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(RegioneInforma) "POPOLO PLEBE e GIACOBINI"
10 ottobre 2005
Il libro curato dal “Centro Annali per una Storia sociale della Basilicata” e realizzato con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Picerno e del Consiglio Regionale della Basilicata
(ACR) - Il libro, curato da Nino Calice, è un'antologia di critica storica. Questa antologia è parte integrante dell'impegno "celebrativo" che il Centro annali per una storia sociale della Basilicata ha messo in campo per ricordare la Rivoluzione partenopea del 1799, organizzando varie manifestazioni sul territorio regionale: dal dibattito su "Giacobinismo e Mezzogiorno" all'Università di Potenza, alla serata musicale dedicata al Cimarosa e al Paisiello nel Castello di Lagopesole, alla presentazione di materiale iconografico e di ricerche sui Napoletani del '99 a Picerno; alla riproposizione di pezzi teatrali sulla Rivoluzione. "Ci è parso così – spiega il compianto Nino Calice nell'introduzione - di corrispondere, con questa varietà di temi e di spunti, intanto alla complessità di linguaggi e di messaggi di quegli eventi, che furono rivoluzionari anche nella propaganda e nel tentativo di costruire e organizzare il consenso in modo nuovo e originale". L'antologia è divisa in quattro capitoli: il primo intitolato, "La Francia, le repubbliche giacobine, il Mezzogiorno", il secondo "La modernizzazione della Basilicata: dall'inchiesta Gaudioso alla statistica murattiana", il terzo "Baroni, borghesi e contadini ad Avigliano", e infine il quarto dal titolo, "La breve e la lunga durata". I quattro capitoli sono scritti, rispettivamente, da Tommaso Russo, Nicola Lisanti, Franco Sabia e Nino Calice, ma con un lavoro collegiale, che appartiene alla tradizione di tutto il comitato di redazione del Centro annali. Il curatore del libro, Nino Calice, ha voluto guardare al memorabile anniversario come a una possibile occasione per "rimeditare una cultura politica, e i suoi risultati di grande valore storico attuale". Secondo Calice la rimeditazione dei principi, di libertà, di uguaglianza, di solidarietà, ha motivazioni storico-politiche, di grande peso ancora oggi, per i "conflitti pregiudiziali" che essi hanno alimentato e alimentano fra grandi orientamenti ideali e pratici di massa, di nazioni, di stati, di sistemi economici, di culture, di civiltà. "Storicamente - scrive Calice - noi ci troviamo, anche in Basilicata, di fronte a scarse e inattendibili interpretazioni borghesi, coeve e successive agli sconvolgimenti provocati e indotti, anche in Italia, dalla Rivoluzione francese. E'come una sorta di rimozione collettiva delle proprie origini, animata forse dalle preoccupazioni di svelare le radici storiche, appunto di una possibile evoluzione del sistema delle libertà verso più diffuse uguaglianze e più ampie forme di socialità". "La rimozione - continua Calice - è stata precoce e più ampia, non a caso, nel Mezzogiorno quella rivoluzione apportò sconvolgimento e danni al Mezzogiorno e all'Italia tutta…". Oltre queste rilevanti questioni teoriche e storiografiche, la rivisitazione che l'antologia propone della Repubblica partenopea, di Napoli e della Basilicata nel 1799, ha lo scopo di "stimolare altri interessi", ai quali gli autori hanno cercato "di guardare" ricorrendo a documenti non solo storici, ma narrativi, sociologici, letterari. Intanto: "La storia feudale del regno di Napoli", scriveva Giustino Fortunato a tal proposito, "si chiude con la tragedia del 1799, donde nasce nuovo ordine di tempi e di cose". Il governo provvisorio della Repubblica partenopea, portò non solo l'abolizione del regime feudale, della tortura e la codificazione di moderne garanzie nei processi criminali, ma affrontò i problemi della riforma e della cultura universitaria e la riorganizzazione dei poteri che, per essere gerarchica e censitaria, "marcatamente" borghese, valorizzò "operosità" e meriti, e anche diritti individuali, consentendo di pervenire poi, nel decennio francese, a una effettiva modernizzazione istituzionale dello Stato nel Mezzogiorno, "sulla quale", scrive Calice, "siamo ben lungi dall'aver ricevuto gli approfondimenti necessari. E che in questa antologia, per la Basilicata, sono abbozzati da Lisanti". Secondo lo storico lucano, l'interesse è più vasto. La tragedia del 1799 apre spiragli interpretativi sul ruolo delle classi e sui loro conflitti anche in epoca contemporanea: innanzitutto, circa l'arresto di uno sviluppo borghese conseguente, con il permanere di una cultura della miseria quale corrispettivo del diffuso "miserabilismo" sociale e politico, dopo che quella grande borghesia era stata "letteralmente fatta a pezzi"; per quanto riguarda poi le paure, le esitazioni, la mancanza di radicalismo se non il trasformismo di piccoli ma anche di grandi borghesi di fronte a ogni moto riformatore che dalle ceneri rivoluzionarie "riattizzasse il fuoco delle rivolte contadine, rinserrandoli, quei borghesi, per molto tempo, come sapeva Croce", nell'angustia di una duplice lotta "l'una municipale e intestina e spesso feroce, tra famiglia e famiglia… l'altra di sospetto e di difesa contro il contadiname". Infine, "circa la persistente valutazione, del mondo plebeo e contadino, come fuori della storia e capace di fuoriuscirne, ma solo per farsi lazzarone in città o brigante nelle campagne" secondo una equazione cara perfino a Giustino Fortunato. La violenza e il sangue con cui fu distrutto e spazzato via il movimento giacobino, condizionò la cultura, non solo, politica e le iniziative di democratici e conservatori nel Mezzogiorno, fino a veri e propri mutamenti antropologici. Si trattò, quindi, di rivoluzione vera, che "sommosse" città e campagne, Napoli e le province, che coinvolse, da una parte e dall'altra, masse organizzate, che vide ampia partecipazione, da protagonisti attivi, di borghesi, di popolani, di contadini. Nella sola piccola Basilicata centinaia furono i morti, migliaia i sopravvissuti rei di stato, e numerosi coloro che diedero consenso e consistenza al potere repubblicano. Come accade, ma non solo ad Avigliano, delle cui vicende si è interessato Franco Sabia. "Con questi orientamenti - conclude Calice - per quanto riguarda la Basilicata, abbiamo cercato di lavorare nella impostazione e nella costruzione di questa antologia". Questo testo, o meglio questa antologia, come la definiscono gli autori, è, dunque, espressione di un lavoro collettivo portato avanti per anni, che si è concretizzato nella presentazione di materiale iconografico, in ricerche sui Napoletani del '99 a Picerno e anche nella riproposizione di pezzi teatrali che riproducevano, parlavano della Rivoluzione per meglio spiegare fatti, episodi, soprattutto storici, che hanno segnato, trasformato la Basilicata in quel periodo delineandone il futuro. (a.c.)