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(ACR) PODOLICA, ECCO IL SALAME

16 luglio 2009

© 2013 - podolica_1.jpg

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(ACR) - Noi lucani, che siamo abituati alle ottime salsicce locali, rimarremmo molto stupiti se ci dicessero che un buon salame può essere non solo di maiale ma anche di carni non suine, comprese quelle della nostra mucca podolica. E invece è proprio così: il salame di podolica è risultato eccellente da una ricerca del professor Emilio Gambacorta del Dipartimento di zootecnia dell'Università di Basilicata.

La scoperta di un buon salame di podolica in Basilicata nasce come conseguenza fortuita dell'attività del Dipartimento zootecnico dell'Università di Basilicata svolta per il Pom (Programma operativo multiregionale) e finalizzata alla valutazione dei salumi lucani, coordinato dalla professoressa Carnevale dell'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione di Roma, i cui referenti di area per la regione Basilicata sono il professor Emilio Gambacorta e il professor Egidio Cosentini. L'interesse di questo Programma era di confrontare le potenzialità produttive di tipi genetici autoctoni, ma, poiché era avanzata una consistente quantità di grasso, si è pensato di riutilizzarla per sperimentare un nuovo tipo di salume per la Basilicata, appunto quello derivato dalle podoliche. Alla luce di quanto già è stato fatto in altre zone d'Italia, dove già si realizzano salumi di bovini, si è usata l'eccedenza di carne per realizzare un prodotto nuovo e locale. Così si è dato il via all'esperimento. Il protocollo operativo ha previsto la pulitura della carne di podolica dal proprio grasso e l'aggiunta successiva di quello del suino nero locale. Il grasso di maiale non doveva superare il 25% (rispettando le caratteristiche dei salumi locali), prendendo come testimone di riferimento della prova il classico salame suino. Il confezionamento del salame è stato realizzato con budelli sintetici simili a quelli per il salame milanese. Dopo 60 giorni di stagionatura sono partite le prove di valutazione, sia analitiche che sensoriali.

Le prove sensoriali riguardavano test di accettabilità condotti su campioni diversi. I risultati sono stati eccellenti. Il salame di podolica è stato giudicato un ottimo prodotto e, nel confronto con quello suino, è risultato migliore, con un'intensità aromatica e una succosità più alte per circa il 70% del campione. Incassato l'ottimo giudizio, nel 2005 a Gubbio il salame di podolica lucano è stato protagonista al Congresso mondiale delle razze bovine italiane da carne. Anche in quest'occasione il prodotto è stato valutato di particolare interesse per la peculiarità e la sostenibilità dell'attività di allevamento e trasformazione. Oltre alla sostenibilità, gli altri fattori vincenti sono stati il recupero di prodotti residuali di particolare valore nutrizionale e una qualità sensoriale molto apprezzata dal territorio. Per quanto riguarda l'aspetto nutrizionale, inoltre, il salame di podolica è risultato ottimale per il livello di acidi grassi (monoinsaturi e polinsaturi). Il livello consigliato dai dietologi. Dalle analisi, infatti, questo tipo di salume risulta avere delle caratteristiche del DNA senza elementi di rottura, il che elimina ogni eventualità di patologie degenerative, dunque il salume è sano sotto il profilo nutrizionale.

Allo stato dell'arte, la ricerca sul salame di podolica è ferma perché si aspetta il programma di macellazione dei soggetti in esubero del suino nero lucano per prenderne poi il grasso e individuare un protocollo specifico da suggerire alla zona.

La particolare predisposizione del suino nero lucano ad accumulare grasso (superiore ai suini d'allevamento), infatti, lo rende eccezionalmente idoneo alla combinazione di carne bovina e suina. Rispetto al suino bianco, il suino nero riporta determinate caratteristiche sorte in relazione all'ambiente in cui vive (a rischio di siccità d'estate e povero di risorse d'inverno, a causa delle basse temperature), grazie alle quali il tipo morfologico lucano è stato costretto ad accrescere la capacità d'accumulare grasso sottocutaneo, al contrario del bianco che mette più carne.
Oltre alla battuta d'arresto tipicamente "tecnica", la difficoltosa fattibilità di un prodotto di questo tipo è l'eccessiva presenza di allevamenti suini da stalla e non da pascolo, il che rende problematico il cambiamento di tendenza, in quanto una maggiore disponibilità di parte grassa può essere ottenuta solo con alimenti aromatici, quali biomasse foraggere dei pascoli, e alimenti concentrati tradizionali (mais, orzo, granaglie, ecc.). E la tradizione vince anche sul metodo di conservazione. Se la stagionatura, infatti, è fatta in maniera classica (l'affumicatura) dà un risultato decisamente migliore rispetto alla maturazione in celle condizionate.

Anche se meno conosciuta, la storia del salame di podolica non è così bizzarra come potrebbe apparire. Il salame è storicamente solo un mezzo per la conservazione della carne tramite l'essiccatura, ovvero la disidratazione. Per molti secoli il suino è stato il re degli animali per le derrate alimentari di ogni casa. Da qui la logica per cui il salame è legato al maiale a non a un altro animale. E' l'effetto naturale che deriva dal fatto che il suino presenta dei grassi che si prestano meglio alla conservazione. Col tempo, però, si è scoperto che aggiungendo delle parti di grasso abbastanza saturo, si potevano conservare anche carni d'altra specie. Nel nord dell'Italia si fanno salumi da bovini già da molto, mentre in altre zone, come l'Appennino centrale, si realizzano salumi da carne ovi-caprina, come la "salamella del Tratturo" abruzzese. Chissà se è arrivato il momento anche per la Basilicata di proporre un nuovo prodotto tipico, creato da carni d'eccellenza del comparto: la podolica e il suino nero lucani. (C. B.)

Fonti:

  • Emilio Gambacorta, professore ordinario in Zootecnica Speciale dell'Università degli Studi della Basilicata

Redazione Consiglio Informa

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