venerdì, 22 nov 2024 19:12
(RegioneInforma) REPUBBLICA POPOLARE CINESE: UNA SFIDA PER IL SETTORE INDUSTRIALE LUCANO
07 novembre 2005
(ACR) - Per lungo tempo ma, ingiustamente, la Basilicata è stata l'icona della terra a vocazione prettamente agricola, dai poveri mezzi e dalle scarse risorse. La forbice del divario con le ricche regioni del Nord ha nutrito la visione di intere generazioni che non hanno mai creduto in un "miracolo" made in Basilicata. Ma, poi, le cose sono iniziate a cambiare, soprattutto a livello di programmazione e di mentalità. La Basilicata ha intrapreso un preciso cammino, allargando i propri confini alle esperienze nazionali e internazionali; battendo forte sul senso della propria identità regionale fatta di storie coraggiose, tradizioni ancestrali, comunità salde e laboriose, di radici profonde che legano fortemente il territorio con la sua popolazione. Intraprendenza e voglia di riscatto hanno vinto i pregiudizi più comuni, tanto che numerosi imprenditori, locali e extra-regionali, hanno scommesso sulla Basilicata, sulla sua capacità di spesa e di concertazione. È arrivata la FIAT, l'ENI e gli altri colossi industriali; la Barilla, la Parmalat, la Natuzzi. Vento di poppa e la Basilicata si fa onore tra le regioni del Mezzogiorno d'Italia. Ora, però, il panorama produttivo della Basilicata sembra destabilizzato e le tante realtà imprenditoriali in evidente agitazione. Le cause di tale inflessione sono, evidentemente, complesse e profonde ma, sicuramente, non riconducibili ad un unico fattore. Una buona parte delle motivazioni sono riconducibili alla intraprendenza e alla sfida lanciata dall'Est, dalla terra misteriosa e mistica di Buddha: la Repubblica Popolare Cinese. Un Paese che, oggi, rappresenta il quinto esportatore ed il sesto importatore mondiale, con tassi di crescita delle produzioni e degli scambi a due cifre. Insieme alla Cina, Giappone e India in un triangolare "di peso", ormai in forte ascesa nel sistema dei mercati e degli scambi mondiali. L'arcipelago tristemente noto per il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki del 6-9 agosto 1945 è, oggi, sede delle tecnologie robotiche e bioingegneristiche più avanzate mentre, la Repubblica Federale indiana, la terra del maestro indú, M. K. Gandhi e di Madre Teresa di Calcutta, è tra le maggiori Regioni mondiali esportatrici di "capitale umano". Cina competitiva, moneta unica debole e mancanza di sistemi strutturali efficienti: questi i mali che affliggono l'Europa e lo stesso Governo Italiano. Veri e propri rebus per il Ministro dell'Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti che, presentando la nuova finanziaria per il 2006 ha puntato sulla strategia delle tre "S": Sud, sanità, sicurezza. Ma, i grattacapi, affliggono anche la massima Assise Territoriale lucana, insieme agli altri Enti Territoriali, le Associazioni (come ad esempio, lo sportello "immigrazione" aperto dall'Elba; la Città dei colori di Potenza, l'Associazione "Tolbà" di Matera o la "Filemone" di Bella) che, con l'immigrazione, sono a stretto contatto, in permanente sfida. Accoglienza, tolleranza, convivenza e disposizione al confronto con una cultura diversa dalla propria: queste le urgenze e le attività che vengono fortemente promosse, in quanto il pregiudizio e l'intolleranza sono pronti a sbucare da sotto la cenere o, magari, dai falsi perbenismi. In Basilicata, la politica dell'accoglienza è viva e tenacemente sostenuta ma, non priva di problematicità. È il caso dell'attuale assalto "giallo", quello degli ometti con gli occhi a mandorla, dai visi simpatici e sorridenti che, in fondo, rientrano nella categoria degli extracomunitari immigrati in Basilicata e che, con la loro presenza, costituiscono una risorsa per l'intero sviluppo regionale. Secondo i dati forniti, per il 2004, dalla Camera di Commercio di Potenza, il numero degli imprenditori orientali iscritti sarebbe molto esiguo: tre unità per Potenza e due a Ruvo del Monte (anche se, sino ai principi del 2004, c'era un gruppo di cinesi composto da 12 persone, poi trasferitesi a Prato, nel distretto del tessile). Arrivano a Matera e a Potenza grazie ai tour operator dell'incoming turistico; sotto l'invito delle Istituzioni locali per stringere rapporti di collaborazione economico e di interscambio culturale. Moltissimi di loro apprezzano le bellezze storiche, artistiche, culturali e ambientali della Basilicata che immortalano con potenti obiettivi fotografici e ritornano "a casa", carichi di prodotti culinari tipici e capi d'abbigliamento da boutique. Pochi, invece, rimangono in Basilicata. C'è chi mette su famiglia e ristoranti dalle tipiche lanterne rosse, chi diventa ambulante dalle mille "diavolerie" made in China o, si aggira tra gli ombrelloni, durante il periodo estivo, per un massaggio o un tatuaggio. Altri, invece, investono e avviano imprese di "clan", inaccessibili e ultramoderne che vanno a mille, trainate dallo yen, dall'alta tecnologia ma, soprattutto, da "piccoli eserciti" di operai in grado di sostenere un carico di lavoro doppio rispetto al normale. Le conseguenze di questa "impalpabile invasione" non si sono fatti attendere in Basilicata: le 530 aziende lucane con 14.000 dipendenti, pari al 55% del mercato italiano ed equivalenti al 16% di quello mondiale, per reggere il confronto, risparmiando sui costi, hanno reagito trasferendo parte delle loro attività produttive in Europa dell'Est, in Sudamerica e, guarda caso, proprio in Cina. A capitolare, le piccole medie imprese come l'ex Lucana Calzature di Maratea ( che ora si sta tentando di riconvertire, tramite l'Ekotime, in una struttura produttiva capace di integrare, al suo interno, diversi processi produttivi necessari alla concia della pelle ecologica utilizzando un sistema produttivo a bassissimo impatto ambientale e con l'impiego di apparecchiature a tecnologia innovativa. Si dovrebbe essere in grado di produrre mille paia di scarpe monoblocco uomo / donna ogni 8 ore, realizzare prodotti in gomma, produrre accessori come cinturini, chiusure lampo e così via). Ma il caso più emblematico è quello della multinazionale del divano che, (quotata in borsa, con dodici stabilimenti e 4.431 dipendenti in Italia, più altri aperti, per l'appunto, in Cina, Brasile e Romania, per complessivi 6.000 addetti), ha risentito gravemente della concorrenza cinese (salotti comodi ma, a prezzi ridotti all'osso), tanto da presentare un piano industriale con pesanti riflessi occupazionali. Si sono paventati circa 400 esuberi negli impianti di Bari e Matera, la delocalizzazione di produzioni verso gli stabilimenti esteri del gruppo; ulteriori turni di lavoro e ricerche per l'innovazione. Contromosse, queste, per salvare il salvabile, senza dequalificarsi ma, puntando sempre su prodotti di qualità e sull'elezione di nuove e più solide Rappresentanze sindacali unitarie. Una situazione difficile, un po' per tutto il comparto industriale che, però, sta reagendo, grazie allo spirito indomito lucano e che fa ben sperare per il futuro imprenditoriale locale. (L.L.)