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(RI) IL RUOLO DELLA BORGHESIA OTTOCENTESCA NELLA MODERNIZZAZIONE DELLA BASILICATA
20 dicembre 2006
(ACR) - "La vera immagine del passato guizza via. È solo come immagine che balena, per non più comparire. Proprio nell'attimo della sua conoscibilità che il passato è da trattenere". Walter Benjamin, "Sul concetto di storia", non aveva dubbi. Così, ogni epoca ha la sua storiografia. Ogni età ha una possibilità di riflettere sulla storia della propria Regione in maniera originale e caratteristica.
Uno scorcio importante di questa storia è possibile apprezzarlo con la mostra "La borghesia tra Ottocento e Novecento in Basilicata, storie di famiglia" allestita nella Pinacoteca provinciale e promossa dalla Rete della cultura della provincia di Potenza in collaborazione con il Centro annali per una Storia sociale della Basilicata. La mostra è aperta fino al 7 gennaio 2007, dal martedì alla domenica, dalle ore 8 alle ore 13 e dalle 16 alle 19.
L'esposizione intende risistemare le biografie di personaggi e famiglie poco note che hanno dato, attraverso il ruolo di guida, un indispensabile contribuito nella trasformazione della Basilicata.
Quello del ruolo della borghesia in questa "missione" è quindi di non poco rilievo se si considerasse che non è lontano il tempo in cui la visione della storia della Basilicata era vista e vissuta secondo schemi che accentuavano il contrasto tra le classi sociali, tra ceti popolari e ceti borghesi, rappresentati dai gruppi dirigenti.
Si è, così, consapevoli che ci sono state trasformazioni profonde di cui si sta prendendo atto, adesso, anche e soprattutto attraverso queste importanti ricostruzioni storiche. Trasformazioni che hanno riguardato la formazione e il ruolo delle classi dirigenti a partire dall'ultimo scorcio del Settecento, ma che hanno svolto un ruolo determinante anche nel secolo successivo.
La Basilicata, fondamentalmente dell'Ottocento, si è svincolata dalla ricostruzione storica delle questioni specifiche dell'Unità nazionale. Fatto questo che ha dato un quadro dei dirigenti lucani molto più "mosso", molto meno scontato rispetto alla storiografia tradizionale sulla Basilicata, presentandola al di fuori degli schemi e degli stereotipi ai quali per molto tempo ci ha abituati. Una svolta nella storiografia, certo.
L'Ottocento è un secolo di ricambio della classe dirigente, di stentato percorso verso la modernizzazione nel quale l'attivismo della nascente borghesia, si diceva, è stato determinante.
Alcune delle famiglie più influenti del Settecento e Ottocento lucano sono state: "Attive nel trainare masse, ceti, istituzioni verso la trasformazione dell'assetto cronicamente arretrato di una Regione, per non tenerla appartata da nuovi ordini di tempi e di cose… e che ha tentato di rintracciare, come aspetto peculiare delle vicende biografiche di alcuni esponenti della classe borghese, il comune progetto di trasformazione economica e civile della Basilicata", per dirla con Antonio Libutti del Centro annali per la storia sociale della Basilicata.
Famiglie imprenditoriali, manager di imprese, che nel corso dei secoli Diciottesimo, Diciannovesimo e Ventesimo si sono misurate con la rottura di vecchi stili di vita e con le tematiche della modernità in cui emergono preponderanti modi e nodi dell'ascesa di nuclei di borghesia in alcune realtà comunali della nostra Regione.
Ci sono tanti esempi, tante eccezioni e "duplici ostilità". Si pensi a Giustino Fortunato e a quello che con lucidità scientifica Nino Calice definisce "trauma privato e politico che investì Fortunato". "L'insistenza – scrive Calice – sulle radici sociali del brigantaggio e sull'endemico ribellismo delle plebi rurali, misere ignoranti abbruttite, servì al Fortunato per negare o per svalutare il significato politico dell'opposizione e della resistenza nel Mezzogiorno all'unificazione, con ciò contribuendo ad assolvere anche, indirettamente, i suoi avi dall'accusa infamante di sedizione politica". E ancora: "Quella svalutazione politica, inoltre, non solo in sé comprendeva la tenace e ricorrente convinzione dell'equazione contadini = briganti, ma la profonda diffidenza del grande borghese nei confronti delle qualità morali e politiche, delle qualità di classe dirigente, dei ceti dominanti meridionali, essi stessi responsabili di quelle rivolte per la loro incapacità di assumere la tutela e la guida dei contadini".
Famiglie come quelle dei Ricciuti, dei Ciccotti, dei Mennuni o dei d'Errico, all'interno delle quali, pur essendo forte la struttura di ceti agrari, si è evidenziata, con forza, una pletora di altri interessi e di altri profili così come di un impegno di altro tipo: l'appartenenza ai ceti urbani. La presenza della famiglia d'Errico a Palazzo San Gervasio, per esempio, ha rappresentato un primo segno di rottura rispetto allo schematico rapporto borghesia – terra da parte di una delle maggiori famiglie lucane dell'Ottocento con spiccati interessi culturali che è difficile trovare altrove.
"Mi compiaccio che Camillo abbia acquistato passione per queste cose e solo desidero che componga ora una Biblioteca di opere utili, cominciando, però, dall'istruirsi de' principi della botanica, della chimica, della geologia e dell'agricoltura, senza di cui sarà sempre imperfetto quello che farà…", scriveva Vincenzo d'Errico (1798-1855), deputato al Parlamento napoletano, attivista nei moti del 1820 e promotore di una politica sociale di rilievo a favore della Basilicata. La questione relativa alla Pinacoteca d'Errico, poi, è un segno tangibile. La considerazione che la collezione d'Errico abbia nella storia delle collezioni d'arte del Mezzogiorno d'Italia una peculiarità che la pone al di fuori di ogni stereotipo, è importante per molti aspetti.
È importante perché, mentre siamo stati abituati a guardare alla storia dell'arte nel Sud come caratterizzata esclusivamente dal sacro, invece la Pinacoteca si poneva e si pone con caratteristiche borghesi ed anche laiche.
Emerge, insomma, anche il filo conduttore di una società laica forte in Basilicata, rappresentata anche dai d'Errico. Nella Basilicata dell'Ottocento vi era un processo di differenziazione, rispetto alle epoche precedenti, nelle quali l'impronta religiosa ed ecclesiastica erano assolutamente prevalenti.
La spina dorsale della borghesia lucana è anche la libera professione. Nel senso che, all'interno di molte famiglie ci si rese subito conto che bisognava imboccare questa strada. La scienza medica, la cultura e poi professioni come quelle dei notai e degli avvocati furono le più caratterizzanti.
La formazione della borghesia potentina e il riformismo potentino costituiscono un'altra questione importante. La formazione socialista dei Ciccotti e su tutti di Ettore (1863 – 1939) è un grande e suggestivo esempio. Più volte deputato, Ettore Ciccoti fu anche senatore nel 1924. Curò le edizioni degli scritti di Marx, Engels e Lassalle. Sposato con Ernestina d'Errico, anch'ella traduttrice degli scritti di Marx dal tedesco all'italiano, si fece interprete e sostenitore di una maggiore attenzione da parte del Governo Zanardelli per la Basilicata.
Tracciare, lungo l'arco cronologico individuato, i percorsi complessi delle reti economiche, politiche e culturali che hanno legato la borghesia lucana alle comunità locali e sovralocali, non è facile, ma rappresenta una sfida che la moderna storiografia, anche locale, sta compiendo con importanti risultati scientifici. È questa, fondamentalmente, la storia di una Regione che non è espressa solo dal capoluogo, ma molto spesso, e in maniera tutto sommato incisiva, anche da centri e da gruppi che hanno un profondo radicamento locale.
Emerge anche il rapporto contraddittorio avuto da alcuni gruppi borghesi con i paradigmi della modernità, cosicché, pur restando legati alla rendita, si fanno propugnatori di una politica interclassista che cerca di limitare il peso della borghesia parassitaria e latifondista e che mostra una certa disponibilità a forme di modernizzazione di strati sociali più vasti in una struttura statuale interessata a livelli di sviluppo un po' più elevati rispetto a quelli verificati.
Nell'attività politico – amministrativa – che molto spesso gli esponenti più rappresentativi delle famiglie hanno esercitato per lungo tempo – alcuni di essi hanno cercato una trasversalità transfamiliare, hanno cioè provato a svincolarsi dai meccanismi familistici per conseguire una autonomia reale e realizzare in alcune realtà il sogno di una comunità più urbana e, forse, anche più moderna. (M.C.)
Bibliografia:
- Autori Vari, La Borghesia tra Ottocento e Novecento in Basilicata. Storie di famiglie. Ed. CalicEditori, 2006, Rionero
- Nino Calice, Ernesto e Giustino Fortunato, l'azienda di Gaudiano e il collegio di Melfi. Bari, De Donato, 1982
- W. Dilthey, Il secolo XVIII e il mondo storico, Milano, Lampugnani Nigri, 1963
- Nino Calice, Ettore Ciccotti, per un saggio sulla formazione dell'ideologia riformista, Manduria, Lacaita Editore, 1979
- W. Benjamin, Tesi sul concetto di storia, Einaudi, Torino 1997