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SVILUPPO RURALE E PICCOLI COMUNI IN BASILICATA
20 giugno 2003
(ACR) - La realtà composita della Basilicata, regione assolutamente votata all'agricoltura sin dai tempi più remoti, dai forti e molteplici contrasti geofisici e culturali, è tra quelle regioni del Mezzogiorno che, dalla fonte ISTAT 2001 sul censimento della popolazione, conta circa il 74% di Comuni con meno di 5.000 residenti. Inoltre, mentre i residenti sono in netto aumento, la popolazione totale della Basilicata è in crescente diminuzione, tanto che il calo è pari al 20%. Infatti, nella sola provincia di Potenza, sono 81 i Comuni a rischio di spopolamento e 123, su tutto il territorio regionale, quelli definiti "rurali". Un altro dato sconfortante è, poi, costituito dall'indice di vecchiaia, dato dal rapporto della popolazione con più di 65 anni su popolazione compresa tra 0 e 14 anni, che è passato da 0,43 del 1971 a 1,7 del 2001. La virtualità dei "freddi" dati ISTAT, tuttavia, delinea realisticamente l'amara condizione in cui riversano i piccoli Comuni lucani. Da più parti e con numerose iniziative, (la riunione del 25 Maggio dei sindaci dei piccoli Comuni a Tito scalo, l'incontro del 6 Giugno alla Camera di Commercio organizzato dalla CIA), si avverte la necessità di riflettere sulle strategie di riqualificazione dei piccoli paesi e sulle reali possibilità di un loro sviluppo. In questo senso, il disegno di legge "Realacci- Bocchino", sottoscritta da numerosi parlamentari della delegazione lucana ed approvata dalla Camera dei Deputati il 21 gennaio 2003, rappresenta un'iniziativa concreta che si inserisce nell'ottica della programmazione per il sostegno e la promozione dei Comuni lucani rispondenti a determinate tipologie. Tra i requisiti, infatti, è prevista la collocazione dei Comuni al di sotto dei 5.000 abitanti situati in aree territorialmente dissestate in cui si vivono situazioni di profonda marginalità sociale ed estrema perifericità rispetto ai centri più sviluppati. Le modalità di intervento, individuate dai 13 articoli di cui il disegno di legge si compone, riguardano, innanzitutto, la qualità della spesa fiscale e della sua distribuzione. Essa, per essere efficace, deve svincolarsi da quello che viene comunemente definito- il paradosso dello spostamento statico delle risorse finanziare- Ciò presuppone più mobilità e più incentivi da parte della Comunità europea in favore degli Enti locali. Essi, difatti, a seguito della devolution politico-amministrativa, hanno visto accrescere le loro competenze in materia di programmazione e gestione. Il disegno più ampio dello sviluppo rurale e regionale sostenibile, la competitività richiesta dalla globalizzazione, impongono l'intervento immediato con programmi di sussidiarità volti alla creazione di un sistema di monitoraggio e di centri multifunzionali che tengano conto delle esigenze del territorio. Attualmente, la concretizzazione degli interventi, nei piccoli Comuni lucani, è possibile grazie alla programmazione per i progetti dei Fondi strutturali 2000-2006 ed a quella negoziata, introdotta dai soggetti istituzionali provinciali, per la promozione e il coordinamento dello sviluppo delle aree intermedie. In ultimo, ma non secondario, con la legge si tenta di favorire la coesione socio-culturale e la valorizzazione dello spazio rurale e dei suoi soggetti economici. Non va tralasciata, infatti, l'enorme potenzialità che il territorio lucano possiede: le aree SIC (siti di interesse comunitario), le numerose produzioni a denominazione DOC (vino Aglianico e terre Alta Val d'Agri), IGP (peperoni e fagioli), IGT( grottino di Roccanova e vino di Basilicata) e DOP( pecorino di Filiano e caciocavallo) non sono altro che il risultato del "fare impresa" del contadino che sa tanto di antico e di suggestivo ma che è, nell'ottica dello "sviluppo dal basso", estremamente attuale e realistico in Basilicata. (L.L.)