinto, raffigurante la Circoncisione, riconducibile alla bottega di Luca Giordano, decorò la chiesa di San Zaccaria, mentre a Giacomo Colombo si deve una scultura lignea policroma a mezzo busto che raffigura San Cataldo, patrono di Brienza. In quello stesso secolo, Nicolò Lasala da Potenza eseguì, per la chiesa dell'Annunziata, il coro, il pulpito e il confessionale, mentre due artisti locali, affrescarono il chiostro del convento dell'Annunziata (Leonardo Giampietro), le chiese dell'Annunziata e di San Giuseppe (Pietro Giampietro). In quest'ultima chiesa vi sono anche il portale, il lavabo e il busto lapideo realizzati da Andrea di Padula. Altre ancora sono le opere del frate Felice da Francavilla, che dipinse il soffitto ligneo e l'armadio presenti nella sacrestia della chiesa dell'Annunziata. In quella stessa chiesa, nella chiesa madre e in quella di San Zaccaria si conservano infine alcuni dipinti settecenteschi di Nicola Peccheneda e ottocenteschi di Feliciano Mangieri. Il recente volume "Brienza. La storia e l'arte" a cura di Vincenzo Macchia, con testi dello stesso autore sulla storia di quel centro e di Giuseppe Marinelli sul patrimonio artistico, offre un efficace sintesi storico-sociale e artistica di quel territorio, fornendo materiali inediti e interessanti che davvero "ravvivano i luoghi e le voci del passato" di Brienza "rendendo meno povero il presente". (I. S.)