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(ACR) IL FRANCESCANESIMO IN BASILICATA

08 luglio 2010

"La famiglia francescana è presente in Basilicata fin dalla prima metà del secolo XIII, e si è arricchita nel tempo di una presenza capillare sul suolo lucano"

(ACR) - La presenza francescana in Basilicata ha le sue radici più profonde nel ricordo culturale del fondatore Francesco d’Assisi, esempio di vita caritatevole, povertà e fratellanza. Comunemente si ritiene che questi, nell’inviare i suoi frati ad evangelizzare il mondo, istituì tra il 1217 e il 1223 undici province. Fermo restando l’impossibilità di identificare “tout-court” una circoscrizione amministrativa con un’area religiosa ben definita, o una “provincia monastica” facendo riferimento a criteri geografici basati su una precisa demarcazione dei confini, nella divisione dell’ordine francescano in province la parte nord-est della Basilicata fu aggregata alla provincia di Puglia (“Apulia”) mentre la parte sud-ovest alla provincia campana di Terra di Lavoro (“Terra Laboris”). Le province erano poi suddivise in custodie, in conformità al dettato della Regola approvata proprio nel 1223 da papa Onorio III, dove si parlava di ministri provinciali e custodi.


La famiglia francescana si articola in tre ordini: il primo ordine, detto anche dei Minoriti, comprende i frati minori, i frati minori Conventuali, i frati minori Cappuccini. Tre rami di un unico albero. Pur osservando tutti la stessa Regola e rifacendosi allo stesso carisma, ogni famiglia si è data nel corso dei secoli una struttura indipendente l’una dall’altra. Il secondo ordine abbraccia le monache di clausura, chiamate Clarisse, dalla figura di Chiara d’Assisi. La spiritualità è la stessa del primo ordine ma, accanto ed in funzione complementare ad esso, ha una caratterizzazione propria: la dimensione contemplativa nella clausura. Il terzo ordine comprende l’ordine francescano secolare e il terzo ordine regolare, sia maschile che femminile, con le sue molteplici congregazioni religiose. I francescani secolari, restando nel mondo e nel proprio posto di lavoro, continuano ad incarnare il messaggio di Francesco e a pervadere il mondo con la carità, il perdono, la fratellanza. Anche le molteplici congregazioni maschili e femminili adottano lo stesso stile di vita, ispirandosi alla spiritualità del maestro.

I francescani, si è detto, non ebbero inizialmente una loro organizzazione geografico-giuridica autonoma, ma gravitarono nell’ambito delle due giurisdizioni limitrofe di “Apulia” e “Terra Laboris”, almeno per gli insediamenti del ramo conventuale. Solo dopo il sorgere di altri rami (Osservanti, Riformati e Cappuccini) furono istituite le rispettive circoscrizioni autonome: la provincia degli Osservanti nel 1517, quella dei Cappuccini nel 1560 e quella dei Riformati nel 1593. Mentre, però, le circoscrizioni degli Osservanti e dei Riformati (che nel 1897 si unirono sotto il nome di frati minori) erano racchiuse nell’ambito della Basilicata, quella cappuccina si estendeva anche all’area salernitana, incorporando i conventi di Salerno, Giffoni e Montecorvino.

La famiglia francescana è presente in Basilicata fin dalla prima metà del secolo XIII, e si è arricchita nel tempo di una presenza capillare sul suolo lucano. L’espansione dell’Ordine comincia dalle sedi vescovili e dai centri di maggior peso demografico, e prosegue lungo i confini regionali, privilegiando i due versanti orientale e occidentale: una strategia funzionale alla predicazione itinerante, a provvisori allogamenti in esperienze religiose pre-esistenti che solo in seguito si orienta verso la stabilità conventuale. Tra i secoli XIII-XIV i primi insediamenti minoritici sono 13, e si trovano in gran parte nelle sedi vescovili: nella provincia pugliese troviamo i conventi di Atella (1358), Irsina (1222), Matera, Melfi (1222), Miglionico (1444), Senise (1319), Tricarico (1314) e Venosa; nella provincia campana troviamo i conventi di Saponara (Grumento), Marsico Nuovo, Marsico Vetere, Muro Lucano e Potenza. Le più antiche case minoritiche erano tutte abitate dai Conventuali, che risiedevano nei conventi oggi denominati di San Francesco o Sant’Antonio.


Sono spesso gli stessi vescovi a chiamare i religiosi di Francesco d’Assisi ed a favorirne la permanenza e l’insediamento; molti di essi, poi, sono esponenti dello stesso Ordine, che vengono in numero consistente a reggere le chiese della Basilicata, soprattutto nel secolo XIV, nel difficile periodo avignonese: a Melfi, ad esempio, il dotto perugino Monaldo dei Monaldi e, a Potenza, Guglielmo della Torre, minore “zoccolante” che, come il collega di Melfi, fu il primo vescovo potentino non eletto dal popolo ma da Avignone. Anche nei secoli successivi, nutrita è la rappresentanza francescana che favorì la promozione di monti frumentari, la istituzione di biblioteche, come testimonia l’esperienza del conventuale fra’ Bonaventura da Potenza che resse la diocesi dal 1646 al 1671 .
Le Clarisse dividono la comune esperienza dei Minoriti, anche se il loro allogare è più tardivo, ma non per questo meno significativo. Le sorelle di Chiara s’insediano inizialmente ad Atella (monastero di San Francesco d’Assisi, 1358), Genzano (monastero di S. Chiara, 1324) e Potenza (monastero di San Luca, 1466). Tra il XVII e il XVIII secolo, a parte i monasteri di Melfi e Tricarico di cui non si è certi, nuovi insediamenti delle Clarisse arricchiscono la presenza francescana in Basilicata: Muro Lucano (S. Maria del Carmine, 1608), Ferrandina (S. Chiara, 1595), Irsina (S. Chiara, 1655), Avigliano (San Giuseppe, 1704) e Matera (S. Chiara, 1708).


Al primo nucleo di conventi, che gravita nell’ambito delle due circoscrizioni confinanti, si affianca ben presto in Basilicata il movimento dell’Osservanza, che istituisce i primi monasteri proprio negli anni del contrasto più acuto con i Conventuali, tra il 1430 e il 1446 (Venosa, Melfi, Miglionico, Atella) e si costituisce come vicaria nel 1484 e come provincia autonoma nel 1517, raggiungendo tra la fine del XVI e la prima metà del XVII secolo una notevole espansione. Dopo il 1517, infatti, gli Osservanti, con il favore del popolo e dei baroni locali, sperimentano un’incredibile esplosione insediamentale, anche se l’allogare si dirige verso luoghi solitari, eremi, piccole stazioni missionarie: il numero dei conventi passa, infatti, dal 1517 al 1650 da 20 a 33 unità . Nel 1593, infine, 5 conventi degli Osservanti (Laurenzana, Potenza, Tricarico, Oppido, Tito) passano ai Riformati, di più stretta osservanza, che nel 1639 costituiscono la seconda provincia con ben 19 unità. Una terza provincia viene formata dai frati minori Cappuccini nel 1560 – introdotti dalla figura di Tullio da Potenza – che un secolo dopo conta 42 conventi, di cui 26 in Basilicata , e 16 nella Terra di Lavoro.


Il significato di una tale presenza francescana nei territori lucani è di fondamentale importanza sul piano culturale: si pensi all’incremento dato agli studi filosofici, teologici e umanistici negli studi conventuali e nei seminari. Già le costituzioni cappuccine del 1536 prevedevano che “vi fossero alcuni devoti studi et sanctidi charità et humulitate redundanti, tanto nella grammatica positiva quanto nelle sacre letture” . Nella provincia cappuccina lucana troviamo istituito nel 1582 uno studio di teologia a Melfi, insieme ad altri studentati che si riscontrano, fra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, a Tricarico, Muro Lucano, Picerno, Vietri, Ferrandina, Tolve, Lagonegro. Lo studio di teologia a Tricarico, in particolare, fu sempre luogo numeroso di noviziato e, per la sua importanza, fu risparmiato durante la soppressione del governo francese che “ne volle la sussistenza e la conservazione per aver conosciuto il grande vantaggio sia spirituale che temporale che un tal monastero recava alla popolazione” . Numerose, poi, le biblioteche: le più ricche e dotate sono indubbiamente quelle presenti nei conventi sede di noviziato e di studi teologici e filosofici, che diventano dei veri e propri centri di cultura religiosa creando un raccordo culturale con le varie scuole della zona, come si registra fra i tre conventi cappuccini di Vietri, Muro e Picerno.


Lo sviluppo delle diverse famiglie francescane non è interrotto dalla soppressione innocenziana del 1652, anzi, lo spazio dei secoli XVI-XVIII segna per tutte le famiglie minoritiche, un momento di revisione e di massima diffusione dei frati nella regione lucana .
Fervida è l’attività edilizia promossa dai religiosi che, dopo la prima fase di itineranza e provvisorio allogamento nelle pre-esistenti dipendenze monastiche, costruiscono nuovi edifici avvicinandosi sempre più ai centri abitati, sia per esigenze di apostolato sia per motivi pratici di maggiore sicurezza e convenienza economica. In molti paesi era la popolazione dedita al culto del poverello di Assisi che spingeva i frati a rimanere ad ogni costo, costruendo con fatica e sacrifici per loro i conventi, spingendo le università e i ricchi baroni a deliberare la concessione e la fondazione di chiese e case religiose. A prescindere dalla valenza sul piano religioso, non può sfuggire il significato della famiglia francescana sul piano della promozione sociale, per via della fondazione dei monti di pietà e dei monti frumentari, che furono promossi dagli stessi francescani e appoggiati massicciamente dalle popolazioni lucane, e che furono la culla di quelle “banche” dei poveri e del grano per i contadini. I frati di sicuro esercitavano un ruolo molto importante nella vita socio-economica locale, poiché avevano intessuto una serie di rapporti creditizi di “microcredito” con i cittadini: si pensi appunto ai monti frumentari, nati per prestare ai contadini più poveri il grano e l’orzo per la semina. Quando nei magazzini vi erano delle grosse eccedenze una parte veniva venduta, ed il denaro ottenuto veniva utilizzato per la creazione di monti pecuniari, al fine di prestare agli agricoltori le somme per le spese del raccolto ad un tasso del 5%, a volte anche del 10%. I frati, insomma, figuravano a tutti gli effetti come piccoli imprenditori locali che finanziavano ampie fasce della popolazione.


Nel XIX secolo per tutta la famiglia francescana arriva il momento della soppressione: prima quella napoleonica (1805-15), poi quella italiana (1861-66). Le leggi eversive del decennio francese, come quelle post-unitarie, segnano una forte battuta d’arresto nell’attività sciale e religiosa dei francescani: molti conventi vennero chiusi, alcuni adibiti a ospedali o caserme, come i due conventi dei Cappuccini a Potenza (S. Carlo) e Lagonegro (S. Francesco).
I religiosi però continuavano ad essere reclamati dalla gente per l’assistenza spirituale e materiale che essi fornivano soprattutto nelle zone rurali: in particolare, i Cappuccini, i cui conventi sorgevano ad una certa distanza dall’abitato, erano forniti di “infermeria” e di “foresteria” per i pellegrini. A Moliterno, infatti, il clero e i cittadini sollecitavano la riapertura del convento di S. Croce in quanto era di “molto vantaggio” per i contadini che, dimorando in campagna, non potevano andare alla chiesa parrocchiale “specialmente in tempo di notte o nella stagione di inverno” . Anche il vicario di Tricarico sottolineava che il ripristino del convento dei Cappuccini dedicato a S. Antonio da Padova giovava non solo ai cittadini ma anche ai forestieri “che non trovando facilmente in sta città il comodo dell’alloggio, specialmente d’inverno lo trovano presso detti Padri” . Prima della soppressione degli ordini religiosi e della loro dispersione nel XIX secolo, si contavano più di un centinaio di conventi francescani delle tre “obbedienze” sul territorio regionale e, spesso, come risulta da numerosi resoconti specialmente dei vescovi del tempo, ve n’era più d’uno di diverse famiglie in uno stesso paese.
Quasi tutti i conventi della Basilicata, tranne qualche eccezione come Forenza, Oppido Lucano e Banzi, furono tutti chiusi e i frati, dispersi per altri sentieri, faticarono non poco per un rientro, stimolato dai superiori maggiori. Quelli che ritornarono furono affidati al ministro della provincia di principato Raffaele da Paterno e furono poi seguiti dal 1902 da Sisto Paoleschi che, dalla Toscana, era stato inviato in Calabria come commissario. I pochi conventi con i pochi frati vennero aggregati, nel 1909, alla provincia calabrese e nel 1942, insieme alle ex province di Principato e Materdomini, diedero origine all’attuale provincia salernitano-lucana dell’Immacolata Concezione, con sede a Salerno. In Basilicata, oggi, i frati operano nei conventi di Banzi (S. Maria), Grassano (S. M. Carmine), Forenza (SS. Crocifisso), Matera (Cristo Re), Moliterno (S. Croce), Potenza (S. Michele e S. M. Sepolcro), Oppido (S. Antonio). (F.R.)

Note:

  • 1 Fra’ Bonaventura Claver amò tanto questa terra che ampliò il seminario, fondò due biblioteche di notevole valore culturale, promosse le arti sacre abbellendo e restaurando diverse chiese francescane e mise in piedi due monti frumentari molto importanti
  • 2 Si ricordano Brienza (1524), Carbone (1547), Salandra (1552), Acerenza (1586), Balvano (1606), Pignola (1607), Rotondella (1646)
  • 3 Si ricordano Ferrandina (1566), Melfi (1582), Muro Lucano (1585), Tolve (1585), Picerno (1590), Venosa (1591), Montescaglioso (1593)
  • 4 Cfr. Maria Antonietta Rinaldi, “La presenza francescana nella Basilicata moderna”, p. 200
  • 5 Ivi, p. 201
  • 6 Con la bolla “Instaurandae regularis disciplinae” Innocenzo X mirava alla chiusura dei piccoli conventi. In realtà vennero soppressi solo quattro conventi dei Conventuali (Baragiano, Bernalda, Ruvo del Monte, Tursi), due degli Osservanti (Atella, Melfi) e uno dei Cappuccini (Irsina)
  • 7 Ad esempio, l’università di Vietri s’impegnava a spendere ducati 6 (sei) per carità della cera, da comprarsi alla fiera di Salerno e ducati 4 (quattro) per la venerazione delle reliquie della Passione di Gesù Cristo che si conservano nel convento dei Cappuccini «acciò in tutti i giorni della festività di dette reliquie, detta cera si trovi pronta». Cfr. Maria Antonietta Rinaldi, cit., p. 195
  • 8 Ad esempio, il convento di S. Antonio degli Osservanti a Stigliano e quello di S. Maria del Sepolcro a Potenza furono eretti rispettivamente dal principe De Marra e dai conti Guevara
  • 9 Il monte di pietà è una istituzione finanziaria nata su iniziativa dei francescani per erogare prestiti di limitata entità in cambio di un pegno. In pratica, si finanziavano persone in difficoltà fornendo loro la necessaria liquidità, in cambio di beni di valore che venivano loro restituiti quando ripianavano il debito
  • 10 Maria Antonietta Rinaldi, cit., p. 197
  • 11Ibidem


Fonti:
  • Gennaro Bove, “Il francescanesimo in Basilicata”, S. I. 1989
  • G. Bove, C. Palestina, F. L. Pietrafesa, “Francescanesimo in Basilicata: atti del convegno di Rionero in Vulture, 7- 10 maggio 1987”, Centro Studi “Conoscere il Vulture” 1989
  • Gerardo Messina, “La presenza francescana in Basilicata: i vescovi dell’ordine”, in “Bollettino della Biblioteca Provinciale di Matera”, n. 6 (1983), pp. 89-92
  • Maria Antonietta Rinaldi, “I francescani nell’area dell’Alto Bradano fra XVI e XIX secolo”, in “Rassegna storica lucana”, n. 31-32 (2000), pp. 67-91
  • Maria Antonietta Rinaldi, “La presenza francescana nella Basilicata moderna”, in B. Pellegrino, F. Gaudioso, “Ordini religiosi e società nel mezzogiorno moderno”, Congedo, Galatina 1987, pp. 191-202



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