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(RI) CASTELLI FEDERICIANI: UN PATRIMONIO E LE SUE EMERGENZE
16 novembre 2006
(ACR) - Federico II con la realizzazione di numerose opere architettoniche ha disegnato l'urbanistica di questa Regione. Indelebilmente la Basilicata è legata ai monumenti federiciani come se fossero dei veri e propri simboli d'identificazione. La mostra "Testimonianze federiciane in Basilicata", aperta fino al 31 dicembre 2006, nel palazzo D'Errico di Palazzo San Gervasio, vuole ripercorrere il tragitto delle opere dell'imperatore partendo da un presupposto fondamentale: l'attenzione per la tutela e la valorizzazione di questo importante patrimonio.
Non è, quindi, un caso che la mostra faccia parte dell'iniziativa del ministero per i Beni e le Attività culturali, "Un patrimonio venuto da lontano", celebrata in tutta la Basilicata con una serie di manifestazioni che valorizzano l'archeologia, gli archivi, le biblioteche, il paesaggi, lo spettacolo e il turismo. L'evento è promosso dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e per il Paesaggio della Basilicata con il Comune di Palazzo San Gervasio.
Ginto per la prima volta in Lucania (1200–1221) Federico II la trova affascinante per la vastità dei boschi, ma anche per la salubrità ambientale e per la fertilità dei suoli.
L'imperatore opera una generale ristrutturazione delle fortificazioni. Secondo gli "Statuta officiorum" le costruzioni comprendevano sia i "castra" che le "domus". Preziosa fonte per la ricostruzione del sistema castellare di Federico II non sono solo le "Costituzioni di Melfi", ma anche e soprattutto, lo "Statutum de riparatione castrorum", atto ufficiale di molti degli interventi federiciani sui castelli. È proprio in questo documento che si precisa la distinzione tra castra e domus.
Il castrum è, in sostanza, il castello, la fortezza militare. La domus ha più la caratterizzazione di una costruzione articolata che comprende torri, botteghe, stalle e giardini.
Dallo Statuto si apprende che in Basilicata ci sono 19 castra e 9 domus dislocati in tutto il territorio.
La mostra è dedicata a tre segni intangibili della grandezza di Federico II (le domus di Palazzo e Monteserico, il palazzo ducale di Lavello). "Simboli" che in molti casi sono fatiscenti e che meriterebbero una maggiore attenzione.
La domus federiciana di Palazzo San Gervasio è impelagata in una vicenda di ricorsi e aspetta la sua sospirata rinascita. Il castello di Monteserico è in ristrutturazione. Solo il castello di Lavello se la passa meglio: è attualmente sede del Comune.
Il castello marchesale di Palazzo fu fatto costruire, con molta probabilità, da Drogone di Altavilla, conte di Puglia (1041-1051) e dal fratello Umfredo (1051-1057). L'impianto originario era a forma quadrata, tipica degli edifici militari normanni, con due torrioni ai lati.
Intorno al 1201 Federico II fece restaurare il castello utilizzandolo prima come sito di caccia reale e successivamente come luogo ideale per l'allevamento dei cavalli (importante testimonianza, in questo senso, il testo medievale "L'arte di curare i cavalli" di Giordano Ruffo, nobile che curava e dirigeva le scuderie e gli allevamenti reali anche a Palazzo San Gervasio). È da questo periodo che si può parlare di Palatium Regium. Re Manfredi, successore di Federico II, utilizzerà il manufatto come residenza reale (1255). Fu proprio nella domus che Manfredi trovò riposo e convalescenza dopo essersi ammalato. Dopo la dissennata gestione angioina, il castello fu concesso nel 1532 da Carlo V ad un barone spagnolo e in seguito fu affidato al Duca di Acerenza, D. Galeazzo Pinelli (1597), non senza molte trasformazioni. Dalla descrizione di un documento del 1595 si ha la prima identificazione catastale con la relativa consistenza tipologica che, presumibilmente, identica a quella originale, ha conservato fino ad oggi lo stesso impianto, a meno dei corpi di costruzione aggiunti in seguito al suo completamento che ne hanno guastato la linea costruttiva originaria. L'edificio, dalla prima metà dell'Ottocento in poi, ha subito molte trasformazioni e manutenzioni, anche a seguito dei terremoti del diciottesimo secolo e del 1930. Inoltre, diverse destinazioni d'uso (nel castello fino a qualche decennio fa insistevano attività artigianali) ne hanno snaturato la sua funzione.
Nel 1995 la Regione Basilicata promulgò la legge n. 41 con la quale deliberava l'acquisto ed il restauro del castello marchesale. In seguito, la domus federiciana ha ottenuto un finanziamento regionale consistente (2 milioni di euro) per la sua ristrutturazione. Attualmente è in condizioni di incuria e abbandono che farebbero rivoltare nella tomba sia l'imperatore che Manfredi. La vicenda giudiziaria che l'avvolge – pende un ricorso dinnanzi alle autorità di giustizia amministrativa da parte di una ditta che ha perso la gara di appalto – si spera che non si protragga più del dovuto. Pena, il crollo di mura e tetti ormai stanchi di aspettare.
Se la passa un pò meglio il castello di Monteserico. La struttura nasce in epoca normanna nell'XI–XII secolo dopo Cristo, a circa 15 chilometri a est di Genzano di Lucania. Citato nello "Statuto" come domus, il castello di Monteserico diventa uno dei capisaldi della complessa struttura amministrativa che gestiva il vasto demanio regio di Puglia e Basilicata, organizzato per l'allevamento dei cavalli e la produzione di granaglie. Dopo la gestione degli Angioni la struttura sarà ulteriormente potenziata, nel XV secolo, dagli Aragonesi.
Tra il XV e il XVI secolo fu rafforzate e consolidata, tra l'altro, la cortina muraria. Nel 1507 fu affidato a Isabella D'Aragona e poi alla figlia, Bona Sforza, per poi, alla morte di quest'ultima, tornare al Regio Fisco. Dopo varie vicissitudini, il castello fu ceduto nel 1875 alla famiglia Cafiero di Barletta. Il 3 marzo 1913 l'antico castello fu dichiarato di importante interesse storico.
Nel 1969 il castello subisce il crollo dell'ala nord e il cedimento del perimetro murario e delle volte dell'angolo sud-ovest. Nuovi crolli e lesioni gravi a tutta la struttura si verificano col terremoto del 1980. Nel 1989 il castello fu acquistato dal comune di Genzano. Circa dieci anni dopo la Soprintendenza per i Beni architettonici e per il Paesaggio della Basilicata effettua lavori di rapido intervento per la messa in sicurezza dell'edificio. Nel triennio 1999-2001 sempre la Soprintendenza realizza lavori di consolidamento e di ricostruzione di alcune parti come quelle della cortina muraria. Nel 2002 è stato redatto il progetto definitivo di restauro e di recupero funzionale della struttura. Il progetto è stato finanziato (accordo di programma quadro tra il Ministrero per i Beni e le Attività culturali e la regione Basilicata) per un importo di oltre due milioni di euro. L'intervento di restauro è iniziato nel 2005 ed è tuttora in corso.
Rispetto alle prime due domus, il palazzo ducale di Lavello sembra in condizioni migliori. Riguardo alle notizie storiche si può ritenere che il primo nucleo del castello risalga proprio al periodo normanno (1046-1057 in coincidenza col periodo di reggenza di Umfredo). Nato come "castrum", le varie manomissioni seguenti hanno reso impossibile l'identificazione del nucleo normanno.
La struttura subisce nel periodo federiciano (1220-1250) una trasformazione e passa da manufatto militare a vera e propria domus. Le caratteristiche di domus ci sono tutte. Innanzitutto i due piani. Il primo dedicato ai magazzini e alle stalle. Il secondo utilizzato come abitazione. Appare anche la terrazza panoramica destinata a sorvegliare il territorio circostante. Dopo la parentesi con Carlo D'Angiò (la domus in questo periodo sembra che sia stata del tutto distrutta) nei primi decenni del Quattrocento si eseguono consistenti lavori che avvicinano la struttura ad un Palazzo ducale.
Ed è sotto i casati degli Orsini – Del Balzo e dei Del Tufo che il castello prenderà la forma che, nella sostanza, mantiene oggi. Il primo intervento di restauro è stato compiuto nel 1986 ed è stato finalizzato al consolidamento degli ambienti già in parte ospitanti gli uffici del Comune. L'ultimo, nel 1993, ha riguardato la ristrutturazione dei locali a piano terra. Molto resta però ancora da fare.
Tre castelli e tre diverse emergenze. Un patrimonio giunto dal passato che meriterebbe una più giusta considerazione del presente. (M.C.)
Bibliografia:
- Eduard Sthamer, L'amministrazione dei castelli nel Regno di Sicilia sotto Federico II e Carlo I d'Angiò, Bari, ed. M. Adda, 1995
- M. Cristallo, Nei Castelli di Puglia, Mario Adda Editore, Bari, 1995
- S. Russo, Federico II di Svevia, Viaggio intorno all'imperatore, Foggia, 1995
- L. Capaldo e A. Ciarallo, Federico II a Melfi. Pubblicato dalla rivista Oltre n° 1/95 Napoli
- Alberto Gentile, Itinerari federiciani, Malacoda bimestrale di varia umanità n° 79 anno XIV - Luglio-Agosto 1998, Parma
- AA.VV. Federico II. "Castra ipsa possunt et debent reparari". Indagini conoscitive e metodologie di restauro delle strutture castellane normanno-sveve/3. 2 volumi.Atti di convegno. Roma, Edizioni De Luca, 1998
- Gambardella Alfonso (cur.), Federico II. Cultura artistica, città e architettura nell'età federiciana/6,Roma, Edizioni De Luca, 2000
- Iorio Raffaele, Nei castelli di Federico II. Ospiti od ostaggi. Storia e Arte bitontina, 1993
- Ulianich Boris, Vitolo Giovanni (cur.), Federico II. Castelli e cinte murarie nell'età di Federico II/7,Roma, Edizioni De Luca, 2001
- Zecchino Ortensio, Le Edizioni delle "Constitutiones" di Federico II. Roma, Edizioni De Luca
- Giordano Ruffo, Nelle Scuderie di Federico II ovvero L'Arte di Curare il Cavallo, a cura di Maria Anna Causati Vanni, Editrice Vela, Velletri, 1999