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(ACR) IL CLUB ALPINO IN BASILICATA

03 febbraio 2010

(ACR) - Chissà se quando nel 1878 ha dato i natali alla Sezione Lucana del Cai (Club Alpino Italiano) - sull’esempio di Quintino Sella che nel ’63 ha fondato l’Associazione nazionale - Giustino Fortunato ha anche solo immaginato che la sua “creatura” avrebbe fatto strada. Fino ad arrivare al 2010. Oggi, una volta a settimana, i membri della sezione di Potenza continuano a riunirsi nella sede in Via Tirreno, per programmare attività, o semplicemente trascorrere qualche ora tra amici. Sulle tracce del Cai Basilicata, dopo un lungo periodo di pausa, nel 1990 il Cai - Sezione di Potenza – è stato ricostituito. Da allora ad oggi centotrenta soci, trentatré escursioni all’anno, equipe di figure tecniche formate a livello nazionale tra accompagnatori e responsabili di escursioni, mantengono vivo il ricordo e la passione di Fortunato. “Precursore appenninico” come lo ha denominato Teresio Valsesia, direttore della rivista del Cai, “solitario camminatore” come amava definirsi egli stesso. Accanto al Fortunato politico e sociologo è convissuto anche l’escursionista attento e raffinato. Lo dimostrano i suoi scritti, fonte preziosa per la storia dell’alpinismo italiano, come l’esemplare “L’Appennino Meridionale”, tratto da “Annuario della Sezione Lucana del Cai”. E’ proprio Fortunato ad ammettere che l’“innata passione del podismo” gli consentì di “conoscere e amare” la realtà del suo Paese.

E passione, amore, desiderio di conoscenza per il proprio territorio sono ancora gli immancabili “compagni” di un viaggio senza confini. Che si tratti di un’escursione, di un’arrampicata, o di qualunque altro “strumento di comunicazione” con l’ambiente naturale. Di questo è assolutamente convinto Massimo Carriero, uno degli accompagnatori di escursionismo della sezione potentina del Cai. Senza questi “complici” – osserva – “dopo mezz’ora sei già stanco e non vai avanti”. Ma a riempire i programmi dei “caini” potentini, come amano definirsi i soci del Cai, “non sono le sole escursioni, sia in regione che fuori, - comincia a raccontare il presidente, Vincenzo De Palma – altri momenti di incontro e crescita sono i corsi di escursionismo e sci di fondo, di segnaletica in montagna e cartografia, e, ancora, stage di progressione su roccia”.

Chiaramente non tutto è accessibile a tutti. “Per le attività più specifiche ci si mette d’accordo di volta in volta. Per potersi arrampicare – entra nei dettagli il presidente - bisogna aver frequentato corsi, perché per noi non si prescinde dalla sicurezza, non si improvvisa, chi decide di scalare deve essere preparato e soprattutto capace”. Non a caso “ci avvaliamo di figure professionali in grado di condurre escursioni in media montagna, senza arrampicata, e altre formate proprio per questa specificità”. E se le scalate sono riservate a pochi, accessibile a chiunque è l’esperienza dell’escursione, non sempre sinonimo di semplicità, comunque. In genere, dura una giornata, e il tempo varia in base alla stagione, alle ore di luce solare, alle temperature. “Prima di partire siamo noi in prima persona ad esplorare i luoghi in cui porteremo chi decide di fare il percorso, assicurandoci anche che sia adatto a chi partecipa per la prima volta”. Ma il senso di responsabilità deve essere reciproco. L’escursionista “per caso”, e non, deve “riconoscere i propri limiti in modo da non essere, poi, di ostacolo al resto del gruppo” – osserva De Palma.

Valutate tutte le accortezze necessarie, quindi, con il giusto abbigliamento, il programma dettagliato del cammino per dare consapevolezza a chi partecipa di cosa andrà ad affrontare, si può partire. Alla luce del sole, o della luna, come nel caso della “notturna” sul Monte Calvelluzzo. La gran parte delle escursioni la sezione di Potenza le fa in Basilicata, anche perché – interviene Carriero - “non esistono confini quando si pensa all’‘ambiente naturale’. Per noi – prosegue – quando raggiungiamo i Monti Lattari, nel Cilento, siamo quasi in Basilicata. E la stessa sensazione la viviamo quando andiamo in Sicilia o in Abruzzo”.

Camminare è voler conoscere, e conoscere è voler amare il territorio. Così si arriva anche in Basilicata, la regione che ha schiuso, nel tempo, il suo fascinoso patrimonio a chi non ha più smesso di volerlo scoprire. Al ritmo di montagne, parchi, boschi e piccoli centri sono arrivate le sezioni del Cai di Novara, Este, Arezzo, Ancona, Napoli Messina. “Abbiamo posti che apprezziamo poco, ma di cui, al di là dei nostri confini, si sente parlare al punto da esserne attratti e volerli visitare” – commenta Massimo Carriero. E’ il caso del Parco Nazionale del Pollino e quello di Gallipoli Cognato e delle Piccole Dolomiti Lucane, “fiore all’occhiello del nostro territorio e ce ne rendiamo conto per come sono conosciuti lontano da noi”. Si scopre, così, che il turismo escursionistico promuove le meraviglie che la Basilicata custodisce, quasi gelosamente, quasi non volesse condividerle per non perderle. Ma una volta svelate è impossibile dimenticarle. Anche perché un’escursione non è fine a se stessa. Andare per percorsi significa raggiungere, poi, i comuni più caratteristici in coincidenza dei riti folkloristici o delle feste religiose più suggestive, assaporare le tradizioni enogastronomiche, lasciarsi coccolare dall’accoglienza dei “paesani”. Ed ecco che il territorio finisce per non avere più segreti.

Hanno tra i venti e i sessant’anni i soci del Cai potentino, perché il piacere di “toccare” montagne o visitare i paesi più “intimi” della regione, percorrendo l’intero territorio, non ha età”. Difficile non lasciarsi stregare da quel “grosso contenitore di valori che è la montagna, valori non facilmente distinguibili nel nostro vivere quotidiano e che impariamo ad apprezzare frequentandola, di qui l’aspetto sociale” – spiega Carriero. Sì, perché incontrare tante persone e ritrovarsi a parlare pur non avendo mai visto quei volti va al di là “dell’incontro fugace corredato da un frettoloso saluto in centro”. Capita che i componenti di un gruppo di escursionisti - in genere va da un minimo di dieci fino a raggiungere le cinquanta unità e oltre – rivelino ai compagni di avventura ciascuno la propria competenza o passione: dall’esperto di botanica a quello di zoologia. “Un arricchimento continuo – dice Massimo Carriero – come può accadere imbattendosi nelle orme impresse sulla neve da un animale appena passato”. Sui segni lasciati da un cinghiale o una volpe, da leprotti o lupi, o riconoscere gli aculei di istrice, si aprono dibattiti appassionanti che riducono la fatica, accrescono l’entusiasmo, per poi arrivare a sera con il corpo stanco, la testa libera e la ricchezza di un’esperienza esclusiva. Perché resti tale per sempre il Cai potentino si è dotato di un prezioso documento in cui fissare le fatiche, mai senza emozioni, che si vivono durante un’escursione, è “L’Appennino Lucano”, una testata di settore in cui chiunque può raccontare la propria esperienza per invogliare chi non l’ha mai fatto a non privarsene.

Per il ventennale dalla fondazione i “caini” hanno deciso di segnare il sentiero che va da Marsicovetere al monte Vulturino – spiega De Palma. “Segnare” un sentiero vuol dire dotarlo della segnaletica necessaria “per attraversarlo anche da soli – fa eco Carriero – e per questo la Regione Basilicata si è dotata della legge 51 del 2000”. Essa contiene le “Norme per la programmazione, lo sviluppo e la disciplina della viabilità minore e della sentieristica in Basilicata”. Un modo per razionalizzare ed armonizzare la segnaletica dei sentieri, riqualificando il territorio attraverso percorsi pedonali organizzati in reti sentieristiche per la fruizione escursionistico-turistica in totale sicurezza. La legge è il frutto della collaborazione tra il Club Alpino Italiano e la Regione Basilicata e comprende anche il “Catasto dei sentieri”: “Fondamentale – aggiunge il tecnico - per continuare, attraverso la segnatura degli stessi, a tenere sotto osservazione il territorio, i suoi mutamenti, i punti critici e di eccellenza”. Poi sottolinea: “Noi non creiamo sentieri, noi percorriamo strade sempre esistite, quelle attraversate dai carbonai per raccogliere il carbone, o da chi raggiungeva i nevai in alta montagna per portare il ghiaccio a valle in periodo primaverile, utilizzate anche per spostare le mandrie da una zona all’altra della regione e per il collegamento dei centri abitati”.

“Camminare per conoscere” il territorio attraverso segni sempre esistiti ma che spesso si ignorano. “Da Pietrapertosa a Castelmezzano, da Albano a Campomaggiore – puntualizza Massimo Carriero – si è sempre andati”. Andare per montagne, sfiorare ogni ambiente naturale, può essere un modo diverso di comunicare, può rappresentare anche il piacere di stare con se stessi estraniandosi autonomamente dal gruppo. Il vento che sfiora foglie d’alberi, il volo di un rapace, lo strisciare di un rettile, possono creare quella magia che fa sentire volutamente soli anche se in realtà non è così. Razionale e fuori da ogni fantasia deve essere, invece, la consapevolezza che la scoperta del territorio, qualunque esso sia, è un modo di attraversarlo e rendersi conto che noi siamo suoi ospiti ed esso non ci appartiene. “Conoscere e amare”. Come Giustino Fortunato insegnava. (A. P.)

Fonti:

  • www.caipotenza.it
  • www.cai.it
  • “Camminare per conoscere”, a cura di Pasquale Libutti e Pierluigi Cammarota, Club Alpino Italiano – Sezione di Potenza -
  • Giustino Fortunato, “L’Appennino Meridionale”, tratto da “Annuario della Sezione Lucana del Cai”
“Manuale per la realizzazione dei sentieri” – Rete Escursionistica Regionale, L.R. 14 Aprile 2000 n. 51




Redazione Consiglio Informa

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