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(RI) BANZI E LA TABULA BANTINA: UN LABORATORIO DI STORIA

21 marzo 2007

© 2013 - tabantin.jpg

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(ACR) - I secolo avanti Cristo: scoppia la Guerra Sociale. I Socii, popolo italico stanziato nell'Italia meridionale, chiedono a Roma l'estensione della cittadinanza romana anche alle loro città e province. Bantia, l'antica Banzi, è a capo di una confederazione osca, già in epoca pre-romana. Per soppravvivere al lento, ma inesorabile declino che la stava attanagliando – la vicina e più importante Venosa era da tempo centro di modernità e influenza socio–culturale che attirava popolazioni limitrofe e interesse da parte di Roma – non ha altra scelta che "romanizzarsi". È difficile per un popolo abdicare alla propria identità, ma le circostanze storiche e politiche plasmano i cambiamenti in maniera impercettibile e a volte crudele. La creazione del Templum auguraculum in terris – scoperto nel 1962 durante i lavori di scavo per la costruzione di una scuola materna – che sostituirà l'antica Ara sacra osco-lucana, è il primo significativo esempio di "conversione". Sarà seguito dalla pubblicizzazione delle norme contenute nella Tabula Bantina che comportò, dopo la guerra contro Roma, l'istituzione e la regolamentazione del municipium (municipio romano). La Tabula – un vero e proprio prototipo di statuto comunale, per come lo conosciamo oggi – è il più importante documento osco ritrovato. Lo dimostra la vasta bibliografia dedicatale che ne sottolinea, se ce ne fosse bisogno, il suo insestimabile significato archeologico. È una lastra di bronzo, in cui sono riportate scritte in lingua latina da un lato e in lingua osca con caratteri latini dall'altro. Di essa ci sono pervenuti due frammenti, ritrovati in epoche diverse, ma sempre nello stesso territorio, quello di Oppido Lucano. Il più grande, ritrovato nel 1790, misura 38 centimetri di altezza ed è largo 25, è attualmente conservato al Museo Nazionale di Napoli; il più piccolo è alto 12 centimetri e largo15,5. È stato rinvenuto nel 1967 ed è conservato nel museo di Venosa. Se da un lato il documento dimostra come un paese con origini etniche e antropologiche diverse possa adeguarsi alle regole e ai costumi appartenenti ad altre culture, dall'altro ha una valenza giuridica notevole, attraverso norme che anticipano e diffondono l'organizzazione romana delle province. Di non secondaria importanza, secondo alcuni autori, il fatto che esso rappresenti il modello anticipatore della nascita dei comuni in epoca medioevale. Ancora, Mario Torelli – scopritore assieme a Dinu Adamesteanu del secondo frammento della Tabula – ha ipotizzato come il documento sia stato addirittura scritto in una fase antecedente alla Guerra Sociale, con tutta una serie di conseguenze e considerazioni di più ampia portata che sottolineano, per dirla con Sebastiano Tafaro, docente di Istituzioni di diritto romano all'Università di Bari: "Il carattere autonomo delle disposizioni della Tabula Bantina, anche se in qualche misura ispirate o assimilate all'assetto di Roma e delle sue colonie". La "tavola" sembra riassumere il trapasso etnico–storico nella sua ambivalente struttura/conformazione. Se il lato latino presenta ancora molto dubbi di decifrazione – non si capisce ancora se le norme in essa contenute siano attribuibili alla sfera del diritto agrario o di un provvedimento giudiziario – la parte osca è più intellegibile anche se alcuni studiosi sono ancora molto prudenti nell'attribuire certezza assoluta al contenuto. Si tratta, così sembra, di un insieme di norme che regolano il municipio banzese. La traduzione proposta da Aldo Prosdocimi, maestro di studi italici, evidenzia come lo statuto possa essere diviso in sei temi salienti che sono: la limitazione del diritto di intercessione; le disposizioni sui comizi giudiziari (procedura penale); le disposizioni sul censo; la procedura civile e il cursus honorum ovvero le regole della carriera dei magistrati. Di seguito è riportata la traduzione di Prosdocimi, finora la più attendibile, anche se rimangono alcuni incertezze di interpretazione testuale (indicati con il simbolo dell'interrogativo, ndr). "...Se... il questore avrà irrogato la multa... giurerà di averlo fatto col consenso della maggioranza del senato, purchè non meno di quaranta siano i presenti quando la questione sarà discussa. Se qualcuno vorrà intercedere, prima (di intercedere) giurerà in comizio, scientemente senza frode, che egli impedisce quei comizi per il bene pubblico e non per il favore o l'odio contro qualcuno, e che egli fa ciò col consenso della maggioranza del senato. Non potrà tenere comizi nello stesso giorno colui al quale qualcuno impedisca i comizi in tal modo. Chiunque, dopo questa legge, voglia tenere comizi su questioni capitali o pecuniarie (?), farà in modo che il popolo emetta la sentenza dopo aver giurato che il suo giudizio riguardo a quelle cose corrisponde a quello che egli ritiene il bene pubblico e impedirà che qualcuno giuri in malafede. Se qualcuno avrà tenuto i comizio avrà agito contrariamente a queste norme, sarà la multa di tale entità: 2000 sesterzi. Se qualche magistrato volesse multarlo gli sia consentito multare purchè in misura inferiore. Se qualcuno "pro magisterio" avrà fissato ad un altro giorno (del comizio) per questioni capitali o pecuniarie, questi non potrà tenere i comizi se non quando avrà parlato (?) presso il popolo per quattro volte e il popolo non avrà appreso (?) il giorno stabilito (?). Quattro volte nè più di cinque egli discuterà con l'imputato prima di emettere la sentenza e quando infine avrà discusso con l'imputato da quel giorno per trenta giorni non potrà tenere comizi. Se qualcuno avrà agito contrariamente a queste norme, se qualche magistrato volesse multarlo gli sia consentito, purchè in misura inferiore, gli sia consentito. Quando i censori di Bantia faranno il censimento del popolo, chiunque sia cittadino bantino sia censito, egli e la sua proprietà secondo quella legge con la quale i censori avranno stabilito di censire. Ma se qualcuno non si presenterà al censimento per malafede e verrà convinto di questo, "pro magisterio" nel comizio sia venduto alla presenza del popolo senza frode e in base a offerta. L'intera famiglia e il suo patrimonio tutto quanto sarà in suo possesso che non sarà stato censito sarà pubblico. (Il) pretore o (il) prefetto che, dopo questa legge, saranno a Bantia, se qualcuno vorrà alla loro presenza agire legalmente con un altro "pro iudicato manum asserere" intorno a quelle cose che sono scritte in queste leggi, non glielo impedirà(nno ?) entro i primi dieci giorni. Se qualcuno contrariamente a queste norme farà impedimento, sarà la multa di tale entità: 1000 sesterzi e se qualche magistrato volesse multarlo gli sia consentito (purchè) in misura inferiore, gli sia consentito. (Nessuno sarà) pretore o censore a Bantia se non sarà stato questore, né sarà censore se non sarà stato pretore. E se qualcuno sarà stato pretore e se (qualcuno sarà stato censore e ) questore costui in seguito non sarà tribuno della plebe. Se mai qualcuno (contrariamente a queste norme divenmterà magistrato a) Bantia. Lo sarà diventato iniquamente...". Come ha ancora meglio specificato Tafaro: "Abbiamo solo pochi squarci dell'antico e più ampio provvedimento affisso in Bantia, la cui ricostruzione è affidata a testi per lo più brevissimi, i quali hanno dato vita a congetture più o meno persuasive ed a molteplici questioni, dalle quali tuttavia emerge l'importanza dei reperti. Da essi si è spesso partiti per cercare di approfondire la conoscenza della organizzazione e del modello politico–amministrativo delle comunità osche, dell'insediamento di Bantia, delle lingue italiche, dei rapporti di Roma con le città dell'Italia, in particolare con gli insediamenenti dei Lucani". Ed è proprio da questo punto di partenza che emergono alcuni presupposti essenziali per capire l'importanza dei bronzi pervenutici. "Il documento ha contribuito da subito al superamento delle teorie che consideravano le lingue italiche tutte derivate o dal latino o dall'etrusco", ha affermato Tafaro. Considerazione questa che ben si sposa con le tesi più recenti che vogliono rovesciare il rapporto Roma–Bantia per porre: "Come assunto di partenza la scoperta degli elementi osci e bantini ed interrogarsi su come essi sono stati romanizzati e se non abbiano influito su Roma". Un accento innovativo e suggestivo che fa capire quanto una seppur piccola realtà, come quella banzese, sia potuta esser stata, nell'una o nell'altra tesi, un laboratorio ancestrale della moderna concezione del Comune. (M.C.)

Bibliografia:

  • C.K. Andreau, Civiltà antiche del Medio Ofanto, Soprintendenza dell'Archeologia della Basilicata, Napoli, 1976
  • Aldo L. Prosdocimi, Popoli e civiltà dell'Italia antica", vol. VI, Biblioteca di Storia Patria, 1982
  • D. Adamesteanu-M. Torelli, Il nuovo frammento della Tabula Bantina", in Riv. Arch. Class. XXI, 1969
  • M. Torelli, Una nuova epigrafe di Bantia e la cronologia dello statuto municipale bantino" in Athenaeum, 67, 1983
  • Canio Franculli, Appunti di storia classica dell'undicesimo popolo lucano, in Bandusia, 2006
  • Sebastiano Tafaro, Considerazioni sulla Tabula Bantina (Osca), in Bandusia, 2006
  • G. Poma, Le istituzioni politiche del mondo romano", Bologna, Il Mulino,2002
  • www.amicidiursone.it
  • http://it.wikipedia.org/wiki/Tabula_Bantina
  • http://xoomer.alice.it/davmonac/sanniti/smbantin.html

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