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(RegioneInforma) PLUS VALORE DELLA RAI AL SUD E IN BASILICATA (2)
28 luglio 2006
(ACR) - Alle 19:30 del 15 Dicembre 1979 appena il 42% del territorio nazionale potette assistere alla prima trasmissione della terza rete Rai, sotto la direzione di Biagio Agnes. La vocazione regionale fu espressa sin da quel primo momento: sulle note di Bacalov e volteggianti tra le nuvole comparvero sugli schermi 21 rombi gialli, rappresentanti delle 21 regioni. Ma non si trattò di un inizio confortante: c'erano tanti problemi di cui discutere e gli stessi giornali non furono generosi, sottolineando il carattere soporifero dei primi palinsesti e titolando il giorno dopo "E adesso arriva il conto: aumenta il canone!".
Così il "brutto anatroccolo" di mamma RAI si affacciò al mondo tra dubbi, paure e incertezze: di qui, forse, nel tempo la grande voglia di rischiare e di riscatto. Ma quel 15 dicembre del 1979 ad entrare nelle case degli italiani non fu solo una nuova rete, con nuovi programmi più o meno divertenti: ogni regione allora conobbe i sorridenti, un po' tesi ed emozionati, conduttori del telegiornale regionale. Da quel momento l'informazione scoprì di poter essere anche locale, tingendosi dei colori più diversi, costruendosi attorno ai suoni e ai sapori della realtà regionale. La costruzione di un sistema produttivo decentrato nel territorio era completa: le 21 sedi regionali erano tutte dotate di studio televisivo, più o meno confortevole, generalmente presso il capoluogo, possedevano apparecchiature per il montaggio, telecamere, videoregistratori e troupe per la ripresa esterna. Cominciava a crescere il numero di sedi dotate di autonomia produttiva con sviluppo di moviole, montatori e ponte video per trasmettere a Roma e, staccando i trasmettitori locali dal circuito della terza rete, ciascuna sede produceva 20 minuti al giorno di telegiornale regionale seguito da programmi di approfondimento due volte a settimana. La "tv in jeans", contrapposta a quella "in doppio petto", ridimensiona la relazione tra utente d'informazione e mezzi, che nel tradizionale panorama fortemente consumistico si muove in senso prevalentemente strumentale, in una dimensione maggiormente affettiva. Il mix di notizie serie e di evasione, poi, declinato secondo i diversi stili della regione, consente ai Tgr di venire incontro a specifici bisogni del cittadino con argomenti forti e impegnati come problemi sociali, ecologici e di tutela ambientale, sindacali e allo stesso tempo con argomenti più evasivi, come avvenimenti culturali e di spettacolo. L'informazione regionale sin dagli inizi del 1979, seppur relegata in spazi e tempi di una programmazione contratta, risponde a una delle esigenze più primitive dell'individuo, quella di "partecipare" e di "esercitare un controllo" sulla realtà che lo circonda. Lo spettatore conosce le persone e i luoghi che vede nei servizi; le informazioni e i riferimenti sono cose note e vicine a lui e magari vede se stesso ripreso mentre passeggia per la strada o addirittura lui stesso è stato fermato e intervistato: è lui il diretto referente del Tgr, più protagonista che spettatore, più soggetto che oggetto di un telegiornale "mirato", "finestra aperta sul cuore della mia regione".
Al Sud l'attenzione rivolta al mezzo televisivo, in generale, e al Tgr, in particolare, è sempre stata molto forte, prendendo piede nel tempo un entusiasmo e un coinvolgimento di gran lunga maggiore rispetto al Nord. L'arrivo della Tv nel Mezzogiorno, non fu preceduto da quel graduale processo di costruzione di una massa critica e di una cultura di massa, che altrove era stato reso possibile dalla diffusione della stampa, quotidiana e periodica, della radio e del cinema. Nel Sud, infatti, si leggevano pochissimi libri, si sfogliavano pochi giornali, la radio non aveva prodotto un coinvolgimento significativo e le sale cinematografiche esistevano solo nei centri più grandi. Così, il 3 gennaio 1954, data ufficiale dell'inizio dei programmi Rai, la Tv arrivò, in quelle zone, solitaria ad annunciare la modernità rivestendo una funzione storicamente molto più forte che altrove e il Sud, assopito nel suo sonno secolare, si svegliò di soprassalto salutando con esuberanza e particolare frenesia il nuovo mezzo: la Tv fu davvero una grossa novità e soprattutto complesso fattore di modernizzazione dagli importanti risvolti culturali e sociali. La società meridionale povera, isolata, chiusa, così compatta e immobile nella tradizione della cultura orale e nel ritmo sociale, così arcaica e lenta nei suoi amuleti, sortilegi e pregiudizi, fu travolta dalla potenza del medium in sé portatore di effetti di apertura, movimento, curiosità e socializzazione nuovi. Ecco, allora, quello che Giandomenico Capris definisce il "plus valore della Tv nel Mezzogiorno": quella molteplicità di effetti straordinari, apportati dal veicolo di "accelerazioni e mutamenti", sconosciuta alle società industrializzate, che rompe la chiusura e la staticità del mondo contadino con la prepotenza delle immagini, spalanca una finestra di conoscenza e curiosità e offre possibilità di socializzazione e di incontro diverse da quelle tradizionali, proprio nell' "andare alla televisione" per le strade, nelle piazze o presso case di amici. Anche l'informazione regionale Rai, a partire dal 1979, viene percepita differentemente a seconda delle sensibilità e dei tratti di ciascuna area: la notizia locale al Sud è illusoriamente percepita come una specie di "riscatto dalla condizione di cronica sudditanza" ed è apprezzata talmente tanto, da dire che essa va bene a qualsiasi momento della giornata, con un effetto-alone che differenzia gli ascolti nel Meridione da quelli delle regioni del Nord. Attraverso la Rai il Mezzogiorno usciva dal suo silenzio storico, o quasi. Prima di allora, al silenzio e all'immobilismo atavico del Sud, corrispondeva un'informazione nazionale altrettanto "afona". Anche per la Basilicata, da allora è iniziato tale processo di crescita e il telegiornale lucano è diventato una guida alla scoperta del passato della regione, nonché alla costruzione del presente e del futuro. Come una persona che soffre di amnesia, quindi priva di un'autentica identità personale, che sente come prioritario il bisogno di raccogliere elementi conoscitivi su di sé, aggiungendo sempre nuovi tasselli informativi al suo quadro percettivo, così la Basilicata "amnesica", dimenticando di possedere una forte identità culturale, è alla ricerca di tasselli informativi che le potranno permettere di chiedersi "che cosa sono" e di poter rispondere, finalmente. In questo difficile percorso conoscitivo sono validi i contributi di un telegiornale regionale ricco e corposo che dedica attenzione a servizi alla storia della Basilicata, alla cultura delle popolazioni locali, all'economia della regione, alle possibilità di sviluppo turistico; un Tg che è solito invitare in studio ospiti particolarmente qualificati e articolarsi in numerose rubriche su temi specifici che vanno incontro alle esigenze dei cittadini. L'evidente bisogno di scoperta di sé si traduce in un alto livello di gradimento del Tg regionale, con ascolti elevati delle singole edizioni che fanno pensare ad un effetto alone per il quale i Lucani gradirebbero tanto l'informazione locale, da dire che va bene a qualsiasi ora della giornata. La conseguente ipervalorizzazione di tutto ciò che è notizia locale, i meccanismi doveristici e la necessità quasi omerica di ripercorrere la propria odissea regionale, vanno poi uniti al dato sintomatico dell' "amore" verso la propria terra, che sembra animare in modo particolare i Lucani.(C.L.) (2 – continua)
Bibliografia:
- Sabia V., "Giornalista, lei non sa chi sono io?", Antonio Capuano Editore, 1992
- Comunicando - Osservatorio di comunicazione nel Sud Anno II, lug-sett. 2001, "Il plus valore della TV nel Mezzogiorno", Giandomenico Capris
- Troisi L. "Il Sud tra cronaca e storia" , Loffredo editore 1981
- La Nuova Basilicata del 16 dicembre 1999, articolo di Stefania De Bonis