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(RI) FORZA DELLE IMMAGINI: BASILICATA AQUILA REGALE
20 dicembre 2006
(ACR) - Nella vita di ogni giorno immagini, loghi, marchi e, in generale, simboli sono presenti ovunque in maniera pressoché massiccia.
La pubblicità è la più moderna delle arti e, come uno "specchio quotidiano, fedele o distorcente, dei nostri gusti, delle nostre idee", attraverso le immagini, trasforma i prodotti in segni cui attribuisce un senso riverberando, sulla fisicità di questi, significati simbolici che conferiscono connotazioni rilevanti, seduttive, di prestigio, di riconoscimento sociale. Ma le immagini, che la pubblicità abilmente utilizza per il raggiungimento di fini, prevalentemente, economici e commerciali, accompagnano la storia dell'umanità lungo l'intero arco della sua evoluzione, sin dalle antichissime incisioni nelle caverne preistoriche e la forza comunicativa delle immagini risulta particolarmente evidente già nell'antichità classica: nel Filebo di Platone, Socrate spiega l'intrinseca bellezza delle forme geometriche semplici, idonee a sintetizzare concetti. Di certo, la capacità di veicolare significati attraverso le immagini non è sfuggita alle Religioni che, seppur in certi tempi le abbia osteggiate, e non poco, ne ha fatto potenti strumenti nelle sue mani: di immagini sacre sono piene le chiese, di simboli i rituali e di rappresentazioni allegoriche le parabole e i Testi Sacri. D'altronde, il linguaggio visivo risulta essere il più istintivo e naturale nel processo associativo e di sviluppo di un bambino: ogni processo visivo a livello percettivo consente di riconoscere una figura e, in un incessante processo semiotico, è successivamente integrato da un lavoro di nominazione e traduzione verbale dell'idea dal codice visivo, appunto, al codice linguistico. Nel rapporto tra iconico e verbale, tra parola e pensiero, si genera uno slittamento di forma e senso, dal pensiero verticale a quello laterale, cioè tra pensiero logico (emisfero sinistro) e quello associativo (emisfero destro).
Ogni insieme geometrico costituito da linee orizzontali, diagonali, spezzate o curve, punti, superfici, spazi pieni o vuoti dalle svariate sfumature di colori, dando vita a connotazioni figurative, inevitabilmente, esprime concetti ed è portatore di significati: proprio le forme elementari si prestano ad adattamenti mentali di ogni tipo, attraverso meccanismi di associazioni e slittamenti di senso.
Wassily Kandinsky, considerato uno dei più grandi pittori del '900, ha tracciato la strada per una vera e propria scienza dell'arte, quasi una "metafisica della forma" costruita sulla base degli elementi grafici minimali, cioè il punto, la linea e la superficie: tali elementi risultano essere basilari tanto nella pittura, quanto nelle posizioni della danza, nei ritmi della musica e in ciascun elemento naturale, fino a diventare manifestazioni significanti dell'intera realtà. Così, per Kandinsky ogni forma vive di tensioni di forze ed è possibile "entrare nell'opera d'arte, diventare attivi in essa e vivere il suo pulsare con tutti i sensi". Insomma, l'intera esistenza dell'uomo non può prescindere da simboli e immagini costantemente presenti nella sua vita: simboli e immagini hanno un ruolo molto importante, ieri come oggi, e sono ovunque, così come afferma, a tal proposito, Andy Warhol: "Non è forse la vita una serie di immagini che cambiano solo nel modo di ripetersi?".
Di immagini è piena non solo la vita dell'uomo, ma anche la storia dei popoli e delle nazioni. In particolare, la storia dell'Italia è, sostanzialmente, storia di simboli: dalle insegne delle comunità cittadine del Medioevo agli stemmi gentilizi delle Signorie, dai vessilli delle Repubbliche marinare a quelli delle opposte fazioni di Guelfi e Ghibellini, dai gonfaloni dei capoluoghi di provincia alle monete e ai francobolli, dalle icone di santi e patroni agli ex voto delle tradizioni popolari, dai monumenti d'arte all'inno di Mameli, dal saluto fascista alla bandiera verde della Padana, dal tricolore nazionale alla maglia azzurra.
Simboli di diverso genere hanno accompagnato l'intero processo di crescita di un paese "multinazionale", quale è l'Italia, che, dall'unificazione ad oggi, continua a nutrirsi di simboli che comunicano incessantemente appartenenze e identità.
E' lecito credere, infatti, che parallelamente al processo di unificazione nazionale e a livello più profondo, abbia agito un processo di costruzione di identità nelle diverse realtà locali che, nel corso dei secoli, si sono ritrovate in un unico contesto condiviso ed aggregante, quello dell'Unità nazionale.
Stemmi e blasoni compaiono, prima, come sigilli dei nobili, vescovi e abati, poi, nelle figure naturali e mostruose, come ornamenti e segni di riconoscimento su scudi, elmi e armi. A partire dal XV secolo, con il riordino delle province del regno di Napoli, sotto il dominio aragonese, e in conseguenza al dilagare della mania araldica, già diffusa tra i ceti nobiliari napoletani all'epoca degli Spagnoli, gli stemmi diventano identificativi anche delle singole Province e Città.
Gli stemmi municipali associati a terre o città, fino al secolo XVII, sono, prevalentemente, "armi parlanti", costruite, cioè, attraverso eruditi artifici etimologici, in cui il suono dell'immagine raffigurata richiama il nome del territorio e ricordano episodi, più o meno autentici, della storia locale.
A dare chiara testimonianza dell'antica arma blasonica della Provincia della Basilicata è Ottavio Beltrani, nel saggio intitolato "Breve descrizione del Regno di Napoli" (pubblicato nel 1635), così come quanto riportato dall'autorevole storico Giacomo Racioppi, in "Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata" (pubblicato nel 1889): "la Basilicata fa per arme una mezza aquila coronata, fulva o chiara, con tre onde di sotto, il resto del campo di oro. La quale insegna altro non significa che la vittoria che i Lucani ebbero discacciando dal loro territorio i Greci; onde il luogotenente dell'imperatore di Costantinopoli, fuggendo con gli altri capitani, si annegarono nel fiume Bradano".
In quanto "arma parlante", dunque, la ragione della scelta dell'immagine dell'aquila reale sarebbe da ricercare nell'etimologia greca "basilice" (regale) + "aetos" (aquila) in perfetta assonanza con il nome della Provincia, appunto "Basilicata". L'aquila coronata, inoltre, intenderebbe richiamare l'episodio di un tale capitano dei Greci messo in fuga dai Lucani e morto annegato nel Bradano: le tre onde poste sotto l'aquila, infatti, rappresenterebbero i tre maggiori fiumi della regione, Basento, Agri e Sinni che, escludendo proprio il Bradano, testimoniano come lo stemma sia stato inventato prima che Matera entrasse a far parte della circoscrizione della Provincia.
Anni più tardi, Antonio Tripepi, assunto dal Consiglio Provinciale di Potenza con delibera del 15.8.1897, come Direttore dell'Archivio Provinciale, nel suo libro dedicato a Giustino Fortunato, dal titolo "Curiosità storiche della Basilicata" (pubblicato nel 1916), dichiara precisamente di essere stato incaricato, lui "povero archivista", di "indagare e trovare il vero stemma della provincia" e di "compiere lavoro di ricerca positiva in documenti d'archivio e polverosi volumi di biblioteche". Così, Tripepi risalì al primo degli storici napoletani ad aver pubblicato gli stemmi del regno di Napoli: Scipione Mazzella, nel 1597, reca testimonianza del disegno dello stemma dei Basilicata "la mezza aquila fulva, chiara, coronata con tre tondi di sotto di color azzurro, tutto il resto del campo è d'oro". Lo stesso Mazzella riferisce della vittoria che i Lucani ebbero sul luogotenente dell'Imperatore di Costantinopoli e, dunque, è lui la fonte da cui hanno attinto, successivamente, Beltrani, prima, e Racioppi, dopo.
Dunque, come riferisce Tripepi, dall'originario disegno di Manzella, fu riprodotto lo stemma ufficiale della Provincia di Basilicata che fu esposto ufficialmente, per la prima volta, il 20 settembre 1898, in occasione dell'inaugurazione della grande aula del Consiglio: "smerigliato sul vetro del lucernaio, apparve lo stemma della Provincia, in un disegno nuovo tolto dalla Descrittione del Regno di Napoli di Scipione Mazzella".
La mezza aquila coronata con tre onde è ancora oggi l'immagine della Provincia di Potenza. Essenziale e non figurativo, invece, è stato voluto il marchio della Regione Basilicata istituito con apposita legge regionale n°12 del 1978 e composto da quattro linee ondulate blu su fondo azzurro e, di sotto, la scritta "Regione Basilicata". L'elemento grafico delle linee simboleggianti i fiumi rimane, dunque, ancora oggi centrale nello stemma della Basilicata, ma da tre sono diventate quattro perché il territorio regionale si estende, ormai, fino a comprendere la Provincia di Matera e, dunque, oltre al Basento, Agri e Sinni c'è anche il Bradano: continua, allora, a rimanere prezioso per questa terra il significato simbolico associato all'immagine dei suoi maggiori corsi d'acqua, innegabile risorsa e anche… provvida salvezza dai Greci invasori. (C.L.)
Fonti:
- Antonino Tripepi, "Curiosità storiche di Basilicata", Vincenzo Garramone Editore, 1915
- Michele Lacava, "Gli stemmi della Provincia e Comuni della Basilicata", Tipografia dell'Economia e del Lavoro, Potenza, 1884
- Scipione Mazzella, "Descrizione del Regno di Napoli", Napoli,1601
- Giacomo Racioppi, "Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata" vol.II, Antonio Capuano Editore, 1889
- Ave Appiano, "Manuale d'Immagine", Roma, Meltemi, 1999
- Giampaolo Fabris, "La pubblicità: teorie e prassi", Franco Angeli, 1997
- Wassily Kandinsky, "Punto, linea, superficie", Adelphi Edizioni, 1968