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(RI) SIMBOLI DI MATERA E POTENZA: IL BUE E IL LEONE

20 dicembre 2006

© 2013 - matera_gonfalone.jpg

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(ACR) - Giacomo Racioppi, in "Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata" (pubblicato nel 1889), sostiene che la maggior parte degli stemmi delle città, in uso dal XV secolo in poi, fossero, per nella maggior parte dei casi, "arme parlanti". Attraverso le sue testuali parole si può ben comprendere il meccanismo di ideazione e costruzione di simili immagini volute perché fossero, per vezzo medievale, identificative di una città: "a tradurre il suono della parola in un geroglifico adeguato, arzigogolato di qua e di là, i facitori di stemmi per lo più ricorrevano al greco e qualche volta a degli eruditi epicoreii che avevano la loro storia bella e fatta sulle origini del paese". Gli stemmi municipali risultavano essere, dunque, "forzati connubii di parole esotiche o artifiziato di un dato di storia locale più o meno autentica". Racioppi riporta, inoltre, in una puntuale elencazione, la descrizione dei principali stemmi dei comuni della Basilicata e tra questi, al proposito, si ricordano gli quelli che risultavano essere "arme parlanti" di: Abriola, con un cinghiale ai piedi di una quercia su tre monti ricondotto alle parole greche aper (cinghiale) + iola; Acerenza, con le due mani congiunte tenenti una rosa e le lettere M.F., cioè "Maxima Fides", che riconducono al nome latino della città "Acherusia" da "acheros" che significa "moncherino", in dialetto "mano-mozza"; Avigliano, con l'albero di "avellana" su quattro monti e due leoni rampanti ai piedi; Barile, con due alberi di abete su un monte sono posti un "barile" e dei grappoli d'uva; Lauria, con un basilisco che si afferra ad un "lauro", col il motto "noli me tangere"; Missanello, con cinque mandorle o più precisamente "ghiande missili", come quelle usate dagli antichi frombolieri romani o italici armati di fionda; Pietragalla, con un "gallo" su tre monti e in questi incluse tre torri. Arma parlante, sempre secondo Racioppi, è anche lo stemma della città di Matera, ma non quello di Potenza. Lo stemma di Matera raffigura un bue con tre spighe di grano in bocca, la lettera "M" in alto, in direzione del corpo del bue e in argento il motto "bos lassus firmius figit pedem" e, infine, una corona murale a tre torri nella parte superiore. Secondo Racioppi, dunque, dalla raffigurazione è facilmente deducibile il nome di "Matera": la lettera "M" sarebbe l'iniziale del nome della città, anche se, secondo altre interpretazioni, potrebbe indicare anche la parola "Municipio"; le spighe in bocca al bue, invece, aggiungerebbero l'altra parte del nome della città: da "spiga" che in greco si dice "Ather - Eros" e quindi: "M" + "ather-eros" si ottiene "Matera". Il bue, invece, ricorderebbe l'antica famiglia Del Balzo (baux - bos), feudatari della città nel XV secolo proprio quando sarebbe nato lo stemma. Inoltre, la corona regale che il bue ha sulla testa indicherebbe che la città era libera, cioè non appartenente ad alcun feudatario, ma dipendente direttamente dalla corona, cioè dal Re: infatti, la corona è gigliata, cioè murale a tre torri, proprio come quella degli Angioini, a ricordare, dunque, la loro presenza nella città. Ma a descrivere e a dare testimonianza dello stemma della città di Matera, ben prima di Racioppi, sono, intorno alla fine del XIX, lo storico Michele La Cava e il Conte Giuseppe Gattini, il quale, in particolare, da esperto araldista, precisa che l'immagine del bue per alcuni storici sarebbe da riferire alla leggenda che racconta di Matera che accolse i Metapontini, dopo la distruzione da parte di Annibale della città jonica, che aveva proprio il bue nel suo emblema; mentre per altri storici, sarebbe da ricondurre all'antico utilizzo di monete raffiguranti proprio questo animale. Nell'area di Thurium (Sibari), infatti, sono state rinvenute monete d'oro che sul fondo azzurro recano inciso un bue d'argento con tre spighe in bocca, sulle corna una corona gigliata, ossia reale Angiona, la lettera "M" e in argento il motto "Bos lassus firmius figit pedem". Ma l'immagine del bue è, più concretamente, riferibile all'industria armentizia in passato molto fiorente in tutta l'area, mentre quella delle spighe è certamente simbolo di fertilità legato agli estesi campi grano della zona: rappresentazioni di spighe di grano sono ricorrenti anche su monete ritrovate nell'area dell'antica di Metaponto, a testimonianza del significato simbolico e largamente diffuso legato, dunque, alla coltivazione di questo cereale. L'archivista e professore Antonino Tripepi, nel saggio intitolato "Curiosità storiche di Basilicata" (pubblicato nel 1915), si sofferma, tanto sullo stemma della Provincia di Basilicata raffigurante l'aquila coronata, che è "arma parlante", quanto su quello della città di Potenza, che "arma parlante", invece, non è. Tripepi riferisce dell'errore interpretativo riguardo all'Arma blasonica di Potenza che egli stesso si impegna a chiarire e auspica non sia più ripetuto: il leone rampante non sale una scala, ma ha alle spalle una banda rossa trasversale. A cadere per primo nell'errore interpretativo è stato Michele La Cava che, nell'opuscolo sugli stemmi comunali di tutta la provincia ("Gli stemmi della Provincia di Potenza", 1884), per quello di Potenza indicava: "Leone coronato gradiente su di una scala. Leone e corona color oro, scala legno, campo cielo. La corona è da Conte. Nel basso rilievo in pietra calcarea che trovasi sull'alto della porta Municipale evvi in aggiunta una stella". Così, anche Racioppi, poco più tardi, attingendo da lui, è stato trascinato nell'errore del "leone su di una scala" e, nella sua descrizione, le stelle diventano tre. Così, Tripepi, si affida a "l'illustre senatore" Giuseppe Gattini che, in "Le armi dei Comuni della Provincia di Basilicata", pubblicato nel 1909, spiega: l'arma di Potenza è "d'azzurro ad un leone coronato d'oro, sostenuto da una banda abbassata e cucita di rosso, e sormontato nel capo da tre stelle d'argento" e aggiunge che "ivi le stelle mancano la banda è mutata in scala forse perché così interpretate le lineette con che era segnato in qualche stampa il rosso". La scala, insomma, non è altro che una fascia rossa e gli scalini non sono altro che le linee che nelle stampe, nelle riproduzioni in marmo o in pietra o in metallo, sono utilizzate a marcare il colore rosso, così come le orizzontali esprimono l'azzurro e le oblique il verde. Secondo l'interpretazione di Tripepi il colore azzurro dello sfondo è da riferire al colore dello stemma dei Caracciolo; le tre stelle sovrastanti il leone ricordano i tre leoni nell'emblema nobiliare di Filippo de Lanoy, marito di Porzia di Guevara e già Conte di Potenza ed, infine, il colore rosso della banda trasversale deriva dal simbolo dello stemma dei Sanseverino, antichi feudatari della città. Tra '800 e '900 risultano tantissime le varianti dello stemma potentino: la banda trasversale alcune volte è posta dietro, altre volte avanti, altre ancora sotto il leone rampante; il numero delle stelle varia da una a tre; la sagoma dello scudo varia dall'ovale al quello di tipo "sannitico", quadrato nella parte superiore e arrotondato e aguzzo all'estremità inferiore. Poi, nel corso del ventennio fascista, in seguito ai decreti che riconoscevano gli stemmi per le Province, Comuni, Opere Pie ed Enti morali e autorizzavano ad assumere il "Capo del Littorio" negli emblemi, si ebbero ulteriori aggiunte di elementi grafici nello stemma della città: la scritta "Civitas Potentina", due rami di quercia e d'alloro nella parte inferiore dello stemma e il fascio littorio posto sulla testa del leone rampante coronato, oltre alle tre stelle. E' da sottolineare, infine, che la corona posta in capo al leone è sempre costituita da cinque torri merlate, perché si tratta dello stemma di ente territoriale e non gentilizio: simile è lo stemma posto sul frontone del Teatro Stabile, nella piazza principale della città, che raffigura un grande scudo di tipo "sagomato con anse, curve e spigoli" con un leone sovrastato da due stelle, rampante su una banda rossa e in alto la corona con cinque torri. (C.L.)

Fonti:

  • Giacomo Racioppi, "Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata" vol.II, Antonio Capuano Editore, 1889
  • Michele La Cava, "Gli stemmi della Provincia e Comuni della Basilicata", Tipografia dell'Economia e del Lavoro, Potenza, 1884
  • Giuseppe Gattini, "Delle armi de' Comuni della Provincia di Basilicata", Matera 1910
  • http://www.comune.potenza.it/citta/stemma/
  • http://www.sassiweb.it/info/

Redazione Consiglio Informa

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