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(RegioneInforma) VISIONARI PRIMITIVI ECCENTRICI
18 ottobre 2005
(ACR) - Estro e sregolatezza sembrano essere le componenti essenziali che intrecciano il lungo filo rosso che lega le più grandi menti creative della storia dell'umanità. Un passaggio che si può facilmente cogliere nelle espressioni artistiche. Giorgio De Chirico, Antonio Ligabue, Alberto Martini o ancora Osvaldo Licini rappresentano quella voglia di cogliere le sfumature più recondite dell'animo umano che fissano nelle loro tele. Sensazioni, fantasie e pensieri che vengono irradiate dalle immagini di corpi, paesaggi, città e nature morte utilizzate come metafora della storia umana. Percezioni che è facile cogliere con il raffronto diretto tra le opere di questi difformi artisti che però solo attenti critici d'arte riescono a raccogliere secondo un tema conduttore per plasmare una precisa sensazione comunicativa. Uno sforzo che si può cogliere e ammirare, per quasi tre mesi, in una significativa mostra d'arte che si tiene a Potenza, nella galleria civica di Palazzo Loffredo, fino al 15 gennaio. Un allestimento, organizzato dall'amministrazione comunale di Potenza e presentato dal sindaco Vito Santarsiero, che viene facilmente sintetizzato nel titolo di "Visionari primitivi eccentrici" che curato dalla critica d'arte, Laura Gavioli, ha raccolto cinquanta tra i maggiori e famosi artisti sia del novecento, storico e contemporaneo italiano, sia delle avanguardie europee che hanno precorso alcune particolari sospensioni visionarie. La mostra, che analizza la realtà mediata e inventata, è stata racchiusa in cinque sezioni tematiche che racchiudono alcuni particolari temi conduttori: "io e un altro", "infanzia e primitivismo", "l'idolo e il corpo", "l'atelier e la città" e "natura e artificio". Cinque contenitori che si aprono alle immagini create dal pensiero umano, dal sogno cosciente ma anche e soprattutto dalla fantasia libera da ogni vincolo che diventa il rifugio della realtà così come viene reintepretata dalla creatività artistica. Una realtà filtrata che comunque porta ancora al suo interno il seme dei problemi, delle incognite, degli interrogativi e delle paure che però vengono soltanto accennati da una sottile velatura data dai sottili estraniamenti delle rappresentazioni di sogni ad occhi aperti. Un concetto che viene sintetizzato efficacemente dalla Gavioli che mette in evidenza la capacità, di questi artisti visionari, nel trasformare la realtà propria da soggettiva, svincolata dal sentire comune, in una sorta di interpretazione oggettiva della concretezza del mondo esterno. Una sorta di rivendicazione, quella degli artisti "visionari", che attraverso il primitivismo delle proprie radici più profonde cerca di rivendicare l'identità culturale e l'eccentricità che portano alla piena libertà di espressione. Il percorso espositivo non a caso si fa cominciare dalla sezione "io e un altro" dedicata interamente al ritratto e all'autoritratto che prende il suo titolo direttamente da una celebre frase di Arthur Rimbaud tratta dalla "lettera del Veggente" del 1871. Una frase che celebra, in modo lampante, l'apprensione esistenziale tipica della modernità che sostituisce direttamente il dubbio che la propria coscienza ci sia estranea alla preesistente certezza classicista sulla potenza ed individualità del pensiero umano. Nella prima parte, in altre parole, si affronta la riflessione sul concetto dell'individualità e del doppio, facendola passare attraverso l'interpretazione artistica della dissoluzione dell'io. Diventa facile cogliere, in questa prima parte delle opere esposte nella galleria civica di Potenza, l'alterazione che matura nella sofferenza e nella follia. Sensibilità che viene espressa nelle tele di Ferrazzi, Scipione, Rosai, Pirandello e del celeberrimo Ligabue. Particolarmente significativo è il dipinto di Antonietta Raphael, eseguito alla morte del marito Mario Mafai, che descrive il tema dell'assenza e dell'altro con un titolo altamente rappresentativo del tema: omaggio a Mafai. La seconda sezione indaga su "infanzia e primitivismo" esaminando il desiderio di ritorno all'infanzia come visione mentale ma anche come tema antropologico. Punto focale è anche il primitivismo inteso come ricerca e comprensione delle espressioni comunicative delle antiche civiltà, ma anche dell'arte del medioevo e del rinascimento. Caratteristica la tela di Carlo Carrà, il "fanciullo prodigio", che crea un passaggio tra il Futurismo e la Metafisica. Non si possono non citare anche altri quadri esposti alla galleria comunale di Potenza. Nella stessa sezione troviamo: Giorgio De Chirico con uno studio per i bagni misteriosi, Osvaldo Licini con "sacra famiglia" o ancora la grande scena fiabesca di Giosetta Fioroni. Percorrendo l'esposizione si possono ammirare le opere riunite dal tema "l'idolo e il corpo" che spazia in un arco temporale che parte dal 1911 per arrivare ai giorni nostri. Artisti come Ontani, Paladino, Scipione, Scanga, Mantovano o ancora Antonietta Raphael che dimostrano una particolare capacità di mediare la realtà modificando anche quelle immagini che a prima vista sono le più tradizionali. Nella sezione dedicata a "l'atelier e la città" si affronta la stretta relazione tra l'ambiente di lavoro dell'artista e la città che lo racchiude e che permette le relazioni con le altre persone. Una connessione che però viene interpretata come contrapposizione tra una solitudine operosa e la socializzazione del commercio con il mondo. A Prendere spunto dall'atelier sono pittori, tra quelli esposti, come Alessandro Papetti, Sergio Ceccotti o Massimo Rao per il quale l'atelier diventa il deposito dei sogni e dei ricordi. A conclusione della mostra si può ammirare la quinta e ultima sezione, quella dedicata a "natura e artificio". Qui artisti come Filippo de Pisis sfruttano la riserva di immagini contenute nella natura per proiettare il proprio animo, ma troviamo anche l'analisi della vita organica che, secondo Mattia Moreni, viene negata dal progresso tecnologico e denunciata attraverso l'arte. (R.B.)