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(RegioneInforma) DAL "SAVOIA GATE" A GIOVANNI PASSANNANTE: BASILICATA VOCE DELLA REPUBBLICA

13 settembre 2006

© 2013 - savoia_gonfalone_comune.jpg

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(ACR) - Dalle patinate pagine di cronaca mondana a quelle pallide di fascicoli giudiziari e testi di intercettazioni: è il 16 giugno 2006 quando i media danno annuncio del "Savoia Gate", scandalo giudiziario che ha per protagonista Vittorio Emanuele. L'inchiesta, partita dalla Procura della Repubblica di Potenza, ha fatto emergere una complessa vicenda dai contorni, responsabilità e capi d'accusa ancora ora da definire e ha portato all'arresto (dal 16 al 23 giugno) nel carcere potentino dell'illustre discendente Savoia. Da tale vicenda in poi, il clima che aleggia attorno a Casa Savoia è certamente cambiato rispetto al più recente passato: dagli ampi giudizi favorevoli, quand'anche tendenti ad una neutra indifferenza sul loro rientro in Italia, ad un generalizzato e vivissimo senso di sfiducia, quasi Vittorio Emanuele fosse, adesso, reo di un secondo tradimento nei confronti del Paese. Per anni i Savoia hanno fatto riempire pagine di riviste con foto, articoli di colore, senza mai rinunciare ad esprimere la speranza di rientrare in Italia. I media per anni hanno veicolato l'immagine dei Savoia desiderosi di rivedere l'amata Napoli, di riscaldarsi al sole dell'Italia, di ricongiungersi a tutto il popolo tenendo sempre bene a sottolineare di essere ex regnanti sì, ma pur sempre italiani. La decisione di far rientrare i Savoia in Italia e porre fine al loro esilio ha seguito un iter lungamente dibattuto, controverso e meditato: far attendere oltre 50 anni l'agognato rientro nel Bel Paese ha rappresentato lo scotto pagato per quell'abbandono, quando, di fronte all'ultimo rigurgito del Regime fascista e alla feroce occupazione tedesca, Vittorio Emanuele III fuggì da Roma (era il 9 settembre del 1943). Solo più tardi, a seconda guerra mondiale conclusa, il referendum del 2 giugno 1946 decretò la fine definitiva della Monarchia in Italia: il 90 per cento dei votanti, per la prima volta a suffragio universale, fu chiamato a decidere le sorti della Repubblica e Umberto II, in favore del quale Vittorio Emanuele III aveva abdicato il 9 maggio 1946, lasciò l'Italia e seguì il vecchio re, già in esilio. L'Assemblea Costituente, poi, approvò nel 1947 la XIII disposizione che al comma 1 vietava ai discendenti di Casa Savoia di essere elettori, di ricoprire uffici pubblici e cariche elettive; e al comma 2 vietava agli ex re, alle consorti e ai discendenti maschi l'ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale. Ma nel corso degli anni non hanno mai cessato le pressioni di attive componenti filo-monarchiche nei confronti di parte dell'opinione pubblica, fino a farsi sostenitori convinti di petizioni popolari per esprimere il loro più spassionato, sincero desiderio: che Vittorio Emanuele, figlio di Umberto II, ultimo re d'Italia, con la consorte e il figlio al seguito, potesse rientrare dall'esilio. L'opinione pubblica italiana, adeguatamente sensibilizzata dai media, si scoprì vulnerabile di fronte al tema dei discendenti regali e si espresse favorevole al loro rientro; poi la legge costituzionale n°1 del 23 Ottobre 2002 ha eliminato definitivamente dall'ordinamento italiano i primi due commi della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione: i Savoia, così, rientrarono in Italia. Tralasciando la questione puramente giudiziaria, dalle intercettazioni del "Savoia Gate" sono emerse, in particolare, frasi ingiuriose rivolte dal figlio dell'ultimo re d'Italia al popolo sardo, che all'onta subita ha risposto con la cancellazione di tutti i riferimenti toponomastici a Casa Savoia. Il 5 luglio 2006 l'Ansa batteva la notizia che il Consiglio comunale di Galtellì, in provincia di Nuoro, ha deciso all'unanimità di cambiare i nomi di via Umberto, via Vittorio Emanuele e via Savoia in via Karol Wojtila, via Beata Vergine Assunta e via Sa Prama. Analogo tentativo, fino ad ora non concretizzato, di eliminare l'ingombrante riferimento al regale casato lo vive da anni il comune di Savoia di Lucania, il cui nome originario era Salvia, dall'omonima erba che lì cresce in abbondanza. In effetti, tra Casa Savoia e la Basilicata, sembra scorrere un sottile e bizzarro legame: pare certo più che una curiosa coincidenza il fatto che il "Savoia Gate" sia partito dalla Procura di Potenza, che Vittorio Emanuele abbia alloggiato in una cella del carcere di Rione Betlemme del capoluogo lucano. Sembrerebbe quasi uno scherzo del destino, ma in fondo si tratta di giustizia, divina o forse terrena: Vittorio Emanuele sembrerebbe scontare oggi le classiche "colpe dei padri che si ripercuotono sui figli" e nel nuovo millennio dalla piccola Basilicata si leva, come già nell' '800, un convinto grido anti-monarchico. Era il 17 novembre 1878: Giovanni Passannante, nativo di Salvia, attentò a Napoli alla vita di re Umberto I, con un piccolo coltello che lo ferì solo leggermente. Felice Venosta in "Umberto I Re d'Italia. Cenni storici con documenti" dà testimonianza dell'episodio dicendo: "L'uomo male in arnese, brutto in volto e feroce negli occhi avente la mano coperta da un panno rosso - altre fonti dicono coperta da un mazzo di garofani - si slanciò dalla folla allo sportello della carrozza al grido di "Viva la Repubblica internazionale" e sventolando una piccola bandiera rossa con la scritta "Viva la Repubblica". Pochi giorni dopo il re riceve nella sua reggia i sindaci della Basilicata, tra cui anche il sindaco di Salvia, Giovanni Parrella, che, chiamato a "rappresentare la disgraziata Salvia", per scusare il "gesto criminoso" fatto al re da un suo cittadino e in segno di dedizione alla corona, offrì che il nome della cittadina fosse mutato in "Savoia di Lucania": il re tese la mano agli "assassini della patria" e con il regio decreto del 3 luglio 1879 approvò la sostituzione e Salvia fu ribattezzata d'imperio. Intanto di Passannante e della sua famiglia fu fatta strage. L'anarchico lucano fu condannato a morte, ma poi la pena gli fu convertita in ergastolo, mentre madre e fratelli furono internati nel manicomio di Aversa come espiazione "per aver partorito un tale mostro" e da allora a Savoia di Lucania non c'è più nessuno con il cognome Passannante: parenti e omonimi furono costretti a lasciare il paese per tentare di cancellare ogni traccia che ricordasse l'uomo che aveva osato sfidare il re. Passannante fu rinchiuso a Portoferraio, sull'isola d'Elba, in una cella umida, senza finestre e sotto il livello del mare: qui fu torturato per dodici anni e costretto a vivere in assoluta solitudine e in perenne silenzio, legato ad una catena di 18 chili; diventò cieco, si ammalò e cominciò a cibarsi dei propri escrementi e a dare evidenti segni di squilibrio mentale. I barcaioli che passavano vicino alla "Torre del Martello"(che diventerà poi "Torre di Passannante") udivano spesso i terribili e lancinanti lamenti del detenuto che non poteva ricevere né lettere, né visite. Anni dopo intervenne il deputato socialista Bertani: protestò a lungo e chiese al Governo di sottoporre il "sepolto vivo" ad una nuova perizia medica. Il giovane anarchico che aveva mostrato nel 1879 "finezza e una forza di pensiero non comune, la fisionomia dolce e regolare nell'andatura" dopo dodici anni era "un povero essere umano agonizzante, pallido, macilento dall'aspetto mite e sottomesso" che, giudicato "non sano di mente", fu trasferito presso il manicomio criminale di Montelupo Fiorentino, dove morì nel 1910. Il cadavere fu sottoposto ad autopsia, fatto a pezzi e dato in pasto agli animali, mentre il cervello e il cranio furono inviati all'Istituto superiore di Polizia, presso il carcere giudiziario "Regina Coeli" di Roma e da qui, nel 1936, i reperti anatomici furono inviati al Museo criminale e fatti oggetto di studio delle teorie di Cesare Lombroso che gli attribuirà, in seguito, il carattere del "mattoide". Da diversi anni nel piccolo Comune lucano si sta giocando una duplice partita: da un lato si vuole che i resti di Passannante tornino nel paese natìo, dall'altro che Savoia di Lucania torni a chiamarsi Salvia. Ma il dibattito che si sta animando vede opinioni e posizioni contrastanti. Il Comitato pro Salvia chiede a gran voce che Passannante riceva civile e degna sepoltura nella sua terra e, parallelamente, che si avviino le pratiche burocratiche e amministrative per il cambio di nome del Comune. Ma l'obiettivo che intende perseguire il Comitato è ben più complesso: la figura dell'attentatore lucano deve essere rivalutata storicamente, non deve diventare un eroe, ma apprezzato come uomo che ha lottato per la Repubblica e contro il degrado e l'abbandono del Sud. Il ventinovenne cuoco lucano nutriva, infatti, una forte ossessione personale per lo studio, un dolore per non poter andare a scuola, una dedizione totale per gli amici che faceva mangiare gratuitamente nelle osterie di Napoli e Salerno presso cui lavorava, una passione incontenibile per le teorie mazziniane. C'è, tuttavia, chi da questa posizione si discosta dichiarando che non ha senso seppellire un morto dopo oltre cent'anni: cranio e cervello di Passannante sono diventati resti e come tali appartengono alla civiltà e alla storia e dovrebbero rimane dove sono, nel museo criminologico di Roma a testimonianza delle barbarie della monarchia. Ma, d'altro canto, secondo tale posizione, il nome del paese va cambiato: questo sì, sarebbe il giusto modo per rendere onore a quell'uomo. Infine, una terza posizione, minoritaria e largamente criticata, è quella espressa dal già sindaco di Savoia di Lucania, Rosina Ricciardi, che si è detta favorevole al mantenimento dell'attuale nome del Comune e auspica, comunque, il ritorno dei resti di Passannante. E pensare che nel 1999 il Consiglio regionale della Basilicata approvava un ordine del giorno che chiedeva la sepoltura dei resti di Passannante e la domanda, inoltrata al Presidente della Repubblica, per competenza era arrivata al Ministro di Grazia e Giustizia, Giovanni Maria Flick, il quale non ne fece nulla. Il suo successore Diliberto, poi, firmò il nullaosta e autorizzò la traslazione dei resti di Giovanni Passannante "nel paese Salvia" e, soprattutto, lo stanziamento di 15 mila euro da parte della Regione Basilicata. Ma tale decreto ha trovato la strada sbarrata dall'insorgere di una serie di dubbi che lo hanno reso inefficace. Il decreto, infatti, indica "Salvia" dando, presumibilmente, per scontato il cambio di nome; inoltre da più parti è stato sottolineato che per trasferire cervello e cranio, in quanto materiali scientifici e beni di Stato, sarebbe necessario ben altro provvedimento legislativo; infine, quanto ai 15 mila euro, bisognerebbe appurarne adesso l'effettiva disponibilità. Insomma, ad oggi, il decreto di Diliberto è scaduto e l'intera questione sembra vivere da anni un insormontabile impasse: eppure qualcosa si muove! In tempi recenti si assiste ad un clamore crescente attorno all'intera vicenda, ad un'attenzione e curiosità a livello nazionale: merito, anche, di uno spettacolo teatrale. Ulderico Pesce, da oltre un anno e mezzo, sta facendo girare per i teatri italiani il suo spettacolo dal titolo "L'innaffiatore del cervello di Passannante", facendosi promotore e sostenitore di una petizione popolare per ottenere la sepoltura dell'anarchico lucano nella sua terra e il ritorno della cittadina al suo nome originario. Lo scorso 26 giugno lo spettacolo è stato messo in scena proprio nel piazzale del Mattatoio comunale che si trova affianco al carcere potentino: appositamente per l'illustre ospite, Vittorio Emanuele. E' innegabile, dunque, che le recenti vicende giudiziarie abbiano portato alla ribalta non solo la vicenda di Passante, l'anarchico gentile che chiedeva non pane ma "libertà e lavoro per il popolo" e di Savoia di Lucania, prima Salvia, ma, in generale, un diffuso senso di avversione nei confronti dei discendenti di Casa Savoia dai trascorsi ben poco regali: eppure non è un'avversione fine a se stessa, ma s'impreziosisce, oggi come allora, di quella giustizia e libertà a cui grida la Basilicata. (C.L.)

Fonti:

  • Ansa, Cagliari, 5 luglio 2006 - Vittorio Emanuele: comune sardo cambia toponomastica
  • http://www.uldericopesce.com/spettacoli/view_spettacolo.asp?ID=38
  • http://www.museocriminologico.it/passannantee.htm
  • http://giuseppescaliati.it/Passannante.htm
  • http://www.melandro.it/savoia/passannante.html
  • http://magazine.lucanianet.it/home/showart.asp?ArtID=3613
  • http://www.francobampi.it/liguria/rientro/modifica_costituzione.htm
  • http://www.filodiritto.com/diritto/pubblico/costituzionale/rientrosavoiapavone.htm
  • http://72.14221.104/search?q=cache:pxzxv7YlnToJ:www.liberazione.it

Redazione Consiglio Informa

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