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(RI) LIBERALIZZAZIONI, A MATERA QUATTRO NUOVI FORNI HAN PANE PER I PROPRI DENTI
21 giugno 2007
(ACR) -
Quando neanche un anno fa il Ministro per lo Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, scelse di estendere anche a loro, ai maestri dell'arte bianca, le nuove misure per la tutela del cittadino consumatore e della libera concorrenza contenute nel decreto legge datato 4 luglio 2006, la strategia che lo ispirava era tanto semplice quanto rivoluzionaria. Per attizzare il mercato del pane il Ministro esplorava la possibilità nuova di costruire un trampolino dove per troppo tempo non si era visto altro che un ostacolo. Con le nuove norme del cosiddetto decreto Bersani il settore della panificazione è entrato nell'azzardo e nella sfida, perché di questo si trattava: cancellare con un colpo di spugna ogni pretesa di contingentamento legale della produzione demandando alle sole dinamiche del mercato la facoltà di destreggiarsi tra quote e volumi produttivi o di vendite. Una scommessa vinta? Liberalizzazione è una parola dalle troppe facce, e per molti settori i risultati sono ancora sono di là da venire. La panificazione è solo uno di questi innumerevoli volti, ma di certo tra i più raggianti. Per averne conferma basta recarsi a Matera, dove batte il cuore pulsante di un business al galoppo, gonfio di orgoglio e di profitti: è il pane "made in Matera", un raffinato amalgama di insostituibili virtù nutritive e pregi dietetici e, da qualche tempo, anche appetitoso business reso incandescente dalla garanzia di una produzione indissolubilmente legata al territorio. Un prodotto di nicchia, ma ad alta qualità, targata Igp (Indicazione geografica protetta), attorno al quale è cresciuto col tempo un comparto segnato da ritmi di crescita esponenziali che ne hanno fatto un ricco piatto nel quale come api sul miele vorrebbero buttarsi in molti. Complici le cifre importanti relative alle vendite, nonché l'andamento del mercato pervaso ad ogni latitudine dall'esplosione della rivincita del pane che fu: l'ultima ricerca che sonda gli acquisti dei consumatori contenuta nel libro Pane e marketing, scritto da Carlo Meo ed edito da Agra, ha rivelato che al 96 per cento degli italiani, oggi, il pane piace fresco. Così, mentre la grande distribuzione langue costretta a rincorrere i clienti a suon di sconti, il fresco si conferma il più richiesto: secondo una ricerca realizzata da Astra più di due italiani su tre lo comprano tutti i giorni. Dati che ispirano fiducia per il futuro e che fanno del pane di Matera un "affare" appetito da molti tra imprenditori e panettieri, allettati dall'idea di tramutare in un business le conoscenze, la manualità e le selezionatissime materie prime del pane di una volta. E trattenuti al di qua del guado da una legislazione anacronistica che, considerando sempre e comunque rigida la domanda di pane, ha finito col rendere irrisorio il numero delle licenze ammissibili in modo da ripartire i redditi generabili sul minor numero possibile di esercenti. Le nuove norme sulle liberalizzazioni hanno provato a far saltare il fortino della difesa dello status quo e ad investire seriamente sulla vendibilità del prodotto. E così, a neanche un anno dall'introduzione delle nuove norme, i primi dati relativi alla sola città dei Sassi, diffusi dalla Federpanificatori materana, danno notizia di ben quattro aziende che solo grazie all'abolizione dei limiti alla concessione delle licenze hanno potuto perfezionare la propria attività ed intraprendere così l'attività di panificazione. "Si tratta – chiarisce Massimo Cifarelli, presidente dell'organizzazione – di quattro focaccerie che, non avendo ottenuto le vecchie licenze rilasciate dalla Camera di Commercio, avevano limitato la propria produzione ai soli prodotti derivati a base di cereali, come i biscotti e la pasticceria secca. Venuti meno i limiti al rilascio delle licenze queste quattro imprese hanno potuto inserire la voce pane nelle proprie autorizzazioni sanitarie e, dunque, intraprendere l'attività panaria".
Quattro aziende, quattro storie. Esemplari di come il decreto Bersani, stia seriamente provando a cambiare qualcosa in un mercato, quello del pane, al quale una ordinamento ormai superato dall'evoluzione dei mercati ha per troppo tempo impedito di stare al passo con i tempi.
Per oltre un cinquantennio a dettare le regole è stata in Italia una vecchia legge, la 1002, varata nel lontano 1956 e mai modificata nel corso degli ultimi quarant'anni nonostante gli innumerevoli cambiamenti del mercato e le innovazioni tecnologiche nei sistemi produttivi. La norma regolamentava minuziosamente numerosi aspetti dell'attività panaria e, naturalmente, divieti e autorizzazioni preventive finivano col farla da padrone. Ma, soprattutto, teneva banco nelle intenzioni del legislatore un argomento su tutti, quello che è poi il totem stesso di ogni mercato: la pianta organica degli esercizi, vale a dire il numero e la dislocazione degli esercizi sul territorio e per abitante. Il legislatore considerando rigida la domanda di pane bloccava le licenze che venivano rilasciate con il contagocce in modo da ripartire i redditi generabili sul minor numero possibile di esercenti. Il regime autorizzatorio faceva capo alle Camere di Commercio le quali assentivano all'apertura di nuovi panifici solo nel caso in cui il nuovo esercizio non alterasse in alcun modo "la densità dei panifici già esistenti ed il volume dei consumi all'interno della località nella quale fosse stata richiesta l'autorizzazione". Il successivo decreto attuativo chiariva che per "località" dovesse intendersi o un qualsiasi Comune (con meno di 50.000 abitanti), oppure la Circoscrizione amministrativa ove istituita, ai sensi della legge 142 del 1990. In più si precisava che per "densità" si definiva " il rapporto tra il volume di produzione reale dei panifici autorizzati ad insediarsi nella località ed il fabbisogno di pane della popolazione residente nella località"; in altri termini, la possibilità dell'apertura di un nuovo panificio era subordinata alla protezione dell'equilibrio di mercato tra la quantità di pane lavorata quotidianamente dai forni già esistenti od importata dall'esterno, e la richiesta giornaliera di pane avanzata dalla popolazione locale, (ciò che la legge chiama fabbisogno di pane) valutato dall'Istat nella forma di consumo giornaliero pro – capite espresso in grammi. Addirittura la stessa legge stabiliva che nessuna nuova autorizzazione potesse essere rilasciata per nuovi impianti "allocati ad una distanza di meno di 500 metri dal forno più vicino". La legge era ispirata da una filosofia: salvaguardare l'equilibrio di mercato tra domanda e offerta di pane all'interno delle singole comunità. La premura, però, ha finito con il creare un sistema bloccato nel quale il limite massimo di panifici per Comune o Circoscrizione amministrativa era definito una volta per tutte. Con buona pace dei panificatori, i quali vedevano così salvaguardati insieme il loro monopolio ed i loro guadagni, a totale scapito della competitività e della concorrenza all'interno del mercato: di fatto quello del pane è stato in Italia un sistema "artificiosamente privo di concorrenza" che in più casi ha impedito alle aziende di crescere e di svilupparsi, e nel quale, ad ogni modo, la competitività degli operatori restava legata unicamente al numero di concorrenti presenti sul mercato. Difficile, insomma, vista l'assenza oggettiva di concorrenza, che un mercato così strutturato potesse rivelarsi concorrenziale. Il decreto legge datato 4 luglio 2006 convertito in legge il 4 agosto scorso prevede all'articolo 4 l'abrogazione in toto della norma ormai obsoleta e la liberalizzazione dell'attività di panificazione: d'ora in avanti per l'impianto di un nuovo panificio – si legge nella norma – basterà presentare al Comune competente per territorio una "Dichiarazione di inizio attività" (la cosiddetta Dia) senza più barriere di qualsiasi natura, dall'allocazione fisica al fabbisogno di pane stimato per la comunità. Più un'altra interessante novità: la legge riconosce ai panificatori la possibilità prima esclusa di effettuare l'attività di vendita dei prodotti di propria produzione per il consumo immediato, "utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda". Le licenze dunque diventano illimitate sulla base di alcuni requisiti igienico - sanitari essenziali. Scopo: avviare un vasto programma di liberalizzazione nel settore della panificazione, avendo di mira la rimozione degli ostacoli e dei limiti che negli anni hanno reso assai poco concorrenziale il settore. Risultato: si scompagina la pianta organica e si assesta un colpo netto al monopolio. Scompaiono i vincoli, ed i limiti alla presenza di panifici diventano minimi facilitando l'impianto di nuovi corner e rendendo l'offerta per il cittadino migliore in termini di qualità e convenienza. Manna, dunque, anche per i fornai materani che hanno fatto della qualità non solo una bandiera, ma anche una strategia di crescita.
"La liberalizzazione del settore della panificazione non ci spaventa: il nostro impegno è un'arte più che un mestiere e dunque non potrà che trarre giovamento da una nuova e più vasta concorrenza", avvertiva, già all'indomani dell'approvazione della legge 248 la Federpanificatori materana. Difficile dargli torto visto che c'è chi raccogliendo il guanto ha accettato apertamente la sfida della qualità e della competizione.
Quando dieci mesi fa le liberalizzazioni fecero la propria irruzione sulla scena politica italiani in tanti differirono ogni apprezzamento al momento in cui fosse stato possibile misurare gli effetti del provvedimento. A dieci mesi dall'introduzione di quelle norme il caso di quattro nuove aziende che proprio la liberalizzazione ha spinto fin sulla soglia del business della panificazione sembrano suggerire che almeno su quel fronte, pur tra incognite vecchie e nuove, una porta, quella sì, è stata spalancata. (R.P.)
Fonti:
- "Pane all'esame della deregulation", di Massimo Agostani in Agrisole, del 15 settembre 2006
- Testo della legge 1052 del 31 luglio 1956 consultabile sul sito http://www.fo.camcom.it/trasversale/templ001/visual/documento_generico.jsp?htm
- Articolo 4 della legge 248 del 2006 consultabile sul sito http://www.sviluppoeconomico.gov.it/CittadinoConsumatore/ras.htm
- Dati provvisori sull'apertura di nuove imprese di panificazione, dati disponibili sul sito http://www.sviluppoeconomico.gov.it/CittadinoConsumatore/ras.htm
- http://www.artigiani.vi.it/CATEGORIE/ALIMENATRI/Notizie/dw_20_2220_13372
- http://www.popolis.it/printNotizia.aspx?IDNEWS=46005
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- http://tuttoconsumatori.it
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- http://cciaacb.tecnova.it