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Le convergenze del Risorgimento italiano

24 agosto 2010

© 2013 - Piazza Mario pagano a Potenza

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(ACR) - 17 marzo 1861: sotto l’egida di Vittorio Emanuele II di Savoia, venne proclamato il Regno d’Italia. Una data che da punto di arrivo di un travagliato processo storico, divenne punto di partenza della ricerca di soluzioni ai tanti problemi caratterizzanti proprio il neonato Regno d’Italia. Parola chiave: “Risorgimento “: espressione che avrebbe caratterizzato l’identità nazionale italiana e che fiumi di storiografici inchiostri avrebbero riscritto a far data dagli inizi del XX secolo ad oggi. Ma il Risorgimento italiano fu anche Risorgimento meridionale, lucano? Fu la pagina risorgimentale lucana, una delle più belle a fondamento identitario del Mezzogiorno italiano tutto?

Per rispondere a tali quesiti è d’uopo premettere il quadro storico generale della penisola italiana. Lo storico Gabriele De Rosa in Dal Seicento all’Ottocento sostiene che il Risorgimento fu un processo storico attraverso il quale diverse identità socio-politiche e militari parteciparono all’incedere dell’Italia verso l’unità nazionale. Un’unità, cui contribuì sia la realtà centro - settentrionale italiana, che quella meridionale, lungo binari non paralleli ma, stavolta, convergenti.

Esso ebbe inizio col fallimento dei moti nazional - liberali del biennio 1848-1849, cui seguì un risolutivo compromesso fra le monarchia sabauda del Regno di Sardegna e le forze borghesi italiane che tanto auspicavano all’ordine ed al raggiungimento del liberalismo economico. Mentre infatti, lo Stato Pontificio veniva restaurato e nel meridionale Regno di Napoli si stava attuando una feroce repressione dei rivoluzionari del 1848, lo Stato Sabaudo, Vittorio Emanuele II regnante, decideva di mantenere in vigore la Costituzione concessa da Carlo Alberto il 5 marzo 1848, così divenendo ideale punto di riferimento per chi promuoveva l’unità d’Italia. Il Primo Ministro sabaudo, Camillo Benso conte di Cavour, era riuscito ad inserire la causa italiana su un piano di interesse europeo. L’occasione gli era stata offerta dalla guerra di Crimea, tra Francia, Inghilterra ed Austria contro la Russia, che mirava ad espandersi nella penisola balcanica, sui protettorati dell’Impero Ottomano. Al Regno di Sardegna fu proposto di inviare un corpo di spedizione militare in Crimea. Vittorio Emanuele II e Cavour diedero l’assenso. Ciò consentì al Primo Ministro sabaudo di partecipare al Congresso di Parigi nel quale, discutendo le condizioni di pace, pose in evidenza la questione italiana ai rappresentanti delle maggiori potenze europee, mirando a spogliarla di ogni caratteristica rivoluzionaria e a permettere l’individuazione, come interesse europeo ed in chiave moderata, l’estromissione dell’Austria dalla penisola italiana.

Secondo Cavour, l’indipendenza e l’unificazione nazionale italiana avrebbero fatto da volano allo sviluppo del liberalismo economico dell’Europa tutta. Non a caso, si era già impegnato in direzione di una politica liberistica, firmando trattati di libero commercio, con la Francia, l’Inghilterra ed il Belgio. Aveva altresì, tra il 1852 ed il 1859, ideato e tenuto un indirizzo di ammodernamento e democratizzazione dello Stato Sabaudo. Identica politica di indirizzo liberistico fu tenuta nei rapporti con la Chiesa. Ma il capolavoro politico cavouriano fu l’Alleanza di Plombières con Napoleone III, ratificata a Torino il 18 gennaio 1859 secondo la quale, a seguito di una guerra difensiva contro l’Austria, si sarebbe dovuti arrivare alla costituzione di un Regno d’Italia, i cui confini avrebbero compreso il Piemonte, la valle del Po, la Romagna e le legazioni pontificie, tranne Roma ed il territorio circostante, mentre alla Francia sarebbero state cedute la Savoia ed la contea di Nizza. La guerra dei Franco-Piemontesi contro l’Austria scoppiò il 26 aprile 1859 ed alla sua conclusione tutto andò come pattuito tra Napoleone III e Cavour, tranne che per tre incalcolati aspetti. In primo luogo gli stati dell’Italia centrale insorsero, costituirono dei governi provvisori e raggiunsero l’annessione al Piemonte attraverso dei plebisciti. Poi lo stesso Cavour, d’intesa con Napoleone III, iniziò ad indirizzarsi verso una politica unitaria non più limitata al centro-nord ma estesa alla penisola italiana intiera. Ed ancora, fece sentire le proprie istanze il Partito d’Azione, di ispirazione democratica, con a capo Giuseppe Garibaldi il quale, contrario all’aiuto straniero per la realizzazione dell’unità d’Italia, ideò e realizzò la celebre Spedizione dei Mille. Partendo da Quarto, presso Genova, nella notte tra il cinque e sei maggio 1860, dopo una sosta presso il presidio militare sabaudo a Talamone, sulla costa toscana, la spedizione raggiunse Marsala, in Sicilia, da dove ebbe inizio la liberazione dell’intero Regno di Napoli e la definitiva liquidazione della monarchia borbonica. Intanto Cavour, aveva spedito truppe che, attraverso le Marche e l’Umbria, raggiunsero i garibaldini a Teano, facendo così rientrare l’impresa dei Mille, nelle prospettive di una soluzione unitaria controllata dal governo di Torino, a scanso del pericolo di uno slittamento rivoluzionario della stessa. Il 18 febbraio 1861 si riuniva a Torino il primo Parlamento dell’Italia unita.

Analizzando i passaggi storiografici scientificamente più aggiornati relativi allo studio del Risorgimento emerge, come sostiene Antonio Lerra ne L’Albero e La Croce. Istituzioni e ceti dirigenti nella Basilicata del 1799, che già Raffaele Ciasca, nell’intervento sulla Basilicata in occasione del I Centenario dell’Unità d’Italia, riconoscendo nelle vicende repubblicane del 1799 in Italia, tanto la gemma del riformismo settecentesco partenopeo, quanto lo stadio primo del processo unitario italiano, avviò un percorso di ricostruzione e lettura del Risorgimento lucano distanziando da un lato interpretazioni di stampo patriottico - liberale, dall’altro posizioni in prevalenza riconducibili alla centralità dell’azione diplomatica cavouriana in attuazione della volontà espansionistica sabauda.

Suscettibili di qualifica sono la valenza e l’incidenza del democratismo lucano, rimasto ai margini nell’ambito di tanta precostituita e adattata lettura la quale ha connotato la cultura storico - politica italiana otto - novecentesca intiera, trascurando le articolazioni e i ruoli di prima fila dei ceti e dei gruppi dirigenti lucani, clero compreso. E’ oramai prova provata ad esempio, che l’episcopato lucano, come quello partenopeo, assunse posizioni non solo legittimiste, tenendo assieme il moto unitario e gli auspici della volontà divina. La data di nascita del moto risorgimentale nel Mezzogiorno, viene allora individuata proprio nei fatti del 1799, dando così l’avvio a quella nuova stagione politica che, ulteriormente irrobustitasi nel decennio napoleonico, avrebbe profondamente segnato gli eventi che caratterizzarono per intiero il processo unitario, anche in Basilicata. Si tenga presente però, che il moto risorgimentale nel Mezzogiorno, si sviluppò sulle rovine ancora fumanti del Regno di Napoli crollato di schianto, nella cui caduta vennero travolte le tradizionali élites di governo, subito scalzate da altre per le quali la causa unitaria della penisola, occasione fu per giungere (talvolta solo per rimanere) al governo.

Nel processo risorgimentale lucano e meridionale va anche evidenziato altro ruolo: quello del brigantaggio. Nel vuoto d’ordine che per qualche tempo drammaticamente attraversò le province meridionali, il brigantaggio assunse i contorni di vera e propria guerra civile, presto divenendo mazziere di quanti provavano, in nome di Francesco II di Borbone, a recuperare posizioni perdute. La nuova classe di governo, chiamata a rispondere con veemenza alla contestazione in armi dello stato unitario, ripropose allora, come precedente in cui iscrivere la propria azione, proprio il martirologio dei patrioti del 1799 quali vittime di una violenza plebea di cui quella dei briganti fu drammatica duplicazione.

Così, come scrive Antonino De Francesco nel suo intervento Rappresentanza democrazia, bonapartismo: ripensare il 1799, “il proposito di costruire la vicenda risorgimentale anche per il Mezzogiorno, regge un’operazione politica di largo profilo riassunta dalla tragica vicenda della Repubblica napoletana e la legittimazione del nuovo stato unitario passa per la via di una tradizione patria fissata attorno allo stereotipo di alcune élites patriottiche sempre disposte, nel nome d’Italia, a combattere quel morbo sanfedista sin dal 1799 sapientemente inoculato da casa Borbone nel tessuto connettivo meridionale”. Tale ricostruzione dell’Ottocento meridionale risultò utile altresì per frenare le insoddisfazioni ed i risentimenti causati dalle disarmonie dello stato unitario e dalla marginalizzazione del Mezzogiorno. Il 1799 napoletano dunque, è la prova di quanto il Sud avesse fatto per un’Italia che sembra invece dimenticarlo, nonostante il contributo di sangue delle élites meridionali. Tale tragico contributo inoltre, accompagna il monito di una specificità politico - istituzionale meridionale volutamente affondata. Oggi così, a ricorrenza del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, è da individuarsi proprio nel 1799 la base di appoggio su cui collocare il contributo delle élites di governo meridionali alla politica dell’Italia liberale e legittimare la partecipazione del Mezzogiorno alla causa dell’ unità d’Italia.

Va da sé dunque, distanziandosi dalle interpretazioni storiografiche limitatamente settentrionaliste, che l’ operato volenteroso e consapevole di ideali, dei patrioti meridionali durante il Risorgimento italiano, resta a testimonianza, come enuncia Giulio Ferroni in Storia della Letteratura Italiana, dall’Ottocento al Novecento, “del bisogno di riscatto di un’Italia meridionale oppressa ed emarginata”. (M.R.)


Bibliografia

  • Rappresentanza democrazia, bonapartismo: ripensare il 1799, a cura di A. De Francesco, Atti del convegno di studio La parabola della democrazia. Esperienza e memoria del 1799 in Europa, Potenza 17-19 maggio 1999, Milano, Guerini e Associati, 2003.
  • G. De Rosa, Dal Seicento all’Ottocento, Città di Castello, Minerva Italica, 2001.
  • G. Ferroni, Storia della Letteratura Italiana, dall’Ottocento al Novecento, San Casciano Val di Pesa (FI), Einaudi Scuola, 1997.
  • A. Lerra, L’ Albero e La Croce. Istituzioni e ceti dirigenti nella Basilicata del 1799, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2001.


     

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