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(RegioneInforma) I CASTELLI UMANI LUCANI

21 ottobre 2005

© 2013 - foto_melfi.jpg

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(ACR) - In una riflessione antropologica, i castelli umani possono essere considerati come una creazione culturale, una delle tante espressioni dell' umanità rivolte in tutti gli indirizzi ed in tutte le epoche, materializzatrici del dominio della verticalità e del sogno di superazione dei limiti; queste espressioni permettono l'avvicinamento a sfere superiori, tanto nell'ordine materiale come in quello spirituale. In questo contesto - che definiamo di Impulso Verticale - le immagini dei castelli si possono confrontare con altre che illustrano il medesimo concetto: -una illustrazione allegorica degli avvenimenti biblici della torre di Babele, -le cattedrali, -i grattacieli, -un alpinista prossimo alla cima di una montagna. Se adottiamo una visione etnografica comparativa ed universalista, è facile relazionare i castelli con altre espressioni analoghe nelle quali il corpo umano e la cooperazione collettiva sono la materia fondamentale per allestire costruzioni e coreografie: un musical, una foto di gruppo ecc. Manifestazioni come le acrobazie – che hanno nel circo uno degli esponenti più evidenti – esercizi ginnici di differenti tipi o altre manifestazioni a carattere equivalente - sono solo una dimostrazione, abbastanza eterogenea, del fatto che salire uno sull'altro per configurare una struttura umana è una attività che accomuna differenti culture in differenti epoche. Una torre umana è costituita da più persone che si pongono in equilibrio l'uno con i piedi sulle spalle dell'altro. L'altezza di questa torre varia da villaggio a villaggio, da paese a paese, da nazione a nazione. Vi sono dei luoghi in cui le strutture di queste "opere umane" risultano ancora vive e sono molto complesse, altri in cui la tradizione è totalmente scomparsa. Nel nostro caso si prenderanno in considerazione le torri del quasi dimenticato pizzicantò di alcuni paesi della Basilicata. La pratica di innalzare torri umane è stata attuata, in molte culture durante la storia dell'umanità. I primi riferimenti risultano affondare le radici nell'antichità: «Nella mitologia greca già vi erano castelli tentati da titani e giganti per scalare l'Olimpo e nel secolo XIX si mantenevano esercizi di costruzione umana in Germania». In Italia questa tradizione popolare presenta una geografia alquanto diffusa: il La Sorsa spiega che il canto e il gioco sono conosciuti a Palermo con la denominazione la vara di San Caloriu, a Mazzara con a l'Animaliu, a Napoli Pizzicandò o le Piramidi e con varianti trascurabili, mentre per il Pesce «non manca chi lo ha veduto a Padova verso il 1880 ed in qualche altra città Meridionale» come Scalea, in Calabria. Spostandoci nel bacino mediterraneo ancor più verso sud, arriviamo in Nord Africa dove alcuni studiosi hanno registrato costruzioni non certo modeste. Ancora oggi possiamo vedere piramidi umane non solo a Marraqueix (Marocco), ma anche nella lontana India a cominciare da Agosto, per le feste commemorative della nascita del dio Krishna, si tentano costruzioni umane la cui parte più alta deve poter prendere un contenitore mantenuto da un filo sospeso ad alcuni metri di altezza. I castelli umani lucani sono stati erroneamente rappresentati come piramidi umane di due o al massimo tre piani. In Basilicata, in tre paesi vi sono state costruzioni umane di questo tipo: Melfi in provincia di Potenza (con il suo scaricavascio) ed Irsina e Ferrandina in provincia di Matera (con il pizzicantò). Esse, però a differenza delle torri umane conosciute nel resto del mondo sono mobili, girano cioè, in tondo su se stesse. Questo movimento non ha facilitato lo sviluppo in altezza di queste lucane costruzioni. Difatti avere una base solida è il vero fattore che determina l'altezza di una torre umana. A Ferrandina le costruzioni umane arrivavano a tre piani, a Melfi alcuni sostengono di aver visto piramidi di quattro o addirittura cinque piani. Ciò fa onore a coloro i quali tentavano le costruzioni dato che una base in continuo movimento rende più incerta la riuscita dell'attuazione rispetto ad una base solida e statica. Non risulterebbe anomalo che lo spirito di competizione e la evidente baldanza dei partecipanti abbiano stimolato la crescita verticale al punto che, come vedremo in seguito, l'attuazione dello scaricavascio di Melfi fu ritenuta pericolosa dalle autorità intorno agli anni Trenta del Novecento. Ma per capire realmente gli aspetti delle torri umane lucane non va dimenticato l'ambito nel quale esse venivano rappresentate che, non a caso, era quello religioso: la festa di San Antonio a Melfi e Ferrandina, e la festa della Madonna della Pietà – vero e proprio pellegrinaggio – ad Irsina. Difatti la dimensione religiosa è da considerarsi come una componente fondamentale della storia e della società lucana e meridionale in generale. Fin dall'inizio del regime feudale la Chiesa divenne potere politico-spirituale, contrapponendosi sovente allo Stato, ma condividendone e sostenendone la forma. Tuttavia il significato della religione appare in tutta la sua portata collocato nella realtà quotidiana del popolo e del duro lavoro, nel rapporto alla natura talvolta avversa, nelle relazioni reciproche delle persone e del popolo . La vita della gente era minacciata, insicura. La Lucania aveva bisogno delle forme religiose per esorcizzare la propria paura esistenziale: ecco alcuni dei motivi di devozione popolare alla Madonna e ai Santi i quali vengono tratteggiati come taumaturgi, pronti ad appagare il bisogno di sicurezza e protezione e operare il miracolo della conversione. Con i dominatori normanni alle comunità monastiche orientali subentrarono nuove fondazioni d'origine latina. Fu a partire dal 1300 che fiorirono i Santuari e si amplificò il culto dei Santi. Fu allora che: (…) le feste divennero momento culminante della vita religiosa delle persone del popolo. Il popolo le trasformò in espressioni originali della propria realtà di vita, sebbene esse per le classi dominanti significassero momenti di sfogo e di contenimento di ogni pericolo di sovversione sociale, per le persone del popolo divennero momento identificante e gratificante (…). A questo punto si manifesta l'importanza antropologica del pizzicantò e dello scaricavascio: simboli della precarietà esistenziale del popolo e della voglia di riscatto della povera gente, ma anche arma di contenimento dei maggiorenti locali. (G.D.S.)

Redazione Consiglio Informa

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