venerdì, 22 nov 2024 13:31

Vai all'archivio
Stampa Invia

(RegioneInforma) DALLE COSTE CILENTANE IL RICHIAMO DELLE RADICI LUCANE: QUESTIONE D'IDENTITA' (2)

19 ottobre 2006

© 2013 - lucania_cartina_antica_2.jpg

© 2013 - lucania_cartina_antica_2.jpg

(ACR) - Estate particolarmente rovente sulle spiagge cilentane. Ad Agropoli è impazzata una vivace polemica anti-partenopea: dalle pagine di un periodico locale, "il Cittadino", si sono levate minacciose le parole del direttore nei confronti dei vacanzieri napoletani a cui ha intimato a chiare lettere di andar via avanzando, contemporaneamente, la richiesta, anzi la pretesa, di sviluppare ad Agropoli un "turismo di qualità". E seppur i toni degli articoli pubblicati possano esser sembrati eccessivi e vagamente razzisti, è effettivamente risaputo che i turisti napoletani sono, da sempre e ovunque, accompagnati da una reputazione non proprio eccellente. Ma, al di là dei luoghi comuni, le motivazioni sottese alla polemica, lungi dall'essere banali, meritano una particolare attenzione: la polemica, ben oltre gli stereotipi e i pregiudizi, pone una questione di identità perché l'insofferenza nei confronti dei vacanzieri napoletani, visti quasi come dei novelli invasori alla stregua dei Turchi, si è alimentata proprio per il fatto di "essere campani come loro", ma "non sentirsi come loro". Così dal piccolo centro di Agropoli si è innescato un ben più articolato dibattito nell'intero Cilento e Vallo di Diano: in una regione come la Campania il napolicentrismo divora le identità delle singole provincie che soffrono in una condizione di marginalità e, spesso, scarsa rappresentatività, anche politica. Essere lontani dal Capoluogo di regione significa essere lontani dalle risorse e dalle opportunità di sviluppo e ciò si traduce nella pratica in graduale perdita di competitività di tutte le Aree interne. Inoltre, la situazione non è cero più confortante se si passa dalla dimensione regionale a quella provinciale: la Provincia di Salerno è la più vasta d'Italia con ben 158 Comuni e oggettive ragioni dimensionali impediscono alla Amministrazione provinciale di essere sufficientemente vicina alle realtà territoriali e alle singole problematiche. A tal proposito, uno degli esempi più tangibili è l'emergenza rifiuti che scoppia puntuale con l'arrivo della bella stagione. Anche quest'anno l'intero Cilento è piombato nell'ennesimo imbarazzo di montagne di sacchetti ai bordi delle strade, il peggiore spettacolo offerto all'intero popolo dei vacanzieri e, come di consueto, si è levata la rabbia degli Amministratori locali, ma questa volta con una marcia in più: i Sindaci di Castellabate e Capaccio in testa a chiedere l'annessione alla Basilicata. Ed ecco che è tornata ad accendere gli animi la querelle della "Grande Lucania". Così dallo scorso mese di Luglio ad oggi il richiamo alla Basilicata sembra diventare giorno dopo giorno più forte e raccogliere consensi in fasce sempre più larghe della popolazione e trasversale tra le istituzioni politiche e, con il Comune di Montesano sulla Marcellana in testa, si moltiplicano ovunque, da Ascea a Vallo, da Roccagloriosa a Polla, i comitati civici pro-Lucania. Ad oggi, sono almeno 21 i Comuni del Cilento e del Vallo di Diano intenzionati a chiedere l'annessione alla Basilicata. Più di tutti a far sentire la loro voce sono Caggiano, Salvitelle, Romagnano al Monte, Ricigliano e San Gregorio Magno le cui Amministrazioni comunali, alla fine dello scorso mese di Agosto, si sono dette determinate ad avviare le procedure per indire il Referendum popolare, secondo quanto previsto dall'articolo 132 comma 2 della Costituzione che consente, appunto, ad una o più Province o ad uno o più Comuni di staccarsi da una Regione e aggregarsi ad un'altra. L'attuale testo vigente è quello risultante dalla riformulazione operata dalla legge costituzionale del 18 ottobre 2001 n.3 che ha riformato il Titolo V della Parte II della Costituzione e che insieme con la successiva sentenza della Corte Costituzionale del 2004, è intervenuta a dipanare numerosi nodi procedurali in materia. L'originaria formulazione, infatti, prevedeva che con legge ordinaria, previo referendum, sentiti i Consigli regionali si potesse disporre per le Province o i Comuni che ne facessero richiesta il distacco da una Regione e l'aggregazione ad un'altra; ma nulla diceva sia sui soggetti da coinvolgere nel processo di richiesta del referendum per il distacco, sia sull'ambito territoriale interessato dalla consultazione referendaria. La Legge costituzionale n. 3 del 2001 precisa che per procedere alla modifica territoriale è necessaria l'approvazione della maggioranza delle popolazione della Provincia/e e del Comune/i interessati al distacco. Sulle disposizioni attuative della norma costituzionale previste dalla legge n. 352 del 1970 ("Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo") è, poi, intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n.334 del 28 ottobre 2004 che ne ha dichiarato l'illegittimità nella parte in cui prescrive che la richiesta del referendum deve essere corredata dalle deliberazioni di tanti Consigli provinciali o tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della popolazione della regione sia dalla quale è proposto il distacco e sia alla quale si propone l'aggregazione. Il procedimento di sganciamento di Comuni e Province dalla regione di appartenenza prevede che il referendum sia richiesto all'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di Cassazione che ne valuta la legittimità, e indetto, poi, con Decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri (legge 352/1970). L'Ufficio centrale per il referendum, secondo quanto prevede l'articolo 132 della Costituzione, procede all'accertamento e alla proclamazione dei risultati: in caso di approvazione (i "sì" devono essere il 50 per cento degli aventi diritto) il Ministro dell'Interno presenta al Parlamento il disegno di legge entro 60 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del risultato del referendum; in caso di mancata approvazione la proposta non può essere rinnovata prima che siano passati cinque anni. L'ipotesi della "Grande Lucania", tesa a restituire al popolo lucano l'origine di una comune civiltà, l'antica Magna Grecia del Sud Italia che non è più rintracciabile e individuabile geograficamente perché divisa tra i confini delle attuali Regioni, prevede l'allargamento dei confini della Basilicata da un lato al Vallo di Diano e al Basso Cilento, dall'altro al Golfo di Policastro e l'area più settentrionale della Calabria. Il progetto, oltre a garantire iniziative socio-economiche più centrate e rispondenti alle esigenze del territorio, porterebbe al recupero di un patrimonio storico e culturale che ricondurrebbe le popolazioni del Cilento e del Vallo di Diano alla loro vera identità, appunto lucana. Dunque, se da un lato ci sono le motivazioni di una condizione di marginalità oggettiva, "di uno status che ci vede relegati alla periferia della periferia di una regione", dall'altro "recuperare la nostra identità lucana, valorizzandola all'interno di nuovi confini regionali è una delle poche battaglie politiche per cui vale veramente la pena lottare". E' quanto ha dichiarato il consigliere comunale di Forza Italia di Sala Consilina, Amedeo De Maio, in una lettera aperta rivolta ai cittadini in cui ha sottolineato la volontà di "lavorare per ritornare lucani e liberarci delle strette maglie della Regione Campania e della Provincia di Salerno". Gli ha fatto eco dal Comune di Polla il consigliere comunale Giovanni De Lauso, il quale nell'ammettere senza mezzi termini che "storicamente e per abitudini culturali siamo lucani e su questo non vi è alcun dubbio" ha spiegato che "il progetto darebbe notevoli e concrete opportunità di sviluppo al nostro territorio, unendo due aree che insieme si completano perfettamente e sinergicamente". Ma, al di là delle dichiarazioni, nel concreto, ad oggi, solo il Comune di Montesano sulla Marcellana si sta muovendo. La professoressa Liliana Ferzola, consigliera comunale dello Sdi con orgoglio ha dichiarato "noi siamo più avanti in assoluto: abbiamo già compiuto la raccolta firme prevista dallo Statuto comunale raccogliendone ben 1000, mentre lo Statuto ne richiede appena 300, necessarie a chiedere al Consiglio Comunale di poter esprimere la legittima volontà popolare e avviare la successiva richiesta alla Corte di Cassazione. Sono consapevole dell'importanza della questione: per la prima volta in trenta anni dalla nascita degli Statuti Comunali - ha spiegato la Consigliera - può essere data la possibilità alle popolazioni locali di esprimere la propria volontà e non voglio deludere le aspettative di quanti già si sono espressi favorevolmente e sono convinti del peso rilevante che un Comune di 7.200 abitanti come Montesano sulla Marcellana, farebbe sentire in una Regione come la Basilicata. Ma mi rendo conto delle difficoltà politiche: i politici locali - ha proseguito Ferzola - valutano la perdita di consistenza dei propri consolidati bacini di voti e temono che appoggiare l'annessione alla Basilicata inclinerebbe i rapporti con i referenti politici sovra-comunali e provinciali della Campania che inevitabilmente si sentirebbero messi sotto accusa. Ecco perché nei vari Comuni coinvolti a spingere la questione sono più che altro o rappresentanti delle opposizioni o di forze politiche di destra non rappresentative né della Regione, né della Provincia o - ha concluso - temerari come me che pur essendo nella maggioranza sono intenzionati a rappresentare una posizione che può risultare poco gradita". In Basilicata il dibattito sta raccogliendo consensi trasversali tra tutte le forze politiche. Nel riconoscere che "ad un'ipotesi di ricostruzione dei territori storicamente omogenei si debba guardare con estremo interesse e in termini assolutamente positivi", Giancarlo D'Angelo, assessore dei Verdi alla Provincia di Potenza, ha sottolineato, tra l'altro, che "tra gli effetti più ambiziosi del progetto è il recupero di quell'immigrazione di ritorno oggi bloccata dall'assenza di speranze che provoca una sempre maggiore emigrazione giovanile ed intellettuale che è all'origine del vero impoverimento dei nostri piccoli comuni". Dello stesso avviso anche il consigliere regionale di Forza Italia, Franco Mattia, che ha visto nel progetto "un'occasione per superare l'attuale limite demografico dei 600 mila abitanti che di fatto è un gap limitativo per le prospettive di sviluppo perché è alla base della ripartizione delle risorse finanziarie statali in settori nevralgici e fondamentali specie per garantire servizi essenziali alle nostre comunità". Un invito a guardare con la massima attenzione e disponibilità alla richiesta delle amministrazioni locali e delle comunità del Vallo di Diano e basso Cilento arriva anche da Italia dei Valori, con il capogruppo Antonio Autilio che ha sottolineato che "tutta l'area ha caratteristiche culturali, identità storica e aspetti sociali che si possono considerare a tutti gli effetti patrimonio della comunità lucana"; mentre dall'Udeur il consigliere regionale Prospero De Franchi, nell'auspicare "tempi brevi per la costituzione di un unico quadro istituzionale che veda il Cilento riunito con il Lagonegrese", ha riconosciuto che "continuare in una disputa aleatoria isolerebbe ancora di più tale zona e, a tal proposito, bisogna programmare una serie di incontri istituzionali e rispettare l'interesse collettivo e delle popolazioni interessate". "La Grande Lucania: utopia o realtà?", è stato il tema dell'incontro che si è svolto, nello scorso mese di settembre a Potenza, su iniziativa del "Circolo Angilla Vecchia". Il vicepresidente della Giunta regionale, Gaetano Fierro, nell'occasione ha spiegato che "la motivazione reale di questa rinnovata querelle non dipende dal solo fatto che i poteri centrali sono distanti dal basso Cilento e dal Vallo di Diano, ma anche perché nel cuore della gente c'è il richiamo di una fede, di una tradizione, di una comprensione civile che ti spinge verso chi ti è affine, simile, uguale. Non è vero - ha proseguito Fierro - che c'era la Magna Grecia nel Sud Italia e, non essendo più visibile come prima, per questo è scomparsa dall'immaginario collettivo, ma è esistenzialmente viva, origine e linfa della nostra civiltà". A sostenere con particolare insistenza il dibattito sull'eventualità della "Grande Lucania" è il capogruppo di "Uniti nell'Ulivo" del Consiglio regionale, Rocco Vita, la cui "determinazione è encomiabile" a detta del presidente della Consulta Programma della Margherita Dl, Antonio Papaleo, il quale nell'auspicare una maggiore attenzione al progetto ha sottolineato che "il dibattito sta interessando molte parti delle realtà civiche del Cilento e del Vallo di Diano ed incomprensibilmente viene trascurato dal versante lucano ed è tempo di incalzare, facendo fronte comune perché il movimento aggregativo si irrobustisca insistendo sull'insieme delle problematiche per ritrovare le affinità andandole ad esaltare a dimostrazione che non è vero che sarebbe una sommatoria di miserie, ma di risorse concrete per costruire sviluppo". Convinto sostenitore della riaggregazione della Grande Lucania, il capogruppo Rocco Vita, già dal 1995, con l' associazione "Novitalia", che riuniva un gruppo di amici delle diverse aree del Potentino e del Salernitano, poneva l'accento sulle innegabili assonanze tra Cilento, Vallo di Diano, Melandro e Lagonegrese. Nel crescente dibattito che si è alimentato nel corso dei mesi scorsi, Rocco Vita è tornato in prima linea a sostenere il progetto sottolineando che "colpisce il legame profondo che le popolazioni dell'altra Lucania hanno con la Basilicata" e che, pertanto, è "opportuno riflettere sul percorso comune di aree geografiche vicine e accomunate dagli stessi problemi che una regione cerniera come la Basilicata, capace di guardare al di là dei suoi confini, deve saper cogliere e indirizzare nell'ambito delle sue politiche di sviluppo". In particolare, è sui temi reali, come rete integrata di trasporti (ferrovia Sicignano - Lagonegro, galleria Paterno - Padula, collegamento Val d'Agri - Vallo di Diano), sistema dei Parchi, pianificazione dell'area costiera (progetto Golfo Amico), che si deve "trovare - ha dichiarato Vita - un livello nuovo di cooperazione tra le due Regioni, tra le Province di Salerno e Potenza, tra le Comunità montane e gli organismi di gestione dei Pit a prescindere dalla reale prospettiva di aggregazione". Intervenendo, poi, al convegno organizzato a Caggiano, nello scorso mese di settembre dall'associazione Novitalia, l'esponente della Quercia ha sottolineato che "un'eventuale aggregazione del Cilento e del Vallo di Diano alla Basilicata anziché essere la sommatoria di due marginalità, potrebbe diventare l'idea forte di una nuova prospettiva di sviluppo socio-economico che, partendo da un comune patrimonio storico-culturale, imporrebbe il territorio a sicuro riferimento non solo del Mezzogiorno, ma di tutto il Mediterraneo". Infine, nel riconoscere che "la Basilicata non è una terra chiusa, ma consapevole che vi possano essere dei vantaggi reciproci", Rocco Vita, citando Victor Hugo, ha dichiarato che "siamo dinanzi ad una idea in cui il tempo sia giunto" e, dunque, che i tempi ora siano maturi per "sollecitare la riflessione fra le istituzioni e le popolazioni interessate e verificare se effettivamente vi sono le condizioni per far avanzare questa prospettiva". Intanto i Comuni intenzionati a chiedere l'adesione alla Basilicata non sembrano essere i soli ad essere presi dall'acceso desiderio di sganciarsi dalla Regione di appartenenza: in Italia, infatti, sono già circa un centinaio i Comuni che hanno chiesto o hanno intenzione di chiedere di cambiare Regione. Dal Piemonte si guarda alla Valle d'Aosta e alla Liguria; dalla Liguria al Piemonte; dal Veneto al Trentino Alto Adige e al Friuli Venezia Giulia; dalle Marche e dalla Toscana all'Emilia Romagna; dalla Campania al Molise e alla Puglia; dal Molise all'Abruzzo: lungo tutto lo stivale ragioni propriamente economiche e di opportunità reali si mescolano a ragioni culturali e storiche che sostengono il desiderio di ricostruire identità tradite. E se il Comune bellunese di Lamon dopo l'esito positivo del referendum svoltosi lo scorso 30 ottobre 2005 per il distacco dal Veneto e l'annessione al Trentino, attende ora una legge approvata dal Parlamento, e se i Comuni marchigiani che vogliono passare all'Emilia Romagna andranno al voto nel prossimo mese di dicembre, il percorso sembra ancora abbastanza lungo per tutti gli altri Comuni, compresi quelli del Cilento e del Vallo di Diano, dove esigenze di autoregolamentazione nutrono dal basso le comunità locali: evidente segno di una devolution di fatto nelle mani dei cittadini. (C.L.) (2 – fine)

Fonti:

  • La Gazzetta del Mezzogiorno - 29 luglio 2006 - "Cilento e Valdiano chiedono asilo"
  • Il Quotidiano - 6 Agosto - "Cilento e Vallo di Diano: ancora sì alla Grande Basilicata"
  • Il Quotidiano - 8 Agosto - "Antonio Autilio: Grande Lucania, Idv dice sì"
  • La Gazzetta del mezzogiorno - 8 Agosto 2006 - "Per il consigliere De Franchi (Udeur): Cilento e Area Sud unione auspicabile"
  • Il Quotidiano - 31 Luglio 2006 - " Non siamo napoletani e un magistrato chiede Cilento e Valdiano in Basilicata"
  • Il Quotidiano - 29 Agosto 2006 - "In cinque chiedono la cittadinanza"
  • Il sole 24 ore - 13 settembre 2006 - "Prove di secessione. Campania addio, meglio la Basilicata"
  • http://www.tvoggisalerno.it/mostra.asp?cod_news=775
  • http://www.tvoggisalerno.it/mostra.asp?cod_news=859
  • http://www.valloweb.com/view_news.php?id_notizia=1310
  • http://www.navigavallo.it/notizia-983.html
  • http://blog.libero.it/Snorki/1426425.html
  • http://www.basilicatanet.it/news/article.asp?id=474662
  • http://www.basilicatanet.it/news/article.asp?id=476207
  • http://www.basilicatanet.it/news/article.asp?id=478585
  • http://www.basilicatanet.it/news/article.asp?id=458007
  • http://www.genovapress.com/index.php/content/view/5546/49/

Redazione Consiglio Informa

argomenti di interesse

Per visionare il contenuto è necessario installare Adobe Flash Player