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(RegioneInforma) ABRIOLA, UN SAN VALENTINO OLTRE IL CONSUMISMO
26 maggio 2006
(ACR) - E' una sera d'inverno, siamo in una piccola vallata della Lucania ai piedi di un monte di 1744 metri di altezza dalla cui vetta fortunati sportivi sono soliti scivolare leggiadri verso valle. Osserviamo la vecchia strada provinciale che attraversa il valico della Sellata e accompagna il romantico viaggiatore verso Abriola. Abriola, borgo arroccato sull'Appennino lucano, centro di passaggio dell'antica Via Erculea nel tratto Grumentum – Potenza, ricco di rimembranze arabe, caratterizzato da storie di moti carbonari, brigantaggio ed emigrazione. Abriola, un paese eternamente "sospeso" tra favola e realtà. Tra le tante leggende, quella di San Valentino. Ancor oggi, intorno al 14 febbraio i tranquilli abitanti del paese vestono i panni degli ospiti sorridenti che, come al tempo dell'antica Via Erculea, danno asilo ai forestieri. Quella attuale è una tipologia diversa di visitatori: si caratterizzano per l'atteggiamento, quasi furtivo, con il quale si aggirano per il paese in una affannosa ricerca soprattutto della propria anima gemella. Giovani o più attempati signori confusi nella folla dei padroni di casa, musicanti, mescitori di vino, gentili cuoche in divisa da casalinga, un puzzle umano tra alti fuochi che emanano un calore intenso e rigenerante che allevia l'inclemenza del freddo gelo. Questi i partecipanti alla festa di Abriola, ad un San Valentino oltre il consumismo. Poco importa se, in realtà, l'origine della festa degli innamorati è il tentativo dei padri della Chiesa cattolica di mettere fine ad un licenzioso rito pagano per la fertilità, in voga fra gli antichi Romani fin dal IV secolo avanti Cristo. Nella metà di febbraio, i pagani rendevano omaggio al dio Lupercus con una rituale lotteria d'amore: i nomi di donne e uomini che adoravano questa divinità venivano messi in un'urna e mescolati. Un bambino sceglieva a caso alcune coppie che per un anno vivevano in intimità per portare a termine il rito della fertilità. Nel 496 dopo Cristo, papa Gelasio sostituì questa festa pagana con il culto di San Valentino, martire circa duecento anni prima. Quasi superfluo sottolineare che le culture di tutte le epoche e di tutti i Paesi sono particolarmente legate ai momenti di festa, a eventi rigeneranti che contribuiscono ad estraniersi dalla scarna e spesso arida routine quotidiana. C'è solo da chiedersi se l'evento trova riscontro nella frase usata dagli esperti di marketing "think global, act local". Ad Abriola, invero, quello che trionfa è la riscoperta del "diversivo", dell'attestarsi alternativo in un semplice sbocciare di vita. In un'epoca in cui San Valentino è conosciuto per le confezioni speciali di dolciumi o per gli svariati e costosi profumi in commercio, trovarsi davanti all' "altro" tipo di festa è una piacevole sorpresa. E allora, banditi gli stereotipi del "bello per forza", ci si avvicina alle due accoglienti tavolate, una per ogni rione. La prima all'ingresso del paese, la seconda nella piazza centrale. Simpatiche facce tinte di rosso all'altezza delle gote versano bicchieri di vino fruttato, uscito dalle cantine degli abriolani; educate signore, provette cuoche, offrono agli indomiti viandanti del 2000 le tipicità culinarie del Borgo. Un piatto tira l'altro: manate fatte in casa condite con mollica di pane casereccio, "strascinatil" e fagioli, carne di maiale con patate e peperoni sotto aceto, "patat frett" (patate lesse passate al setaccio con peperoncino), salsiccia, frittole e "nuglia" (carne di maiale condita con sale, peperoncino e finocchio). E ancora omelette, svariati tipi di pizza, taralli. Le liete serate non sono soltanto eventi concepiti per attirare ospiti dai "villaggi" circostanti e stupisce positivamente il fatto che la tipicità della festa sia aliena dai pareri di più o meno talentuosi esperti in tradizioni, marketing e comunicazione. Qui c'è una "comunicazione romantica" che risulta particolarmente efficace dopo aver letto le frasi scritte dagli ospiti sui cartelloni appositamente studiati per divenire "diario di bordo". Tutto, dunque, è il risultato del sacro unito al profano. Il protettore di Abriola è proprio San Valentino, l'illustre vescovo di Terni nato nella città umbra nell'anno 175 dopo Cristo. Si narra che il paese stesse soffrendo una grave carestia e che un nobile chiamato Valentino Romano andò in Puglia ad acquistare grano, dando in pegno il suo prezioso anello. I mercanti che consegnarono il grano ad Abriola riconobbero Valentino Romano nel mezzo busto del Santo esposto in Chiesa e gridarono al miracolo. Non è un caso, quindi, che il finale della festa si svolge proprio nella Chiesa di San Valentino dal cui campanile, infuocato per l'occasione, parte lo spettacolo pirotecnico. Alla chiesa ci si arriva continuando a passeggiare lungo il percorso dell'amore. Un percorso che si snoda tra i fuochi altissimi che ardono le ginestre autoctone, le vittime sacrificali di questa festa, con il ritmo delle note gioviali di due musicanti. Lungo il cammino, ecco all'improvviso ciò che non ti aspetti: confezioni curatissime delle Delizie di San Valentino, cioccolatini al rhum e alla nocciola di ottima fattura, quasi fossero gioielli. Una domanda sorge spontanea: sarà arrivato anche qui lo spettro del consumismo? Non è così, queste delizie a forma di cuore sono prodotti in casa da un'abriolana che ha unito la sua creatività alla passione per il cioccolato. Delizie che fanno sorridere anche una coppia di innamorati d'altri tempi: immortalati in una stanza contadina ricostruita fedelmente, due bambini guardano simpaticamente la fotocamera. Sono vestiti con abiti che probabilmente non indosseranno mai più, ma che sono il frutto, l'esplicitazione di tutta una storia e della poesia di una parte "vera" della nostra regione. (G.D.S.)
Bibliografia:
- www.san-valentino.it
- www.comune.terni.it
- http://www.comune.abriola.pz.it/
- www.santiebeati.it