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(RegioneInforma) ACQUE MINERALI: FONTI DEL VULTURE, FONTE D'ORGOGLIO?

11 aprile 2006

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(ACR) - L'Italia è nota fin dall'antichità per la ricchezza delle sue fonti. Gli antichi romani costruirono per le loro città complessi sistemi idrici e imponenti acquedotti. Eppure, relegato tra le pagine di storia il glorioso passato di validi ingegneri e costruttori di pubbliche reti idriche, gli italiani, oggi, risultano essere i più accaniti consumatori di acqua minerale. Il consumo pro capite è, infatti, di 178 litri l'anno, pari a circa 250 euro di spesa. Italiani, dicevamo, accaniti consumatori, ma anche tra i primi produttori nel mondo. Il made in Italy delle acque minerali occupa la posizione di leader sul mercato europeo e anche mondiale: 700 sorgenti, 150 aziende, 161 stabilimenti, 252 marchi in commercio. Secondo i dati diffusi da Mineralacqua, la Federazione italiana delle industrie d'acqua minerale, nel 2004 sono stati imbottigliati 11 miliardi di litri, per un giro d'affari complessivo di circa 11 mila miliardi di lire calcolando che è di 0,50 euro il prezzo medio al litro, di cui 1 miliardo è stato destinato all'esportazione. La percezione di un embrionale bisogno nei consumatori e l'inizio delle attività di imballaggio e distribuzione presso gli esercizi pubblici risalgono al periodo successivo alla seconda guerra mondiale, quando il mondo medico cominciò ad esaltare le qualità terapeutiche delle acque minerali. A partire dagli anni '50, gli anni del benessere economico postbellico, l'elemento salutistico diventò determinante nelle scelte d'acquisto del consumatore italiano. Poi, agli inizi del decennio successivo, il prezzo si abbassò sempre di più. Da allora, la curva di domanda s'impenna fino a raggiungere il culmine negli anni '80, quando le aziende, diventate abili nell'utilizzo delle leve e delle strategie del marketing, introdussero il concetto di marca, alimentando, nel contempo, il clima di paura derivante dalla vicenda di Chernobyl, con il reale pericolo di inquinamento ambientale e il paventato rischio di acqua contaminata. Tutto questo contribuisce a far preferire e, quindi, scegliere sempre meno l'acqua corrente degli acquedotti pubblici. E' proprio a partire dalla seconda metà degli anni '90 che il consumatore italiano, terrorizzato dal pubblicizzato progressivo inquinamento delle falde acquifere e indifeso di fronte ad un uso sempre più mirato e consapevole di spot pubblicitari che decantano il gusto e la salubrità dell'acqua minerale, orienta, definitivamente, le proprie abitudini di consumo e di approccio verso l'acqua imbottigliata. Mentre prodotti e marche si moltiplicano, il prezzo accessibile fa dell'acqua minerale un prodotto davvero di massa, l'acqua minerale piace, rassicura, è accessibile e, di conseguenza, gli italiani la comprano. Danone, Nestlè e Coca Cola sono i colossi mondiali del settore, multinazionali che, appropriandosi dell'acqua dei paesi dove si stabiliscono, coprono un mercato stimato intorno ai 22 milioni di dollari. Allo stesso tempo, però, divengono protagonisti di scandali e vicende poco chiare che, nella logica distorta della globalizzazione, assumono i connotati di comportamenti ben poco "virtuosi". La francese Danone occupa il primo posto nella vendita dell'acqua in bottiglia a livello mondiale e il secondo in America latina, dove la sua distribuzione è curata da Coca Cola. Solo il marchio Evian è presente in 120 Paesi. Danone è recentemente uscita dal mercato italiano, cedendo i marchi della sua filiale Italacqua: Ferrarelle, Vitasnella, Boario e Santagata, alla napoletana Lgr holding che, new entry del settore, ne detiene ora l'8,5 per cento. La svizzera Nestlè, opera in 130 Paesi; in Italia ha una posizione da anni stabile e consolidata coprendo il 24 per cento del mercato con i marchi Pejo, San Pellegrino, Lievissima, Panna, San Bernardo, Recoaro e avrebbe anche mostrato interesse per un'eventuale acquisizione della Gaudianello. La Coca Cola, che distributrice Danone in America latina, ha marchi sparsi per il mondo e si è, di recente, resa protagonista nella scandalosa vicenda dell'acqua di rubinetto (marchio Dasani) venduta ai Paesi del terzo mondo. Si appresta ad entrare sul mercato italiano, attraverso la recente acquisizione dei due stabilimenti della Traficante, con un'operazione che ammonta complessivamente a 35 milioni di euro. A spartirsi il mercato italiano dell'acqua imbottigliata, dunque, oltre a Nestlè, anche San Benedetto (15 per cento con Guizza, Nepi, San Benedetto), Lrg holding (8,5 per cento, come dicevamo, con Ferrarelle, Vitasnella, Boario) e Congedi (8 per cento con Uliveto e Rocchetta). Il Vulture, un ecosistema incontaminato di 400 chilometri quadrati, tra le sue montagne, colline, laghi vulcanici e fiumi, è un prezioso bacino idrominerario, vero patrimonio per la Basilicata. Sono cinque gli stabilimenti vulturini, che fanno capo a quattro aziende, da sempre interamente legate a famiglie locali. Monticchio Gaudianello Spa, con i marchi Gaudianello Monticchio e Leggera, è tra le prime dieci aziende in Italia, al quarto posto per le acque minerali; Cutolo Michele & Figli Srl, con i marchi Cutolo Rionero, La Francesca, Viscolo, Santa Maria degli Angeli e Blues, è stata ultimamente interessata dalla notizia della messa in mobilità di lavoratori e probabile acquisizione da parte di gruppi non locali; Fonte Itala Srl, con il marchio Itala; Siam Monticchio Spa, marchio Toka, è stata recentemente inglobata da Sorgente Traficante Srl, con i marchi Sveva e Lilia, ora Coca Cola Hellenic Bottling Company. Le aziende del Vulture collocano sul mercato più di dieci marchi con una produzione di acqua minerale che raggiunge una quota del 7 per cento del mercato nazionale. Il mercato di sbocco è, prevalentemente, quello delle regioni limitrofe: Puglia, Campania, Calabria, ma anche Molise, Abruzzo, Sicilia e Lazio. Quella delle acque del Vulture è una produzione caratterizzata, dunque, dal fatto di essere rivolta ad un mercato interregionale, ma che, comunque, guarda con attenzione e relativo profitto ai mercati esteri, dedicandosi, in particolare, all'esportazione verso Usa, Australia, Germania e Albania. Il settore delle acque imbottigliate in Basilicata sembra, nonostante la vicenda Cutolo, sottrarsi miracolosamente alla crisi generalizzata che, in questi ultimi anni, sta attraversando i diversi comparti industriali. Resta da vedere se, e in che modo, l' "effervescente" Vulture, oasi felice e da sempre orgoglioso elemento positivo in un sistema economico di per sé fragile, riuscirà a difendere le sue preziose bollicine dall'invasione di multinazionali e predatori in minacciosa posizione di attacco. Dal punto di vista legislativo, le risorse idrominerali, in quanto bene pubblico, fanno parte del patrimonio delle regioni che prevedono singole normative ad hoc. Per la Basilicata il riferimento da prendere in considerazione è la legge n. 21 del 1 marzo 2005, a firma dell'allora presidente Bubbico, recante "Modifiche e integrazioni alla precedente legge n. 43 del 2 settembre1996". Lo sfruttamento delle acque minerali è dato ai privati in concessione con apposita delibera di Giunta che stabilisce l'entità del canone annuo proporzionale all'estensione dell'area di concessione. Di fatto, si tratta di vere e proprie svendite a prezzi da saldo. Nello specifico, la Regione Basilicata stabilisce un canone di 51,65 euro per ettaro in concessione e 0,30 euro per ogni metro cubo di acqua imbottigliata. Tariffe, queste, tra le più care, se confrontate con quelle imposte dalle altre amministrazioni regionali italiane: in Emilia Romagna il canone è di 10,22 euro per ettaro in concessione, in Liguria di 5,01, in Piemonte di 20,65, nelle Marche di 5,16, mentre in Lombardia 25 euro per ettaro più 0,51 euro ogni metro cubo imbottigliato. Che il canone di concessione sia proporzionale non solo all'estensione dell'area, ma anche alla quantità imbottigliata, cosa questa che a nostro giudizio appare "buona e giusta", non è previsto da tutte le discipline regionali. In questo la Basilicata si distingue per l'apprezzabile rigore, insieme con la Lombardia e l'Umbria (50 euro per ettaro e 0.50 euro per metro cubo imbottigliato). Da sottolineare che in Puglia il canone è di appena di 1,03 euro. Nessuna normativa regionale, invece, fa cenno a criteri che tengano conto, in misura proporzionale, dei milioni di litri di acqua che, inevitabilmente, vengono sprecati nelle fasi di lavorazione, tanto meno esistono riferimenti alla quantità di vetro e, soprattutto, di plastica messa in circolazione. Resta da chiedersi, dunque, se non sia il caso di mettere ordine nella regolamentazione del settore, rendendola un po' più severa, per far pagare ai privati e, ora, alle multinazionali ben più che irrisori canoni di concessione alle Regioni. D'altronde l'acqua, al pari del petrolio e dell'oro, è risorsa preziosa e va pagata per quanto vale. Incontestabile il fatto che la Basilicata sia una terra davvero generosa, da stabilire se potrà diventare anche, e a giusta ragione, una terra ricca. (C.L.)

Bibliografia per approfondimento sulle acque minerali:

  • http://www.consiglio.basilicata.it/basilicata_regione_notizie/BRN102_2002/brn102.asp
  • Basilicata Regione Notizie anno XXVII – 102 "Terme e Acque minerali della Basilicata" - "Acque minerali: risorsa economica e naturale nel Vulture" di Raffeale Anzalone - "Politiche di comunicazione delle acque minerali del Vulture" di Marcella Viggiano
  • http://www.ambientediritto.it/Legislazione/CAVE/2005/basilicata%20lr2005n21.htm
  • - legge regionale n. 21 del 1.3.2005 – "Modifiche alla legge regoionale 2 settembre 1996 n°43: Disciplina nella ricerca e coltivazione delle acque minerali e termali". (Bur Basilicata n. 18 del 7.3.2005)
  • http://www.basilicata.com/alimentazione/minerali.htm - dati Vulture
  • http://www.ares2000.net/ricerche/scandaloacqua.htm - dati e marchi
  • http://www.retelilliput.org/lodi/Documenti/Impronta/Acqua/1SCHEDA.doc - dati sulle concessioni
  • http://www.fesal.it.costacqua.htm - le multinazionali
  • http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/GdM_cronache_NOTIZIA_01.asp?IDNotizia - "La Puglia svende le sorgenti d'acqua"
  • da La Gazzetta del Mezzogiorno - 16 febbraio 2006 - "Traficante? Tradizione e qualità" di Massimo Brancati
  • da La Gazzetta del Mezzogiorno - 16 febbraio 2006 - "Puglia e Basilicata, il quadro tra imprese e mercato" di Luciano Sechi.

Redazione Consiglio Informa

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