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(ACR) GENZANO DI LUCANIA: LA NOTTE DEL DISASTRO

14 febbraio 2008

© 2013 - 8albani.jpg

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(ACR) - Era un freddo 3 gennaio del 1906 quello in cui si consumò la tragedia di Genzano di Lucania. I primi giorni dell'anno erano stati piuttosto inclementi per il paese: neve e pioggia erano imperversate senza sosta. Quella sera un boato ruppe il silenzio irreale in cui era immersa la cittadina. La gente svegliata di soprassalto si diresse subito verso la zona da cui provenivano gli echi del disastro. Vico Metastasio e tre abitazioni dell'attuale paese vecchio erano state risucchiate nel Vallone dei Greci; i resti di altre quattro case erano pericolosamente in bilico sulla voragine.

Tra fango e detriti, giacevano i corpi di quindici vittime, tra cui otto bambini e ragazzi. Tra le giovani vittime, un fratello e una sorella furono trovati ancora abbracciati. L'aiuto di numerosi volontari provenienti anche dai comuni limitrofi e l'intervento dell'esercito consentirono di recuperare tutti i corpi dopo dieci giorni. Per i soccorsi ci fu una vera e propria gara di solidarietà tra i comuni limitrofi; i militari diedero il loro contributo. Nel totale sgomento cominciò dal quel momento l'opera di ricostruzione del borgo. Un muraglione fu innalzato per consolidare non solo la zona del Vallone dei Greci, ma anche altre parti vicine.

I finanziamenti necessari provenivano dalla legge Zanardelli (la legge 31/03/04 n. 140), ma anche da offerte dei cittadini e dei parlamentari italiani. Nell'aula di Montecitorio, alla notizia della tragedia ci fu costernazione e dolore e forse per la priva volta fu pronunciato il nome di Genzano di Lucania. Sua maestà, Vittorio Emanuele III, re d'Italia, inviò (come risulta da un articolo pubblicato dal Lucano del 27 febbraio 1906) alle famiglie colpite la somma una tantum di lire 1.000, importo ragguardevole per quei tempi, proveniente dai risparmi del re non certo dalle casse dello Stato. Il Vallone fu ricostruito. Vennero realizzate delle espropriazioni al fine di permettere i lavori di consolidamento.

Alcune case, quelle più pericolanti, furono abbattute nel 1910. In seguito, due anni dopo, fu portata a termine la regimentazione delle acque che scorrevano nella valle: era molto probabile che la lenta e costante erosione provocata dai rivoli aveva poi causato la frana. Tra le case demolite c'era anche quella di Pasquale Albani. Il poeta – morto giovanissimo nel 1897 – aveva dato lustro alla comunità genzanese con una raccolta di poesie, "I canti tristi", che tra l'altro includeva un sonetto dedicato a quelle casette che a distanza di alcuni anni finiranno in fondo al burrone. "Addio! O case candide sorgenti/sorgenti d'una verde collina sul pendio/dolci casette del paese mio/dove trassi i miei primi anni ridenti/, scriveva il poeta in "Lontano".

Come detto, fu possibile ricostruire l'intera zona solo grazie ai provvedimenti previsti dalla "legge speciale per la Basilicata". Nel 1902, tre parlamentari lucani – Ettore Ciccotti, Pietro Lacava e Michele Torraca – avevano chiesto a Giuseppe Zanardelli, l'allora presidente del consiglio, di visitare la Basilicata affinché potesse rendersi conto di persona dell'arretratezza in cui versava la regione. Sulle condizioni della Basilicata, sollecitato dalle denunce di autorevoli intellettuali, come Nitti e Fortunato, da numerose petizioni di Enti ed organismi locali e dai deputati lucani, pronunciò un discorso in Parlamento: "Io lamento – disse il presidente – le condizioni della Basilicata perché sono miserrime e perché effettivamente, quasi quasi non le comprendo, tanto lo stato presente di quella provincia è in disarmonia con la sua antica floridezza che i deputati della provincia conoscono meglio di me. Ad ogni modo quest'opera di redenzione per restituire la Basilicata al suo antichissimo splendore sarà certo negli intenti miei e del Ministero in quanto è possibile. Io dico, mi farò collaboratore dei deputati della Basilicata allo scopo di giovare a questa provincia e di restituirle le grandezze di un tempo".

Zanardelli, che in quel preciso momento storico aveva 76 anni e non godeva di buona salute, non avrebbe voluto spostarsi da Roma, ma la sua sensibilità di statista lo portò a compiere questo viaggio. Era il 17 settembre 1902. Visitò: Melfi, Venosa, Rionero in Vulture e Palazzo San Gervasio, tra gli altri. Il presidente dovette ricavare una impressione per molti versi negativa perché non appena rientrato a Roma predispose una legge che stanziava fondi per la ricostruzione della Basilicata, la legge 31/03/04 n. 140, che lui stesso non potette vedere pubblicata: lo statista morì il 26 dicembre 1903. Per dare completa attuazione al dispositivo, fu costituito un Commissariato Civile, con sede a Potenza, che adottò, a seguito del disastro, i provvedimenti necessari.

Il disastro del Vallone dei Greci è una storia locale, ma anche una triste pagine di storia lucana il cui significato celato è quello, sì, di riconsegnare un fatto drammatico alla memoria di una intera comunità, ma anche che sia da monito alle autorità sulle responsabilità di monitorare costantemente un dissesto idrogeologico che spesso e inaspettatamente presenta il conto in modo tragico. "Coloro i quali non conoscono la loro storia sono condannati a riviverla", diceva un noto storico francese e da questa affermazione si deve necessariamente trarre la forza ideale necessaria per sottrarre all'oblio un drammatico episodio che rischiava di intrappolarsi e avvolgersi nelle insicurezze della tradizione orale.

Consultati gli archivi, verificate le prove, stabiliti i fatti, la storia del Vallone dei Greci è stata consegnata all'attualità anche grazie all'opera di un ricercatore genzanese, Vincenzo Guglielmucci, che ha affermato: "Abbiamo il dovere di consegnare al prossimo, la memoria di noi stessi. Ho cercato, col piglio analitico e la passione dello storico e del ricercatore di ripercorrere tutte le tappe di una tragedia per riconsegnare al presente tutto il suo significato affinché si possa imparare per non sbagliare mai più".

Un segno tangibile del profondo rispetto nei confronti delle vittime di quel disastro. Carmela Nardulli, Ermina Nardulli, Teresa Nardulli, Vittoria Pepe, Maria Michela Lepore, Grazia Monteleone, Domenico Di Bono, Giovanni Di Bono, Rosa Di Bono, Carmela Di Bono, Maria Teodosia De Bonis, Rosa Di Bono, Pasqua Angioletti, Maria Carmela Angioletti e Giulia Bovio: nomi e persone per lungo tempo dimenticate.

Ora aspettano che il Comune eriga una lapide al ricordo. Non chiedono altro tranne che tornare a vivere. Nella memoria. (M.C.)

Fonti


  • Il disastro di Vallone dei Greci, una storia genzanese del '900, Vincenzo Guglielmucci, Genzano, 2004
  • "Una pagina tragica della storia di Genzano", Il Quotidiano della Basilicata, 8 agosto 2004.
  • "A Genzano, le vittime del disastro del 1906 restano in attesa di una lapide", di Gianrocco Guerriero, La Nuova del Sud, 31 gennaio 2006.
  • Biblioteca provinciale di Potenza, "Il Lucano" del 27 febbraio 1906.
  • "Le fonti archivistiche relative al viaggio di Zanardelli in Basilicata", a cura di Valeria Verrastro, in Archivio di Stato di Potenza
  • "Zanardelli e la Basilicata 100 anni dopo", atti convegno Matera, 29 gennaio 2003, a cura dell'Associazione degli ex parlamentari consiglieri regionali della Basilicata.



Redazione Consiglio Informa

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