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(RegioneInforma) "LA MODERNIZZAZIONE DELLA BASILICATA"

28 ottobre 2005

Dall'inchiesta Gaudioso alla statistica Murattiana

© 2013 - picerno_antica_2.jpg

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(ACR) - Il capitolo del libro "Popolo Plebe e Giacobini", dal titolo "La modernizzazione della Basilicata dall'inchiesta gaudioso alla statistica Murattiana", scritto da Nicola Lisanti, è incentrato sul processo di modernizzazione del Mezzogiorno e della Basilicata. Il tema della modernizzazione occupa un posto centrale nel dibattito storiografico sul Mezzogiorno. In Basilicata, di cui si prende in esame il periodo compreso tra il 1734 e il 1815, si può parlare di un processo di modernizzazione discontinuo, che presenta resistenze e livelli diversi a seconda delle zone. Nel gennaio del 1735 Carlo III visita la Basilicata e non ne ricava una buona impressione. Decide così di promuovere una inchiesta sulle condizioni della regione. La Basilicata, come tutto il Regno, ha ancora caratteristiche essenzialmente ecclesiastiche. Il 19 aprile 1735 il Ministro Bernardo Tanucci incarica Rodrigo Maria Gaudioso, avvocato presso l'Udienza di Matera, di redigere "una esatta descrizione di questa provincia", precisando, "il numero degli abitanti de' rispettivi luoghi, i vescovi colle loro entrade e prebende, Badie, Conventi de' Frati, Parrocchie, Baroni con le loro rendite, i Nobili di ciascuna Città con loro entrade, prodotti del terreno, marina, mercanzia, entrade regie, Tribunali con loro Ministri e salari di ciascuno, usanze, leggi, stili particolari ed inclinazione de' popoli". Questo il contenuto dell'inchiesta circa le condizioni della Basilicata del quale è stata trovata traccia negli scritti conservati nella Biblioteca Nazionale di Napoli. Questa risulta essere la prima inchiesta sulla situazione delle province del Regno che "inaugura" il periodo delle riforme. La relazione stilata dal Gaudioso nel 1736, si basa sulle informazioni dei sindaci ed eletti delle singole Università, da essa emerge che la Basilicata, ha una popolazione di poco superiore ai 250.000 abitanti. Dalla relazione si rileva, inoltre, lo stato disastroso dei bilanci delle Università, gravate da troppi pesi, il rendimento assai modesto dell'economia di carattere prevalentemente agricolo-pastorale, la scarsità di industrie, quasi esclusivamente di natura casalinga, la mancanza di strade e di mezzi di comunicazione che non permettono attività commerciali, la precarietà delle abitazioni contadine. Per ciò che concerne il riformismo borbonico, leggiamo che il passaggio di dominazione, da quella austriaca a quella borbonica, appunto, non produce subito cambiamenti. I cambiamenti saranno avvertiti solo dopo il 1471, anno in cui viene introdotto il nuovo catasto e stipulato il Concordato che limita l'immunità fiscale dei beni ecclesiastici. La riforma catastale segna "qualche progresso rispetto al precedente sistema e assicura, se non per i tributi, almeno per il rilevamento dei dati, una certa uniformità". La Repubblica napoletana, che pone il tema delle riforme politiche ed economiche contro l'ordinamento feudale, sorge il 22 gennaio 1799 sotto la spinta delle idee rivoluzionarie francesi, a opera di una minoranza di patrioti repubblicani, composta di borghesi, di nobili progressisti, di frazioni del ceto artigianale e anche contadino". Apprendiamo che, prima ancora che a Napoli fosse proclamata la Repubblica, alcuni paesi della Basilicata avevano già promosso manifestazioni repubblicane. Ad esempio Picerno, centro di raccolta dei repubblicani della Basilicata occidentale, si distingue per la celerità con cui proclama la caduta della monarchia borbonica e aderisce alla Repubblica napoletana. Di Picerno scrive il Cuoco "Il primo atto della sua libertà fu quello di chiedere conto dell'uso che per sei anni si era fatto del pubblico denaro…, il secondo uso della libertà fu di rivendicare le usurpazioni del feudatario. E quale fu il terzo? Quello di far prodigi combattendo per la libertà stessa". Il primo presidente della Municipalità repubblicana di Picerno è Saverio Carelli. A lui succede l'arciprete Giulio Salvia. L'adesione alla Repubblica viene simboleggiata dalla piantagione dell'albero della libertà. Albero della libertà che viene piantato, l'un dopo l'altro, in molti centri abitati della regione. L'autore cita una frase di Cilibrizzi "eccezionalmente eroica è la resistenza opposta da Picerno, il 10 maggio 1799, ai tre formidabili attacchi" sferrati da Sciarpa. "Quella resistenza, - continua l'autore – costituisce una delle pagine più belle di quegli anni. Le donne non si limitano a curare i feriti, ma combattono a fianco dei mariti e dei fratelli. Ad un certo punto, finite le munizioni, - riferisce Pietro Colletta nella sua Storia del Reame di Napoli – si fondono "le canne d'organo delle chiese, i piombi delle finestre, gli utensili domestici e gli strumenti di farmacia". Il Cuoco nel suo Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, riferendosi alla resistenza di Picerno, scrive: "Ben poche nazioni possono gloriarsi di simili esempi di valore". A ricordare i numerosi morti che ci furono vi è un elenco di nomi riportato su una lapide in marmo eretta in piazza nel 1800. Vi sono riportati i nomi dell'anziano sacerdote Nicola Caivano, ucciso in Chiesa a colpi di pietra mentre presentava l'immagine di Cristo crocifisso agli assalitori e quelli dei fratelli Vaccaro, "giovani incomparabili per le loro qualità morali e per l'eccellenza dell'ingegno". Caduta la Repubblica partenopea a causa dello scarso appoggio popolare, ha subito inizio la più spietata reazione che porta alla eliminazione di un'intera classe dirigente: più di cento patrioti, colpevoli di essere stati giacobini, di avere promosso la repubblica e preso parte alla sua attività, dopo sommari processi, salgono sul patibolo. La repressione è spietata anche nelle Province. In Basilicata si hanno ben 1.307 rei di Stato. Non certamente poche sono, poi, le condanne a morte. "Ad ogni modo – conclude l'autore - il sacrificio dei patrioti del 1799, che operano in condizioni assai difficili, non è stato inutile. In quell'anno infatti, fu avviato il processo di rinnovamento della società lucana in senso borghese". Con l'abolizione della feudalità, la proprietà feudale diventa, quindi, proprietà borghese. Gli antichi padroni che risiedono abitualmente a Napoli, non vogliono altro che vendere una proprietà che ha perso i diritti di sovranità. Nasce così, nei vari comuni, una classe dirigente industriosa che prima prende in fitto le terre del padrone lontano e poi le compra. La legge eversiva della feudalità, del primo settembre 1806, crea serie difficoltà alla Chiesa che perde, oltre alla gran parte dei suoi beni, tutti gli attributi civili di cui gode. Strettamente legato alla legge eversiva è un importante provvedimento sulla ripartizione dei demani; infatti, i demani feudali vengono divisi tra comuni e baroni. I terreni passati ai comuni devono essere ripartiti tra i cittadini più poveri, la cosiddetta "quotizzazione", anche se la ripartizione delle terre è molto lenta e di difficile attuazione. Essa favorisce lo sviluppo della proprietà dei borghesi e accresce il malcontento dei contadini che, ancora una volta, non vedono appagata la loro fame di terra. Con l'abolizione della feudalità, la proprietà feudale diventa, quindi, proprietà borghese. In Basilicata, la ripartizione delle terre demaniali non corrisponde alle legittime aspettative dei contadini. Dal 1806 e fino al 1860 vengono distribuiti 24.949 ettari di terre a 20.312 contadini. Molti di questi, i cosiddetti "quotasti", privi di capitali, e carichi di debiti, rinunciano agli appezzamenti ottenuti, cedendoli per pochi soldi ai "galantuomini". In questo quadro di profondo disagio economico i contadini poveri, che guardano al nuovo regime con grande diffidenza, finiscono con "l'ingrossare" le file del "brigantaggio" fenomeno molto diffuso nelle campagne meridionali. "Farsi briganti rappresenta per il contadino "l'unico mezzo di salvezza", per qualche anno almeno, può sfamarsi e vendicare le prepotenze subite dai proprietari borghesi. Brigantaggio che si distrugge nel 1818. La repressione, attuata nel Meridione, è efficace perché colpisce non solo i parenti dei briganti, ma anche le comunità da dove provengono. Così la rivolta contadina, che non riesce a esprimere un programma politico di "ampio respiro", iniziata nel 1799 e prolungatasi nel Decennio, può dirsi ormai stroncata. Per quanto concerne i processi innovativi della Basilicata e i segni di mutamento dell'assetto produttivo si ha la nascita dell'azienda agraria borghese o nuova "masseria", cambia il paesaggio agrario, se da un lato comincia il disboscamento, dall'altro le colline si arricchiscono di "nuove costruzioni rurali, di veri e propri fortilizi di campagna adeguatamente recintati da spesse mura". Un altro fenomeno di modernizzazione è il rinnovamento dei sistemi colturali e produttivi, pur in assenza di un progresso tecnico consistente. "Particolare attenzione – scrive l'autore - merita l'ampio materiale che costituisce la cosiddetta "Statistica murattiana" del 1811, curata per la Basilicata dal Pedio e considerata una delle fonti più complete e interessanti per la storia economica e sociale del Mezzogiorno". Dalla statistica murattiana si apprende che il livello alimentare dei contadini lucani è assai basso. Il pane è l'alimentazione di comune consumo. La carne è un cibo inaccessibile alla povera gente. I lavoratori della terra consumano, soprattutto, polenta di frumento condita con sale e con grassi di maiale. Quanto al vino, esso è in Basilicata "un genere di lusso" riservato ai proprietari. Mentre i contadini, non avendo i mezzi per comprarlo, bevono acquata, cioè acqua fermentata nelle vinacce. La differenza tra le classi, nel tenore di vita, si nota non solo nell'alimentazione, ma anche quando si esaminano le doti matrimoniali e gli svaghi. Per quel che concerne questi ultimi, i nuovi borghesi di Picerno, lusingati dalle novità francesi e, diversamente dai ceti meno agiati, frequentano con assiduità il teatro. Il teatro di Picerno, infatti, attira i galantuomini dei comuni di Tito e di Potenza, non essendovi in questi centri né teatro né divertimenti. Si può affermare che, in Basilicata, nel "decennio francese" le trasformazioni economiche, sociali e culturali, pur "tra luci e ombre" non mancano. (a.c.)

Redazione Consiglio Informa

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