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(ACR) IL CARNEVALE LUCANO: MONDI NEL MONDO
02 aprile 2009
(ACR) - Sono mondi distesi su tessuti contenutistici e gestuali, quelli presenti in Basilicata nel magico scenario del Carnevale. In numerosi centri lucani, nei giorni dello stravolgimento delle percezioni visive, le maschere delimitano confini temporali e "specchi", dove i sensi si perdono in ridefinizioni magiche. In questi scenari arcaici si assiste alla costruzione di un piano di senso su cui le anime del Sud si muovono. Sono "cornici" di storia nella quotidianità veloce che assimila le metamorfosi della storia ma sa esprimere l'anima antica delle tradizioni.
Le culture tradizionali lucane, come pilastri appaiono nel mosaico contemporaneo delle espressioni comunitarie, lasciando visibilmente le tracce di un importante passato nell'oggi. Respiri di ieri, di costruzioni di "luci" che bene hanno aiutato gli strati popolari in quella conquista culturale che l'attualità osserva. Il presente si specchia in anime di antiche ricerche identitarie consegnando immagini arcaiche all'oggi. La creazione non forzata della fantasia schiude parametri di transito, le forme culturali in evidenza esprimono fonti di volti e figure. Nei paesi lucani vi è una rinascita di contatti profondi con l'altrove inteso come riqualificazione identitaria.
Le strade di Cirigliano ospitano presenze di carta e stracci, su "linee" di riferimento. Carnevale è un fantoccio che assume, nel tradizionale panorama, sembianze umane, ha una moglie ed un figlio. Sarà, infatti, posta su quest'ultimo l'affermazione culturale della continuità temporale. I rituali rivolti alla propiziazione, all'interno di una cultura agro - pastorale e la rinascita di Carnevale, riflettono, oggi come ieri, in modo coerente altri significati, gli scenari magici di legami con le espressioni naturali delle stagioni, le attese che si manifestano in concezioni ritualistiche. Carnevale, figura oltre che differente visione del mondo intorno a cui le speranze di una comunità ordinano le categorie e le "strutture" gerarchiche; Carnevale con la "pancia piena" che grida e danza sull'abbondanza delle tavole e sulla libertà; Carnevale del mondo capovolto, dove il padrone è su linee sociali parallele, fantoccio di carta e colori con il peso dell'anima contadina tra gli stracci.
Nel corredo di simboli e streghe, maschere trasportate da animali nel freddo di febbraio, uomini vestiti di scuro aprono il giorno con rumori arcaici. Per le vie di Satriano, il romita, figura silenziosa vestita di "natura" con foglie di betulle ed edera, compie il suo giro, come sempre, per la questua. Questa maschera può stabilire un rapporto molto stretto, quasi di fusione con il particolare, gli elementi vegetali e, dentro questi, la presenza di meccanismi essenziali per la sopravvivenza delimitano scenari concettuali, memorie gestuali tramandate in una presenza culturale. Carnevale indossa le radici ed il chiaro manifestarsi di riferimenti familiari e sociali, la microeconomia che si poggia su ciclicità elementari, quelle della terra. La maschera di Carnevale, forma dissimile della realtà, a Satriano esprime non solo un sorriso, ma anche la storia e spesso le direzioni di questa, le linee del destino che "abbracciano" i centri lucani.
Carnevale gioca con la vita e con la morte, con il sacro e con il profano, con il vero e con il falso, il visibile appare giocosa danza posta in estreme prospettive di senso. Il contatto con il mondo animale, spesso reale condizione di sostentamento, si manifesta anche a Carnevale in tanti centri lucani.
A San Paolo Albanese si usava, nell'ultimo giorno dei festeggiamenti, far sfilare per le vie del paese un uomo mascherato da asino che, prima di essere processato e condannato a morte nella piazza del Municipio del paesino lucano, pronunciava le sue ultime volontà. Questa specificità drammatica è rimarcata oltre che dalla forma divulgata, anche dalla presenza di un personaggio nelle vesti di padrone dell'asino - quindi padrone di Carnevale e delle speranze che rappresenta - che aveva compito introduttivo nelle varie richieste e funzioni. Nei riferimenti intrisi di cultura popolare e di anime magiche dietro i sipari concettuali, i parallelismi anche dolorosi si manifestano, l'asino porta su di sé le privazioni e le fatiche dei contadini, le identificazioni dei cafoni che come gli asini devono essere frustati, su questi piani ideologici ed esistenziali, la questua di Carnevale attraversava, una decina di anni fa, il paese. Le danze intorno a secolari frammenti di concezioni, spesso in disuso, le maschere poste dietro fatiche contadine sono gli strati dentro cui Carnevale tocca le superfici del tempo. Nel mondo di transito, che è quello della nuova superficie concettuale e contenutistica, vi sono secoli di scompaginazioni di ordini etici e morali, la natura è centro interno che disegna gli esterni.
A Calciano il corteo per la festa è aperto da due asini, uno di questi è mascherato da capra. L'elemento centrale di questa maschera non è solo il telo bianco che ricopre quasi interamente l'asino, ma anche i campanacci di caprone appesi al collo dell'animale. Le vie del paese sono invase da asini condotti da pastori vestiti con pelli di pecora e da lamenti burleschi di toni chiaramente parodistici, lamenti per la morte di Carnevale che avviene come sempre presso la piazza del centro lucano. Nei cambiamenti di ruoli, in immagini rituali ed in questa particolare forma di "sorriso", si coglie un profondo legame tra uomo e animale. Appare, infatti, altamente significativa la presenza quasi indispensabile della bestia, intesa come "ponte" esistenziale tra la fatica e la sopravvivenza. Cadono le velocità della storia, i divari generazionali e le pagine di mondi nuovi che bussano alle porte dei paesi lucani. Nelle strade fredde, nei rumori indefiniti vi sono le semplicità complesse di un popolo che si distendono su direzioni di "oltre".
A Teana, Carnevale è un contadino, una sfilata di significati posti in selezioni di figure. Un uomo ed una donna, la sua sposa, un prete ed il suo sacrestano, quattro carabinieri e due medici seguiti da una banda rumorosa, informe e mal vestita di comparse contadine. Prende forma l'antico immaginario, colorato e singolare, della festa, del disordine e dell'irreale che però conserva, dentro le profondità antiche dei significati, lucidi spiragli di realtà. Nella sfilata di Teana, le gonne lunghe e stropicciate delle donne, ed in particolare di Quarenna, la moglie di Carnevale, delineano quel quadro concettuale che ben si dilata sulle prospettive visive e sensoriali del centro lucano. Vi è anche un orso nella sfilata dell'ultima domenica, tra il carabiniere e Carnevale, che percorre le vie del paese, prima di arrivare in piazza dove Carnevale sarà processato. Nel confronto e nella scelta popolare, l'orso prenderà Carnevale sulle sue spalle e lo porterà fuori dalle mura del paese.
Carnevale cornice di antico spessore culturale, aria grottesca e riti sotto il cielo, danze di libertà e di inizio, la realtà si nasconde sotto i vestiti e le maschere, la tradizione lucana "bagna" di vino le comparse. Le armonie costruite da riferimenti sovrapposti, dai volti dietro i rami degli alberi, dai carboni sui volti dei fuochi di piazza, sono scene di tempo nel tempo, figure sul panorama complesso del senso.
Vi sono rituali di inizio a Tricarico, dove i figuranti compiono un rito di purificazione girando tre volte intorno alla chiesa di campagna. Nel centro che conserva quasi interamente le tradizionali linee di memorie collettive che osservano sfilate di vacche guidate da pastori, questi ultimi hanno sostituito, per motivi di igiene, le tradizionali pelli di animali con strati di tessuti multicolori da indossare. Il giorno inizia molto presto, nelle prime luci dell'alba si diffondono i rumori ed i suoni antichi, richiamando le maschere che, incolonnate, faranno il giro per la consueta questua, i suoni della zampogna e del tamburello animano i figuranti che indossano campanacci e stoffe colorate. Il banchetto della sera chiuderà i festeggiamenti l'ultima domenica di Carnevale, i balli ed il vino diventeranno patrimonio tradizionale e culturale di questa terra. Ombre camminano nei meccanismi elementari e nelle euforie collettive, sorrisi contro il tempo, stracci che divengono voci, piazze di piccoli centri e animali accanto a uomini, fotografie temporali sospese in dimensioni di significato. "…Il paese era svegliato – ha scritto Carlo Levi - a notte ancora fonda da un rumore arcaico, di battiti di strumenti e cavi di legno, come campane fessurate: un rumore di foresta primitiva che entrava nelle viscere come un richiamo infinitamente remoto; e tutti salivano sul monte, uomini e animali…". (F. C.)
Fonti:
- Aldo Viviano, "Il carnevale in Basilicata" in "Rassegna delle tradizioni popolari", Potenza, 1994/1995
- Antonio Giampietro, "Aspetti socio antropologici del Carnevale" in "Rassegna delle tradizioni popolari", Potenza 1994/1995
- Enzo Spera, "Il romita, l'orso e la vedova bianca", Napoli, Edizioni La Scena Territoriale, 1982
- Ernesto De Martino, "La terra del Rimorso", Milano, 1961
- Enzo Spera, "Licenzia vò signora", Materiali per lo studio del Carnevale in Basilicata, Ricerche monografiche, Centro Studi Nonopiano
- Giovanni Bronzini, "Origini ritualistiche delle forme drammatiche popolari", 1974