venerdì, 22 nov 2024 19:13

Vai all'archivio
Stampa Invia

(ACR) LA DIFFICILE SFIDA DEL PARTO INDOLORE

13 luglio 2009

© 2013 - parto_2.jpg

© 2013 - parto_2.jpg

(ACR) - Supera il dolore neoplastico e quello causato dalla frattura del femore. Di più insopportabile c'è solo l'amputazione di un dito. Il dolore del travaglio di parto può essere paragonato a quello che si prova durante una colica renale, ma una differenza tra l'uno e l'altro esiste: del primo si può fare a meno, volendo. La soluzione sta nel parto in "analgesia epidurale continua", nota anche come "travaglio di parto indolore". Una pratica che, sebbene a passi lenti, sta prendendo piede anche in Basilicata. Ma la strada è ancora in salita.

La tecnica, che consente di controllare efficacemente il dolore in modo da garantire comunque un parto naturale e spontaneo, si pratica presso l'ospedale di Policoro dietro richiesta e dovute autorizzazioni, a seconda dei casi è utilizzata anche al "Madonna delle Grazie" di Matera, e rientra tra le voci della programmazione della direzione strategica dell'ospedale San Carlo, a Potenza. In Basilicata, dunque, l'analgesia epidurale di parto potrebbe diffondersi, ma per ora rimane davvero indietro rispetto alle regioni del Nord dove è molto diffusa, e comunque resta in coda a quelle del Sud, quali Puglia, Campania e Sicilia, dove è praticata con frequenza.

La Basilicata, va detto, non si discosta troppo però dai numeri nazionali che guardano ancora dal basso della graduatoria i dati del resto del mondo e d'Europa. Se in Francia e Gran Bretagna, infatti, le tecniche di anestesia epidurale sono utilizzate dal 70 per cento delle partorienti, e negli Stati Uniti dal 90, in Italia esistono pochissimi dati e quelli cui ci si può attenere non possono competere con le precedenti rilevazioni. Gli unici forniti dall'Istat, aggiornati al 2001, fotografano un Paese fermo ad un timido 3,7 per cento, e gli addetti ai lavori attribuiscono il risultato non proprio soddisfacente alla carenza di informazione generale sull'argomento, oltre che alle esigue risorse economiche e umane impiegate nel settore.

La pratica del parto in analgesia affonda le sue radici tra gli anni '40 e '50, quando sotto la definizione di "tecnica di analgesia epidurale lombare continua" fu messa a punto da un italiano, il cardiochirurgo torinese Achille Dogliotti, non senza incontrare pregiudizi di tipo culturale. Dagli anni '60, poi, si è assistito ad una rapida evoluzione tecnica e farmacologica della pratica che ne ha facilitato la diffusione nei paesi anglosassoni prima e nel resto d'Europa più tardi.

Ma in cosa consiste il parto in analgesia epidurale continua? "Noi facciamo analgesia – esordisce Nicola Maratea, anestesista e dirigente di primo livello presso l'ospedale di Policoro – non anestesia, nel senso che togliamo solo il dolore". Per intervenire basta sia iniziato il travaglio, quindi si procede con una piccola iniezione di anestetico nello spazio compreso fra la terza e la quarta vertebra lombare. Una volta resa insensibile la cute, l'anestesista introduce l'ago da epidurale attraverso il quale viene fatto passare il catetere, anch'esso detto epidurale, un tubicino di plastica che inietta dosi di anestetico locale a basso dosaggio in modo da ottenere un'analgesia modulabile. Rimosso l'ago, il catetere rimane applicato per tutta la durata del travaglio.

L'iniziale sollievo dal dolore si ottiene in circa venti minuti dal momento dell'iniezione dei farmaci analgesici e dura fino a oltre un'ora. Successivamente esso può essere controllato con la somministrazione di farmaci in infusione continua, ma "gli effetti dell'anestesia – osserva Maratea – proseguono fino al giorno dopo". Lo specialista spiega che "la donna non avverte alcun fastidio". Inoltre, per le basse dosi di farmaco utilizzate, "l'innervazione motoria dei muscoli del canale del parto e degli arti inferiori non è coinvolta", il che fa sì che venga conservata "la mobilità permettendo in genere alla partoriente di muoversi come vuole". Addirittura, se lo desidera e non si presentano controindicazioni, la futura mamma è messa in condizione di camminare durante il travaglio stesso.
"Con l'analgesia epidurale continua il parto viene portato a termine in maniera meravigliosa – commenta Nicola Maratea – perché tolto il dolore la futura mamma, rilassata, partecipa serenamente all'evento". L'anestesista ricorda poi che fino al 2008, "quando, cioè, la pratica era attiva senza limiti nella nostra azienda, molte richieste sono arrivate da Potenza e Matera, mentre altre donne hanno scelto di migrare nelle regioni limitrofe per sottrarsi ad una sofferenza evitabile".

Benché sulla base del "caso per caso e non come dovrebbe", il travaglio di parto indolore è offerto anche dall'ospedale "Madonna delle Grazie" di Matera, come dice Silvio Anastasio, direttore dell'Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia. "Presso la nostra azienda esistono le conoscenze, le competenze e le esperienze in materia di analgesia epidurale del travaglio di parto, ma la cronica carenza di anestesisti impedisce di creare un servizio dedicato a questa pratica".

Nella programmazione della direzione strategica dell'ospedale San Carlo di Potenza l'"analgesia epidurale continua" trova una sua collocazione. "Trattandosi di un nuovo servizio, sarà realizzabile – assicura il direttore sanitario Agostino Pennacchia – al netto delle risorse che la Regione metterà a disposizione di questa progettualità, la quale comporta un punto di guardia continuo anestesiologico e ostetrico". Per Sergio Schettini, primario dell'Unità operativa di Ostetricia e direttore del dipartimento, il ricorso alla tecnica "costituirebbe un sistema di attrazione magnetica verso l'azienda, considerando che molte partorienti scelgono di andare fuori regione perché la psicosi da parto esiste". A disposizione dell'azienda ci sono "sei specialisti da dedicare solo al servizio di anestesia in ostetricia – aggiunge - quattro dei quali hanno seguito corsi in vari ospedali d'Italia dove il servizio è attivo da tempo". Eppure "oggi, per assistere una paziente che arriva durante la notte - osserva il primario - interviene l'anestesista di urgenza. Al di là che questo comporti tempi d'attesa, per quanto brevi, si tratta comunque di specialisti che si occupano di tutte le urgenze".

Dopo una lunga attesa e numerose "battaglie", ora le tecniche antalgiche per il parto rientrano nei Lea (Livelli essenziali di assistenza), l'insieme delle prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale assicura a tutti i cittadini. E questo rappresenta un cambiamento davvero significativo. Un particolare che sostiene, a maggior ragione, il desiderio di vedere quanto più diffusa la possibilità di alleviare questo aspetto del dolore fisico. Un decreto del presidente del Consiglio dei Ministri del 23 aprile 2008 di aggiornamento dei Lea, nell'articolo 37, comma 3, al riguardo stabilisce che "il Servizio Sanitario Nazionale garantisce le procedure analgesiche nel corso del travaglio e del parto vaginale nelle strutture individuate dalle regioni e all'interno di appositi programmi volti a diffondere l'utilizzo delle procedure stesse".

Certo, anche per il travaglio di parto indolore esiste la doppia faccia della medaglia. Così, Nicola Maratea ne elenca i vantaggi: "riduzione delle stimolazioni cardiaca e polmonare inevitabilmente legate alle gravidanze", ad esempio. Ma a proposito va ricordato che al di là dell'intolleranza al dolore, o il timore per lo stesso, la pratica in questione è presa in considerazione anche in situazioni ostetriche specifiche, come il travaglio indotto, o nei parti gemellari, o, ancora, in circostanze cliniche specifiche. Quando la madre è affetta da malattie cardiovascolari, respiratorie, o da miopia, per il rischio di distacco della retina, i casi più importanti. "In mani non esperte – afferma ancora Nicola Maratea – possono subentrare complicazioni come una cefalea conseguente a problemi strettamente tecnici e che, anche se fastidiosa, è di natura benigna, o il dolore nel punto di iniezione con conseguente ematoma". A riguardo, vale la pena infine di ricordare inconvenienti anche maggiori registrati come lesioni neurologiche transitorie o permanenti, ma rare e con un'incidenza rilevata dalla letteratura scientifica internazionale di 1 su 200.000. (A. P.)

Fonti:

  • Corriere della sera del 14 marzo 2004, "Parto senza dolore? Solo se paghi"
  • Corriere della Sera del 14 marzo 2006, "Parto indolore? Un miraggio"
  • Corriere della sera del 23 maggio 2006, "Parto indolore in tutti gli ospedali"
  • www.aduc.it
  • www.camera.it
  • www.italiasalute.leonardo.it
  • www.newaogoi.it




Redazione Consiglio Informa

argomenti di interesse

Per visionare il contenuto è necessario installare Adobe Flash Player