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(ACR) IL SUINO LUCANO È NERO
21 aprile 2008
(ACR) - Recita un detto tradizionale: "del maiale non si butta via niente". Certo, perché del maiale si mangia tutto, sangue compreso. Di questa ben nota saggezza popolare se ne è riacquistata consapevolezza nella modernità, volendo ripopolare e rivalorizzare un'antica razza suina che, in passato, è stata la ricchezza degli allevatori lucani. Con questa finalità nasce il progetto per il "Reperimento e la diffusione dei suini a mantello nero allevati allo stato brado e simibrado in confronto con la razza bianca al fine di valorizzare la tipicità dei prodotti".
Il programma di ricerca è stato avviato nel 2003 ed è tutt'ora in corso presso l'azienda "Il Casone" della Comunità montana "Medio Basento" di Calle-Tricarico, che ospita gli unici 60 esemplari, tra maschi e femmine, ancora viventi in regione. Lo strumento che permetterà la "rinascita" del suino nero lucano è un'azione congiunta che ha determinato la stipula della convenzione tra il Dipartimento di Scienze delle Produzioni Animali dell'Università di Basilicata, nella figura del professor Emilio Gambacorta come responsabile scientifico, l'Associazione provinciale degli allevatori (Apa) come supporto tecnico, la Comunità Montana Medio Basento per la gestione delle attività di allevamento e l'Agenzia lucana di sviluppo e innovazione in agricoltura (Alsia) come ente finanziatore. L'obiettivo del progetto è quello di realizzare un centro di moltiplicazione e selezione del suino nero lucano per poi diffonderlo lungo l'intero territorio regionale. Successivamente, si prevede una fase di valutazione delle caratteristiche qualitative sia della carne sia dei prodotti trasformati. I salumi derivati dovranno essere trattati secondo "tecniche tradizionali" al fine di poter ottenere "prodotti tipici" di un'elevata qualità, supportati da marchi e certificazioni, sia per l'interesse dei consumatori locali che per ottenere una migliore sostenibilità da parte degli allevatori.
Il tutto a seguito della necessità sociale di salvaguardare la biodiversità e realizzare panieri di prodotti-qualità. Per ottenere lo scopo prefissato, il progetto si propone la valutazione delle prestazioni di suini in allevamento semibrado con un'attenta caratterizzazione dell'associazione flogistica della zona scelta per le attività di allevamento; segue un'azione di reperimento di testimonianze sull'allevamento del suino nero in Basilicata e il recupero di suini TGAA "Nero Lucano"; nonché la rilevazione di performance del suino in questione, abbinata a una caratterizzazione genetica e a un programma di accoppiamenti, per stabilizzare i caratteri morfologici e mantenere un minimo indispensabile di variabilità genetica.
L'allevamento del suino è stato di notevole importanza nell'economia meridionale, soprattutto per i piccoli agricoltori delle zone montuose, per i quali il capitale animale era molto ridotto e il maiale era la fondamentale risorsa di grasso e di carne dell'alimentazione famigliare.
Secondo l'etologo Faelli (1903), l'allevamento del suino in Italia è forse la più antica industria zootecnica. In alcuni documenti e reperti archeologici si rivela che, fin dal tempo dei Romani, l'attività di allevamento era effettuata in modo particolare nell'attuale Calabria, Basilicata, Campania, Umbria e Marche. Suini autoctoni popolavano l'Italia meridionale con denominazioni diverse, definite in relazione alla zona di allevamento e differenziatesi esclusivamente per effetto dei fattori ambientali e delle esigenze dei consumatori locali. La popolazione suina autoctona del Mezzogiorno continentale poteva essere rappresentata complessivamente da tre tipi morfologici: l' appulo-lucano, il calabro-lucano e il cavallino. Di questi sono scomparsi del tutto il primo ed il terzo tipo morfologico, mentre attualmente è presente, in pochi esemplari, solo il calabro-lucano (Parco Gallipoli Cognato).
La scomparsa quasi totale dei suini autoctoni lucani è dovuta all'evoluzione dei metodi agricoli e di allevamento. Infatti, fino a 50 anni fa, i suini allevati erano prevalentemente neri, sia perché si usava ancora il metodo della "spigolatura" e questi animali si impiegavano per raccogliere le spighe cadute ai mietitori nelle stoppie, e sia perché ancora gli animali si tenevano all'aperto. Il suino nero, proprio per la colorazione del suo mantello, risultava più resistente ai raggi solari e alle condizioni climatiche avverse, quindi con capacità d'adattamento notevoli rispetto alle altre razze. Ma, con il progredire dei metodi agricoli e l'incipiente orientamento degli allevatori a tenere il bestiame al chiuso, il suino nero viene scalzato dall'importazione e dall'acquisto del suino bianco, originario del Centro-Europa. Così comincia l'estinzione della razza suina autoctona lucana.
Rispetto al suino bianco, il suino nero riporta determinate caratteristiche sorte in relazione all'ambiente in cui vive, ovvero a rischio di siccità d'estate e povero di risorse d'inverno, a causa delle basse temperature. Per queste specificità, sia ambientali che climatiche, il tipo morfologico lucano ha dovuto sviluppare un'elevatissima capacità d'adattamento e di utilizzo delle risorse alimentari. Come riserva di cibo, il suino nero è stato costretto ad accrescere la capacità d'accumulare grasso sottocutaneo, al contrario del bianco che mette più carne. Anche la carne di questo tipo suinicolo nero ha caratteristiche organolettiche proprie: ha un colore più intenso, che si avvicina a tonalità scure; ha un gusto più aromatico, dovuto ad
un'alimentazione sostanzialmente ricavata in natura; ha una maggiore specificità sensoriale dei prodotti derivati, che si conservano anche in modo migliore, e, infine, ha un maggior valore nutrizionale (sempre se il suino è allevato allo stato brado).
L'importanza del suino nero e l'urgenza di salvaguardarne la specie hanno spinto il responsabile scientifico del progetto, il professor Gambacorta, a proporre la consegna di un gruppo di soggetti al Centro della Food and Agricolture Organization (Fao) di Benevento. Il suggerimento è stato accolto con piacere dagli altri membri coinvolti tanto da aggiungere alla convenzione, per iscritto, l'opportunità di donare alcuni marcatori neri all'organizzazione internazionale. (C.B.)
Bibliografia:
- Columella L. Iunius Moderatus: "De rustica-liber septimus", cap. IX
- L. Croce: "Il problema zootecnico del Mezzogiorno continentale d'Italia", Tipografia Mario Nucci
- F. Faelli: "Razze bovine, equine suine, ovine e caprine", Ulrico Hoepli, Milano
- F. Gramignani: "Il camerata dell'agricoltura", Tipografia Pergola, Avellino
- G. Nevano: "La zootecnia lucana e la sua evoluzione", in Ispettorato agrario compartimentale per la Lucania, Manifestazioni zootecniche lucane Atti I Convegno regionale zootecnico, Potenza, 28-29 aprile 1951
- I. Stanga: "Suinicoltura pratica", Ulrico Hoepli, Milano