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(ACR) IL TAGLIO DELL'ICI SULLA PRIMA CASA
10 settembre 2008
(ACR) - La scadenza ce la siamo appena lasciata alle spalle, ma, fatto assolutamente inedito nella storia del più classico dei balzelli, il dì fatale è trascorso in modo del tutto indolore, quasi senza colpo ferire. Inavvertitamente. Così quietamente che per i soliti ritardatari, gli smemorati dell'ultima ora non occorreranno né operosissimi ravvedimenti, né crudelissimi giri di vita. Il pagamento che funestava l'avvio dell'estate italiana, altrimenti adrenalinico e avventuroso per definizione, il salasso che costringeva a lunghe file agli sportelli di banche e poste e ad un'altrettanto estesa sequela di imprecazioni contro il "calvario fiscale" vero o presunto, ma comunque parte dell'identità nazionale italiana, il più iniquo dei tributi secondo la percezione generale, è ormai uscito dall'affollata scena tributaria italiana.
Dallo scorso mese di maggio l'Ici, avversato acronimo che sta per Imposta comunale sugli immobili, è svanito, andato, illanguidito. Figura tra i dispersi. Un pezzo fuori mercato e fuori catalogo, un oggetto d'antiquariato, almeno per una parte dei milioni di italiani ogni anno chiamati a raccolta dalla scadenza tributaria. Sotto l'egida del Berlusconi IV va in pensione dopo sedici anni di onorata ed esosa carriera, l'Ici sulla prima casa, il più odiato ed osteggiato tributo tra i molti che attentano ai portafogli degli italiani. La partita sulla tassa l'ha chiusa, una volta per tutte, il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti che in largo anticipo sul traguardo volante dei cento giorni e mantenendo fede ad una reiterata promessa elettorale è intervenuto in modo deciso sulle aliquote e sulla disciplina dell'imposta: il decreto legge numero 93 del 2008, partorito a tempo di record dal governo Berlusconi nella notte del 27 maggio, ha stabilito "una norma di esenzione a favore dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo".
Via l'Ici dalla prima casa è l'idea abbondantemente svelata per sprigionare risorse che libere finalmente come rondini a primavera possano rimpolpare spese e consumi altrimenti stagnanti nel Belpaese dalla crisi che non passa. Qualche decina di euro in più lasciati nelle tasche degli italiani: secondo uno studio della Uil le famiglie risparmieranno in media 73,35 euro che potranno arrivare a 106,50 per una casa accatasta in A/2 ed a 40,20 per una accatastata in A/3. E in svariati milioni di minori introiti per i Comuni, che con voce pressoché unanime deplorano il salasso. Le grandi metropoli le più colpite, Roma che piange e Milano che non ride, ma per tutti gli ottomila Comuni italiani, che siano grandi o piccolissimi, capoluoghi oppure no, a Nord come a Sud, viene meno per questa via una fetta ben consistente di introiti.
I DATI DEI DUE CAPOLUOGHI LUCANI
Né diversa poteva essere la situazione nei due capoluoghi di provincia lucani. A Potenza dove il gettito dell'Ici da prima casa ammonta a 2 milioni 279 mila euro sul totale dell'introito dell'imposta, che ammonta a 8 milioni 842 mila euro (dati 2007). E a Matera dove i possessori di prima casa sono l'85 per cento del totale dei detentori di immobili. Qui il gettito complessivo dell'Ici ammonta a 9 milioni 700 mila euro, mentre quello da prime case vale 2 milioni 944 mila euro in termini assoluti e il 30,4 dell'introito totale in termini percentuali. Entrate, però, quelle dell'Ici da tempo in calo: all'indomani della Finanziaria 2007 di Prodi che aveva stabilito un'ulteriore detrazione del 1,33 per mille erano mancati alle casse comunali 1 milione 944 mila euro, con l'esenzione totale il Comune ha subito un calo di introiti pari a 2 milioni 944 mila euro. Mica briciole insomma gli effetti del provvedimento. Incontestabile per i contribuenti che ringraziano per la generosità portafoglio sul cuore, da stabilire se corretta e credibile a ragion veduta, la norma che bandisce l'Ici dalle prime case è stato il piatto forte con cui Berlusconi e Tremonti hanno voluto dimostrare di fare sul serio. Nonché la realizzazione di un miraggio più volte fatto balenare in campagne elettorali e tribune stampa.
LA NORMA DI ESENZIONE: IL COLPO IN CANNA DEL BERLUSCONI IV
Tanto tuonò che piovve e l'odiata tassa sulla prima casa finì in gloria. Correva l'anno 2008 dopo una diatriba combattuta e lunghissima che ha visto schierati su due fronti assai poco permeabili l'Ici e l'attuale premier, che contro l'imposta non ha mai lesinato imprecazioni. Nel mirino del presidente Berlusconi l'Ici c'era finita già da tempo. Tutto era cominciato nell'imminenza della chiusura della campagna elettorale per le politiche del 2006 con l'annuncio estemporaneo dell'allora premier uscente Silvio Berlusconi che se gli italiani lo avessero riconfermato alla guida del Paese, avrebbe regalato loro una nazione finalmente liberata dalle tasse, da quante più tasse possibile, il bollo e i depositi bancari, la tassa sui rifiuti, ma soprattutto quella sulla prima casa, l'Ici, famigerata e temutissima. Lo fece al termine del duello tv con Prodi: indossati i panni sacerdotali, dal salotto di Bruno Vespa, Berlusconi fece sapere ai suoi connazionali che da quel momento la comunale sugli immobili aveva le ore contate, con l'aggiunta di un entusiastico "sì, avete capito bene", a puntellare l'offensiva mediatica del messaggio. In quei giorni confusi, la promessa sulle tasse sciorinata a radio e tv, apparve poco più che una boutade, l'esito irrimediabile d'un delirio fiscale, una televendita monotona e maniacale. Quelle elezioni, come è noto, non lo riportarono alla guida del Paese, eppure il bellicoso proclama contro l'Ici il Cavaliere non l'ha più abbandonato, appuntamento irrinunciabile di comizi, annunci e programmi: un'abile e martellante propaganda (come si conviene alle campagne di marketing sui prodotti di largo consumo) ne ha fatto il tassello essenziale di quel "meno tasse per tutti" passato alla storia nelle elezioni politiche del 2001, l'immancabile refrain sul quale Berlusconi ha costruito gran parte della propria credibilità politica.
Fino alla nuova tornata elettorale del 2008, dopo sedici mesi di Governo Prodi trascorsi dall'opposizione ad urlare contro "il partito delle tasse", che è cronaca recente: mentre nel centro – sinistra Bertinotti e la sinistra massimalista tornavano ad agitare l'antico spettro della patrimoniale, Berlusconi ammaliava le platee dei connazionali con un argomento su tutti: la guerra dichiarata all'imposta comunale sugli immobili, per lui quasi un rito scaramantico, un amuleto o uno scongiuro. E l'argomento è stato davvero di quelli capaci di far risplendere il sole sulla testa aureolata dai sondaggi del premier che riconquistato lo scranno di Palazzo Chigi non ha perso tempo e già nel primo Consiglio dei Ministri ha deciso per l'esclusione dall'imponibile ai fini Ici della prima casa ove sia fissata la dimora abituale del nucleo familiare. Dopo Prodi che durante il suo brevissimo soggiorno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri non se n'era rimasto con le mani in mano avendo introdotto nella Finanziaria per lo scorso anno (legge 244 del 2007) un'ulteriore detrazione dell'1,33 per mille della base imponibile, con il Governo appena insediato sono arrivate la resa dei conti e la messa al bando definitiva del tributo. E, amen, un ciclo si è concluso col cuore in pace dei contribuenti e tra le perplessità dei tributaristi.
L'ICI, STORIA DI UN'IMPOSTA
Ma perché tanta acrimonia nei confronti di un tributo che pure è uno dei perni attorno ai quali ruotano i bilanci eternamente in bilico degli Enti locali? A guardar bene tra le linee della disciplina, nella sua storia e tra i suoi caratteri qualche spiegazione si trova sul perché l'Ici sia diventata così ingombrante da indurre il Cavaliere ed i suoi alleati ad un provvedimento tanto drastico. Gli italiani se la videro piombare addosso e sui portafogli, ciascuno nelle proprie tasche, nel 1992, sotto il Governo di Giuliano Amato, Giovanni Goria al Ministero delle Finanze. Rimasto al verde, e per evitare il default del Paese, Amato decise di tassare in quanto indice di ricchezza anche le prime case insieme a tutto il patrimonio immobiliare posseduto da ciascuna famiglia. Dai suoi tassativi propositi scaturì così un'imposta straordinaria sui fabbricati, scattata all'improvviso coma una tagliola alla mezzanotte del 9 luglio.
LA COMUNALE SUGLI IMMOBILI, LINEE PER UN IDENTIKIT
Istituita ufficialmente dal decreto legislativo numero 504 del 30 dicembre 1992 la comunale sugli immobili è un tributo sul patrimonio: anzi, è l'unica imposta sul patrimonio di un certo rilevo del nostro sistema fiscale. I Comuni ne sono i soggetti attivi, i soli titolati cioè a far testo quando si tratti di fissarne l'aliquota che deve essere deliberata entro il 31 dicembre di ciascun anno con effetto dall'anno successivo e rigorosamente compresa tra il 4 ed il 6 per mille (eccezionalmente il sette, ma nel caso di bilanci comunali tragicamente in rosso). Ma gli stessi Enti locali sono anche gli unici depositari del potere normativo in verità piuttosto ampio in materia di esenzioni, accertamenti, riscossioni. Presupposto del tributo è il possesso di un fabbricato, che a qualsiasi uso sia destinato sarà sempre purtroppo imponibile anche quando sia dimostratamente improduttivo. Ma l'imposta si riduce considerevolmente anche quando lo si sia adibito ad abitazione principale del possessore: caso per il quale la normativa prevede una detrazione la cui quantificazione è rimessa al Comune, che può anche elevarla fino a concorrenza dell'imposta dovuta (così da esentare completamente le prime case). La base imponibile è costituita dal valore dell'immobile determinato nel modo seguente: per i fabbricati iscritti in catasto si moltiplica la rendita catastale per un coefficiente che varia in ragione della categoria catastale cui l'immobile appartiene. Cifre non proprio irrisorie che aliquote agevolate e detrazioni varie hanno nel tempo reso meno onerose, ma non cancellate del tutto a dispetto dei fuochi di fila delle battagliere requisitorie, provenienti da ogni latitudine, che accolsero la norma sin dalla sua prima irruzione sulla già calcatissima scena tributaria italiana; dibattito mai sopito quello sulla natura del tributo criticato ora da un'angolatura eminentemente politica (il sistema tributario nostrano è innervato da un'innata avversione nei confronti dei tributi sul patrimonio), più spesso da un punto di vista tecnico: alcuni esperti proponevano che il tributo tenesse conto non solo delle componenti positive, ma anche di quelle passive come i debiti; altri invece ponevano l'accento sulla disparità di trattamento tra i proprietari di immobili e i possessori di altri beni; altri hanno ritenuto eccessiva la misura della tassazione, e comunque un coro pressoché unanime ha lamentato, imprecato, maledetto l'iniquità di un tributo che colpisce la prima casa, il nido degli italiani che, in quanto risposta ad un bisogno primario, dovrebbe essere invece, si è sempre sostenuto, esentata da qualsiasi prelievo. Oggi il provvedimento che la esclude per le prime case e sul quale si addensano molte incognite tuttora pesanti sul fronte tributario, riporta alla ribalta quel dibattito la cui sostanza non ne è stata intaccata: proprio come sedici anni fa restano un miraggio o una chimera quelle riforme che ciascuna dal proprio settore e tutte insieme, a cominciare dall'uniformazione delle fonti di prelievo sulla casa ora molteplici e che potrebbero, anzi dovrebbero essere ridotte ad un unico prelievo, saprebbero rendere più equo l'esoso e macchinoso meccanismo della tassazione sulla casa. (R.P.)
Fonti:
- Decreto legge numero 93 del 27 maggio 2008 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 124 del 28 maggio 2008
- Risoluzione numero 12/DF emanata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze
- "Guida agli Enti locali", supplemento a "Il Sole 24 Ore", speciale misure urgenti numero 23 del 7 giugno 2008 - "Un taglio all'Ici e uno al federalismo fiscale", di Federico Fontana e Marco Rossi, e, nello stesso numero, "Blocco delle tasse locali, autonomia a rischio" di Claudio Carbone
- "Istituzioni di diritto tributario" di Vincenzo Tesauro, volume 2
Tutti i dati relativi al funzionamento della Comunale sugli immobili nelle due città capoluogo, Potenza e Matera, sull'andamento del gettito, sulle persone coinvolte, sulle linee della disciplina ci sono state fornite dagli Uffici Tributi dei due Municipi