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(ACR) LA MAGIA CERIMONIALE IN BASILICATA
04 novembre 2009
(ACR) - "Due occhi ti feriscono e tre ti guariscono. Dammi il nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo": questa è una delle tante formule che recitano le donne anziane dei paesi lucani quando si chiede loro delucidazioni sul fenomeno della magia cerimoniale in Basilicata.
Il filosofo Ernesto de Martino, alla fine degli anni '50, pubblica una ricerca su questo fenomeno all'interno dell'ambito di studio dell'etnopsichiatria, ramo della psichiatria sviluppatosi nel secondo dopoguerra che si occupa della classificazione delle sindromi psichiatriche tenendo conto del contesto culturale in cui si manifestano e del gruppo etnico di provenienza e di appartenenza del paziente; mette in risalto la specificità di certi disagi collegati all'ambiente culturale di insorgenza e non riducibili a categorie psichiatriche universalmente riconosciute o condivise. Ad esempio, la "fascinazione", e tutto ciò che tale fenomeno comporta, è una sindrome ampiamente diffusa in Basilicata. Secondo la magia cerimoniale, la fascinazione (in dialetto "fasciatura o affascino") è una condizione psichica di impedimento e di inibizione che si manifesta in una persona dominata da una forza costrittiva che non le dà capacità di decisione e di scelta. Questo fenomeno comporta un agente fascinatore e una vittima. Quando l'agente è umano si tratta di "malocchio", chiamato anche "invidia", con sfumature che vanno dall'influenza in parte involontaria alla fattura deliberatamente macchinata con un cerimoniale definito, che può essere "fattura a morte" e che può spingere il soggetto "affascinato" a essere uno "spiritato". La "fasciatura", che comporta cefalea, sonnolenza, spossatezza e ipocondria, è definita anche "attaccatura", riferendosi al fatto che non permette al sangue di scorrere liberamente nelle vene. La fascinazione si esercita tramite tre mezzi: l'occhio (lo sguardo), la mente (il pensiero malevolo), la mala volontà (l'intenzione invidiosa). Il trattamento per la guarigione è eseguito da persone specializzate, ma le stesse vittime possono agire per liberarsi dal malocchio: una donna afflitta da mal di testa di sospetta natura magica, ad esempio, può versare una goccia di olio in un recipiente d'acqua e osservare se l'olio si espande o meno: se si espande è fasciatura, se non si espande è un comune mal di testa; se la fasciatura è accertata, la donna getta l'acqua per strada davanti alla prima persona che passa affinché quest'ultima, calpestando il bagnato, prenda su di sé la fasciatura e ne liberi la vittima. Per il mal di testa sospetto il rimediante, invece, traccia con il pollice un piccolo segno di croce sulla fronte del paziente recitando una formula che normalmente prevede riferimenti alla religione. L'operatore magico si immerge nello stato di fascinazione del cliente e quando sbadiglia e lacrima (è entrato cioè in uno stato semi – onirico) è segno che il cliente è stato affascinato. A Colobraro si ammette anche la possibilità che il rimediante non sbadigli e non versi lacrime: il fascinatore è più potente e quindi impedisce il suo compito magico. La funzione degli operatori magici specializzati è di riassorbire il negativo e di reintegrare l'identità che sta per perdersi. Una pratica di Colobraro chiarisce in che modo si può identificare l'autore della fasciatura: se l'operatore recitando la formula sbadiglia al "Pater" (la preghiera cristiana del "Padre Nostro") è segno che il fascino è opera di un uomo, se sbadiglia all' "Ave Maria" si tratterà di una donna, e, infine, se lo sbadiglio insorge al "Gloria" (la preghiera cristiana "Gloria al Padre"), l'autore del fascino sarà un prete. A Picerno, si distingue fra "malocchio semplice e malocchio secco": il primo si manifesta all'improvviso, il secondo condiziona la vittima per un certo periodo di tempo. Il malocchio semplice si scioglie con la formula due occhi ti feriscono e tre ti guariscono (i due occhi si riferiscono allo sguardo malevolo, i tre occhi appartengono all'operatore magico e il numero tre è un evidente richiamo al Cristianesimo), dammi il nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Il malocchio secco si scioglie con la frase convenzionale: "occhio secco da dove sei venuto, addosso a (nome della persona) sei finito, tu nell'inferno devi finire, nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo; palma benedetta, rosmarino benedetto, incenso benedetto; dammi il nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo". L'operatore, dopo aver recitato le preghiere, versa in un recipiente acqua e olio per accertarsi che si tratti di malocchio e per scoprire il sesso della persona invidiosa; traccia segni a forma di croce sulla fronte della vittima con le dita bagnate nell'acqua del contenitore e recita di nuovo la formula. Spesso si può richiedere agli operatori di realizzare un laccetto nero da portarsi sempre dietro per difendersi dal malocchio; il laccetto ha un valore protettivo derivante dalle formule pronunciate e dai nodi fatti durante la sua creazione; ha tuttavia una durata limitata, dopo la quale occorre procurasene un altro.
L'intervento magico permette anche di compiere guarigioni da malattie come il "male dell'arco", cioè l'itterizia. Questa infermità si contrae urinando contro l'arcobaleno; per liberarsi, il malato, prima del sorgere del sole e senza rivolgere parola a nessuno, esce da casa e passa sotto tre archi in muratura ripetendo lo scongiuro rituale e restituendo così agli archi di pietra il male che egli aveva assorbito dall'arcobaleno. Tra i mal di testa sospetti si può pensare alla "scindone", che nella medicina popolare è collegato al sole e che si contrae dopo una giornata lavorativa nei campi; accompagna, chi ne è colpito, per tutta la notte togliendogli sonno e riposo. Il mattino seguente persevera, però il contadino deve tornare alla fatica dei campi così, appena sorge il sole, si pone di fronte ad esso, allunga le braccia e mormora: "buon giorno santi sole a li piedi del Signore da lu petto ne leva l'affanno da la testa lu gran dolore: buon giorno santi sole!". Si nota l'influenza del cattolicesimo su queste pratiche magiche: tutti i fenomeni naturali sono sottomessi a entità religiose (si pensi alla formula appena citata: il sole è posizionato più in basso rispetto al Signore). Le formule usate per la guarigione nascono sempre da leggende tramandate; per curare il mal di pancia, ad esempio, si utilizzano frasi convenzionali che alludono a una storia: una volta un santo, o Gesù, che peregrinava in incognito, chiese ospitalità in casa di due coniugi; solo l'uomo fu cortese, la donna si comportò maleducatamente: il santo la punì con mal di pancia ma, per intercessione del marito, la guarì recitando uno scongiuro con cui si riferiva al pessimo trattamento ricevuto: "buon uomo, cattiva donna, buona accoglienza, mala accoglienza, scurze (scorze) de pane bruciate, vine annacquate, lu pesce a la fenestra, paglia ampossa (annacquata). Vattinne rògliere ra N.N. come gi nun fusse" (vai via, mal di pancia, da N.N. come se non fossi mai iniziato). L'intervento magico può dare soluzione anche a coloro che soffrono di verruche: si contano i porri e, al tramonto, si raccoglie un numero di pietre pari al numero di escrescenze; le pietre si sfregano sui porri, si pongono in un sacchetto e si gettano in un posto dove la persona affetta non passerà mai più. Molte le pratiche magiche legate alla prima notte di nozze. A Pisticci, per rimediare ai rischi magici della prima notte, si pongono spilli ai quattro lati del letto e falce e forbici nella parte sottostante. A Colobraro, sotto il giaciglio, si nascondono falce, forbici aperte, setaccio (per trattenere la malignità), un pezzo di corda di campana (mezzo per eludere il fascino perché lo impegna a contare quante volte è stata tirata la corda per far suonare la campana). A Valsinni, una lettera scritta, o un giornale, surroga la corda della campana: la forza della scrittura impegna il fascino a leggere i caratteri e questo richiede tempo e fatica, soprattutto per i semianalfabeti. A Viggiano, il letto della sposa si prepara con falce, forbici, pezzi di giornale e scope dietro la porta (il fascino, contando i fili di saggina, si scoraggia). A Gròttole, si pone un vomere sotto il letto, garanzia di fecondità per le nozze. Varie usanze riguardano la protezione dell'infanzia. A Gròttole, durante la gravidanza, non si deve bruciare nel focolare domestico legno di perastro selvatico, che è ruvido e spinoso, altrimenti il bambino potrebbe nascere con pelle ruvida. Se questo dovesse accadere, le fasce del nascituro devono essere bagnate e fatte asciugare al fuoco del perastro così la malignità si dilegua col vapore. A Gròttole, Stigliano, Viggiano, Pisticci e Valsinni è diffuso il timore che il bambino nasca con il cordone ombelicale attorcigliato al collo (le donne incinte non dovrebbero passare sotto funi né incrociare le mani appoggiandosi in chiesa sulla spalliera del sedile né tendere matasse intorno al collo): per riparare occorre disfarli o ripassare in senso inverso sotto l'eventuale fune.
Un'altra usanza, particolarmente presente a Picerno, concerne la
cosiddetta "scicuacchiatura"; secondo la tradizione, una donna incinta che passa su un territorio dove in precedenza dei cani hanno avuto rapporti sessuali, avrà un bambino con un'impronta dalla forma di zampa di cane nella parte posteriore del corpo che potrà essere guarita versando acqua santa e recitando una formula che, adattata in italiano, suonerebbe: "togliti faccia di cane, che compaia una faccia umana, nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo; che si stacchi l'impronta canina e che si attacchi al cane, San Vito ti aiuta e, dopo che ti ha aiutato, San Vito vuole essere pagato" (la ricompensa al Santo avviene accendendo una candela in chiesa in segno di devozione). Per garantire protezione ai bambini sono tuttora diffusi dei sacchetti magici chiamati "abitini": sacchetti di stoffa di forma rettangolare associati al velo organico - la cosiddetta "camicia" - di cui rappresentano la simbolica continuazione. Il sacchetto si appende al collo del bambino durante la cerimonia battesimale. La dotazione è varia: pezzetto di ferro di cavallo ferrato per la prima volta, tre acini di grano, tre pizzichi di sale, un pelo di cane nero, una fettuccia di stola del prete, figurine di santi; tre chicchi di grano, tre pizzichi di sale, tre chicchi di pepe, tre crocette di paglia, qualche santino; un numero di chicchi di grano, denti di volpe (specialmente durante la dentizione), pezzettini di ostia, un nastro senza misura, alcuni pizzichi di sale acquistati da tabaccai diversi, spilli in croce appuntati su un pezzo di tela, un pezzo di corda della campana, qualche santino; un pizzico di cenere, cinque chicchi di grano, un po' di sale, un po' di crusca, due aghi legati in croce, qualche santino. I sacchetti vanno appuntati con uno spillo a indumenti personali. Il contenuto cambia in relazione al momento dell'esistenza che si sta affrontando, in passato accompagnavano le persone per tutta la vita; in alcuni paesi è una pratica tuttora diffusa (a Colobraro si mette quando si va alle fiere a fare acquisti). Diversi rischi sono percepiti riguardo al latte materno; perciò, dopo il parto, la donna deve esporsi al sole per rigenerarsi. A Savoia, la placenta è immersa nel fiume ripetendo per tre volte "come se jegne sta borza d'acqua cussì se pozzano anghì sti menne de latte" e chiudendo con un "Pater". A Pisticci, il cordone ombelicale e la placenta sono fermati con una pietra nel mezzo del torrente in modo che l'acqua scorra a lungo sopra la placenta che se ne riempie. A Viggiano e a Valsinni si stacca anche qualche pezzetto di placenta abbandonata nel torrente e si prepara un brodo per la puerpera. Essendo una regione rurale, esistono varie formule contro forze naturali minacciose come la tempesta. Secondo una leggenda, a Viggiano, un sacerdote insidiava una vedova che lo aveva rifiutato; l'uomo andò al fiume e, dopo aver battuto il pelo d'acqua con un mestolo, si tramutò in nuvola temporalesca dirigendosi sui campi della vedova: lo faceva ogni anno alla vigilia del raccolto. Una volta, fra i contadini, si trovò un uomo che recitò la formula "lunedì santo, martedì santo … sabato santo, domenica è Pasqua e tu casca e se non caschi vàttene fume fume, più innanzi o sulla montagna".
Come si spiega la persistenza di queste tradizioni in Basilicata? De Martino, negli anni '50, scriveva: "se ci chiedessimo quali sono le ragioni che fanno sopravvivere un'ideologia così arcaica nella Lucania di oggi, la risposta più immediata è che tuttora in Lucania un regime arcaico di esistenza impegna ancora larghi strati sociali, malgrado la civiltà moderna". La precarietà della vita, l'incertezza delle prospettive concernenti il futuro, la pressione esercitata sugli individui da parte di forze naturali e sociali non controllabili, la carenza di forme di assistenza sociale, un'economia agricola arretrata, l'assenza di strumenti efficaci con cui fronteggiare i momenti critici dell'esistenza costituiscono condizioni che storicamente hanno permesso il mantenimento di pratiche magiche. Alla potenza del negativo nella vita individuale e quotidiana con traumi, frustrazioni e fragilità umana si sono aggiunti l'ignoranza e l'analfabetismo. Persino il chiamare il malocchio invidia traccia un rapporto ovvio con un ambiente caratterizzato da povertà. La magia crea un regime protetto di esistenza, una dimensione metastorica all'interno della quale tutto funziona nel migliore dei modi; consente di stare nella storia come se la storia non esistesse e fosse tutto già deciso, mettendo al riparo il soggetto. Il disagio materiale della fame o della malattia, ma pure il rischio della frantumazione psichica e dalla crisi dell'identità individuale portano a una disgregazione della personalità. La magia protegge l'individuo dal rischio di perdersi, di smarrire il controllo di se stesso dinanzi ai molteplici eventi dolorosi di una quotidianità sopraffacente; ad esempio, fra le contadine lucane, sono stati notati fenomeni di sonnambulismo, di dissociazione della personalità e di allucinazioni riconducibili a impulsi repressi durante lo stato di veglia che trovavano espressione nei momenti di assenza individuale, come ad esempio durante il sonno. E' interessante notare che sono le donne a occuparsi particolarmente di tali pratiche magiche; in passato trascorrevano molto tempo in casa e si relazionavano maggiormente con l'ambiente circostante, principalmente con altre donne e con i loro figli; di conseguenza, era più semplice per loro trovare la dose di empatia necessaria a sciogliere il malocchio e creare situazioni di protezione; da non trascurare che anche in culture distanti il genere femminile si dedica a usanze oniriche: basti pensare alla lettura dei fondi di caffè largamente diffusa fra le donne islamiche.
Se si valuta l'aspetto storico, ha avuto importanza l'influenza dell'illuminismo napoletano che, rispetto a quello francese, fu più indulgente verso il ritualismo magico. Viene da pensare alle parole di Benedetto Croce quando parla della "non – storia" del regno di Napoli e della sua condizione di secolare immobilismo. Insomma, la ragione della persistenza del magico non va ricercata solo nell'ignoranza ma anche nella vita culturale, politica e sociale. La magia è una manifestazione di sfiducia e di protesta verso dominio e sfruttamento. L' "essere agito da", che sta alla base della magia popolare, nasce anche da un "difetto di energia civile": la magia agisce come una protezione nei momenti di precarietà materiale e psicologica; risolve i possibili problemi che potrebbero presentarsi nei momenti più importanti della vita di una persona, occasioni che potrebbero essere maggiormente a rischio di fallimento e di invidia. Ad esempio, le ideologie magiche relative alla gravidanza, al parto e all'allattamento sono molte a causa della mancanza di forme assistenziali per la gestante e per il bambino e per il rischio cui lo stesso è esposto nei primi anni di vita. L' "essere agito da" si riscontra anche in una forma di preveggenza del futuro determinata dalla data mensile e dal giorno settimanale di arrivo del ciclo mestruale a una donna: il giorno in cui viene il ciclo determina l'andamento di tutto il mese della persona stessa fino alla mestruazione successiva; ad esempio, il flusso mestruale che si manifesta il primo giorno del mese, stabilisce trenta giorni caratterizzati da incontri favorevoli, mentre l'arrivo del ciclo il dodicesimo giorno del mese determinerebbe eventi nefasti; il lunedì ha un influsso positivo mentre il venerdì causerebbe tristezza. Queste forme di predizione per fatti che avverranno in futuro quasi negano il libero arbitrio, ribadendo che esistono potenti forze superiori che decidono al posto delle persone. Interessante l'alto valore simbolico di tutte queste pratiche magiche; si pensi alle forbici con le punte aperte rivolte verso l'alto che rappresentano la volontà di tagliare le forze maligne. Fra l'altro, il fenomeno del simbolismo, ha una connotazione irrazionale, soprannaturale e magica, in contrapposizione alla modernità e alla razionalità che hanno invece storicamente deluso la regione. Le guarigioni sono prodotte da effetti psicosomatici. Ciò che mantiene viva la magia è l'effetto protettivo e non le guarigioni organiche, peraltro rare. Tuttavia, come già affermato, la magia assicura tutela e certezza. Al giorno d'oggi, tali pratiche sono ancora diffuse perché si è tramandato inconsciamente il valore attribuito alla magia; nonostante l'aumento della consapevolezza, proporzionale a una diminuzione dell'ignoranza, sono ancora molte le persone che ricorrono a tali mezzi, in molti casi anche in modo ossessivo - compulsivo. Il valore tradizionale è indubbiamente elevato: tutte queste pratiche sono parte del folklore lucano, eppure ancora oggi non è inconsueto ascoltare discorsi su invidia e malocchio; le persone capaci di usare queste pratiche magiche ricevono decine di chiamate e visite ogni giorno e la gente esce dalle loro case più tranquilla, con un'aura di protezione che permette loro di tornare ad affrontare la propria vita lontana dalle minacce di occhiate malevole. (A.R.)
Fonti:
- Ernesto di Martino, "La fine del mondo. Contributo all'analisi delle apocalissi culturali", Torino, Einaudi, 1997
- Ernesto di Martino, "Sud e magia", Feltrinelli, 2002
- Interviste sul campo
- Testimonianze orali e pratiche di forme di magia cerimoniale