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DISABILI, 'CITTADINI DI SERIE B'

30 settembre 2003

© 2013 - disabilit_2.jpg

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(ACR) - Il 26 gennaio scorso, ad Atene, si è tenuta la cerimonia di apertura dell' Anno europeo dei disabili, l'iniziativa assunta dall'Unione Europea per promuovere la piena partecipazione dei portatori di handicap alla vita lavorativa, scolastica e sociale in tutti gli Stati della Comunità. Sono 37 milioni in Europa quelli che vengono chiamati , con una forte espressione di denuncia, " i cittadini invisibili", cioè quella parte di popolazione che, pur avendo sulla carte gli stessi diritti degli altri, di fatto vivono sulla propria pelle la negazione di una sostanziale parità. L'Unione Europea sembra attivamente impegnata sul terreno costituzionale e legislativo per inserire pienamente i disabili nel contesto della società attiva. Ha chiesto all'Onu di dar vita ad uno strumento giuridico volto a tutelare e promuovere i diritti e la dignità dei disabili, dettando regole per la condotta dei Governi di tutto il Mondo. La stessa Unione europea ha, poi, approvato una nuova legislazione che rende illegali tutte le forme di discriminazione nei confronti dei disabili sul luogo del lavoro, direttiva che andrà in vigore alla fine del 2003. Infine la Commissione europea ha preparato per il Parlamento una comunicazione nella quale si enuncia una complessa politica volta a conseguire pari diritti per i disabili. In Italia il numero dei disabili è stimato in 2milioni e ottocentomila circa. L'Istat ne calcola 2 milioni e 615mila, ma nella indagine non sono compresi i bambini fino a cinque anni di età, per alcuni motivi tecnici connessi alle schede di rilevazione. Non solo, ma l'Istat desume questi dati non da una indagine diretta sulla condizione degli anziani, ma mettendo insieme varie fonti informative. I motivi sono che un censimento diretto avrebbe comportato l'utilizzazione di quesiti sensibili, ai quali le persone possono rifiutarsi di rispondere, in ottemperanza alla legge 675 sulla privacy. La principale fonte informativa è costituita dalle schede di rilevazione riferite al ricorso ai servizi sanitari, un termometro sufficientemente esatto per capire l'entità del fenomeno. Una inchiesta approfondita de " il Sole 24 ore"ferma a 2 milioni e 824 mila il numero complessivo dei disabili, bambini compresi, cioè all'incirca il 5 per cento della popolazione italiana. Un dato medio, che si ottiene mettendo insieme il 4,3 per cento del Nord Italia, il 4,8 per cento dell'Italia Centrale, il 5,2 per cento dell'Italia meridionale e il 6 per cento dell'Italia insulare. Un crescendo che è di per sé indicativo dell'"ambiente" in cui si sviluppa l'handicap : minori servizi sanitari, condizioni di vita più precarie, livelli di informazione più bassi. I tassi di disabilità evidenziano una differenza di genere a svantaggio di quello femminile: il 66 per cento delle persone disabili sono donne, contro il restante 34 per cento. Così come la disabilità cresce in relazione all'età: il 79 per cento delle donne disabili ha più di 65 anni, mentre i disabili ultrasessantacinquenni sono il 66 per cento. Riguardo all'occupazione il 21 per cento dei disabili maschi ha un lavoro, mentre solo l'11 per cento delle donne disabili può vantare un'occupazione. Sono tali e tante le forme della disabilità, fisica, mentale o sensoriale, che è stato necessario statisticamente racchiuderle in 4 categorie, ormai accettate da tutti i ricercatori: la prima tipologia riguarda le invalidità che determinano la costrizione a letto o in casa. Sono circa il 2 per cento della popolazione italiana; la seconda tipologia riguarda la disabilità nelle funzioni (difficoltà nel vestirsi, nel lavarsi, nel fare il bagno, nel mangiare). Riguardano circa l'1 per cento della popolazione; la terza tipologia riguarda la disabilità nel movimento (difficoltà nel camminare, nel salire le scale, nel chinarsi, nel coricarsi, nel sedersi). L'1,2 per cento della popolazione; la quarta riguarda la disabilità sensoriale (difficoltà a sentire, vedere, parlare). Circa l'1 per cento della popolazione italiana. Comprendere il problema significa anche chiarire le definizioni, usare gli stessi termini,le stesse accezioni. C'è confusione tra invalidità, disabilità e handicap. L'invalidità è la certificazione di un danno biologico che una persona riporta a seguito di una malattia o di un incidente; la disabilità è l'incapacità di svolgere le normali attività della vita a seguito di una o più menomazioni, l'handicap è lo svantaggio sociale che deriva dall'avere una disabilità. Così ad esempio una persona su una sedia a rotelle è sicuramente disabile ma potrebbe potenzialmente non essere handicappata se venissero eliminate tutte le barriere architettoniche così da non precludergli l'accesso in alcun settore della vita sociale. La situazione in Basilicata non poggia su dati statistici certi, anche per via di una certa sottovalutazione del fenomeno. Nonostante una legge regionale dell'84 prevedesse l'istituzione di un Osservatorio sull'handicap, a tutt'oggi, a quasi vent'anni di distanza, ancora non si è provveduto alla sua costituzione. Sempre sulla scorta di fonti diversificate è possibile quantificare intorno al 6 per cento della popolazione la percentuale di disabilità presente sul territorio regionale. Il dato sconta una ritrosia delle famiglie a far emergere la disabilità in età scolare, nascondendo problemi che possano creare situazioni di diversità nelle scuole (sordità, dislessia, turbe mentali). Questo è il motivo per cui i disabili provenienti dai comuni dell'interno, generalmente non arrivano alle scuole superiori. Ma non è il solo motivo. C'è anche la conformazione difficile del territorio regionale e la mancanza di servizi che garantiscono un reale diritto allo studio. I trasporti sono difficili, le barriere architettoniche sono dovunque, la dispersione della popolazione (500 mila abitanti) in 131 comuni obbliga a concentrare le scuole nelle realtà più grandi costringendo i disabili in età scolare a faticosi spostamenti su un territorio prevalentemente montuoso. Per questo motivo i disabili "scolarizzati" sono concentrati nelle due città capoluogo: Potenza e Matera. Pochi comunque sono quelli che arrivano alla laurea. Altro dato che segna negativamente la condizione dei disabili in Basilicata è una informazione non esauriente intorno ai problemi e ai diritti di ciascuno. Pochissimi sono a conoscenza delle leggi che sanciscono i loro diritti, soprattutto quelli di accesso al lavoro, ai servizi, al tutoraggio scolastico, così come pochi sono a conoscenza delle opportunità rivenienti da una legislazione europea che incoraggia l'attuazione di servizi sociali, la costituzione di cooperative di solidarietà, la mobilità a fini turistici. In Basilicata, più che altrove, il disabile viene visto come soggetto che necessita esclusivamente di cura, assistenza e talvolta beneficenza. Non esiste una cultura di inserimento reale del disabile nella società, ma soltanto l'istinto a rimuovere il problema relegandolo ad un fatto di pura assistenza sanitaria o sociale. Presidi ed insegnanti rifiutano la gestione del disabile, consegnandolo, nel migliore dei casi, ad un insegnante di sostegno che per stessa funzione, sancisce la diversità del disabile rispetto al resto della classe. Pochi genitori hanno il coraggio di combattere a viso aperto contro queste evidenti discriminazioni che iniziano già nella scuola e che poi si porteranno in tutti gli stadi e in tutti i luoghi della vita sociale: marciapiedi senza corsie di accesso, uffici senza ascensori, persino un Ufficio per le protesi agli invalidi collocato, a Potenza, in un palazzo privo di ascensore. Si stenta a capire che il solo modo per affrontare il problema non è di trattare l'handicap con risposte parziali ed isolate, ma con una strategia che stimoli una risposta complessiva della società. Per la verità, il legislatore regionale ultimamente ha prodotto uno sforzo per cambiare la situazione, varando una legge che mira a promuovere l'accesso al lavoro delle persone disabili e cercando di mettere a punto una serie di strumenti atti a d accrescere i tassi di occupazione delle categorie svantaggiate. Sostanzialmente è un provvedimento regionale di attuazione della legge nazionale n.68 del 99 che detta "norme per il diritto al lavoro del disabile", ed è un provvedimento che si sforza di promuovere anche una cultura dell'integrazione, coinvolgendo nel percorso per l'inserimento al lavoro anche le parti sociali e le associazioni dei disabili. I punti salienti di questa legge sono: a) il coinvolgimento delle famiglie, b) l'integrazione fra scuole e lavoro, c) l'incentivazione alle cooperative sociale, d) la scelta di percorsi formativi individuali per il singolo disabile, in modo da svilupparne attitudini e capacità professionali. La legge è ancora ai primi passi operativi, ma sembra voler segnare un punto di svolta nella politica sociale della regione in favore dei disabili. Il problema di queste leggi regionali e nazionali è che il testo normativo è spesso avanzatissimo, ma le risorse sono pochissime o nulle, così che a grandi declamazioni di principio spesso non segue una politica dei fatti coerente. Il disabile sovente vive in famiglia più per necessità che per scelta, per via del fatto che la famiglia sopperisce finanziariamente e organizzativamente a compiti che dovrebbero spettare ai servizi sociali. La riprova di questo vero e proprio gap che passa tra i propositi e gli atti concreti è data dal comportamento che il Governo, attraverso i Ministri della Salute e del Welfare, ha annunciato, durante la "Seconda Conferenza nazionale sui non autosufficienti" (conclusa a Bari il 15 febbraio del 2003), un ambizioso programma da finanziare con 15 miliardi di Euro all'anno mettendo insieme parte del Fondo Sociale già erogato a Comuni e Regioni e parte del Fondo sanitario che i Governi destinano ai disabili non autosufficienti e, dall'altro, col Ministro dell'Economia, ha tagliato il Fondo sociale da 771 a 350 milioni di Euro. Il classico atteggiamento di chi con una mano dà e con l'altra toglie. Il problema di questa integrazione tra sociale e sanitario è comunque posto. Associazioni, studiosi e famiglie ritengono che l'errore che si sta facendo in Italia è di dare esclusivamente una risposta sanitaria, che finisce con l'aggravare l'isolamento del disabile. Il costo giornata di un paziente disabile supera i 500 mila euro, e questo forse spiega la corsa alla gestione della riabilitazione, sia pubblica che privata. Oltre alle numerose divisioni e servizi ospedalieri (tra cui il Rizzoli di Bologna e il Pini di Milano), di centri specializzati ormai ne nascono un po' dovunque, anche se il grosso della riabilitazione post traumatologica passa attraverso tre grandi circuiti, quello dell'Inail, che è l'Ente deputato all'assistenza in ordine agli infortuni sul lavoro, la Fondazione Don Gnocchi, la Fondazione Maugeri, istituti questi che hanno numerose ramificazioni sul territorio nazionale. Ci sono anche iniziative pubblico-private come il Centro di Riabilitazione di Montecatone, presso Imola, che vede la compartecipazione della Regione Emilia, e che si sta specializzando nel trattamento dei traumatizzati da lesione del midollo spinale. Il vero dramma per il disabile non è di recuperare parte delle funzioni. Ancorché faticoso e gravido di difficoltà questo percorso di ripresa fisica diventa niente a confronto della fatica che gli tocca per arrivare ad un minimo di inserimento nel contesto scolastico, sociale e lavorativo, a causa, come si diceva, di una cultura che tradizionalmente alimenta l'emarginazione del "diverso". Giustamente il Sottosegretario alla Salute, Antonio Guidi, invita a spostare verso il domicilio il baricentro dell'assistenza, e considera una vergogna il fatto che si spenda più in istituti di lungodegenza che nei servizi domiciliari. Se con la legge 68 del 99 si è affermato il principio del collocamento mirato del disabile in relazione alle sue capacità lavorative residue, permettendo così un minimo di reimpiego, è pur vero che, ancora ad oggi, i disabili occupati rispetto al numero dei disabili totale non sono che il 21 per cento. Più drammatica è la situazione che riguarda l'istruzione dove una legislazione d'avanguardia che riconosce pienamente l'integrazione scolastica degli alunni disabili nella "scuola normale", si scontra con i tagli del Ministro alla Pubblica Istruzione che ha praticamente tagliato oltre mille posti di insegnanti di sostegno. Né minori problemi accompagnano il tentativo di integrazione sociale delle persone disabili, attraverso una partecipazione attiva di essi nella vita quotidiana. Nonostante una apposita legge faccia obbligo di abolire le barriere architettoniche, le città sono dei veri e propri percorsi ad ostacoli e non si riesce a trovare un marciapiede libero per il passaggio di una carrozzina. Le sanzioni per chi costruisce barriere sono ridicole e architetti e progettisti continuano ad ignorare queste elementari necessità. Non a caso appena un terzo dei disabili adulti si reca ad un Ufficio comunale oppure ad un ufficio postale, oppure al cinema. Giusto per fare qualche paragone, la legge americana sui diritti degli handicappati impone il cambiamento dei marciapiedi, degli ascensori, degli accessi al cinema e agli autobus. Una risposta collettiva, dice Furio Colombo, che è anche un messaggio concreto di lotta alla emarginazione: "noi abbiamo fatto tutto il possibile per voi, adesso provvedete da soli, sembra essere l'atteggiamento del cittadino americano verso i disabili. Ed è noto che nelle università americane un "galateo" ferreo impone: mai aiutare qualcuno in sedia a rotelle o con difficoltà di movimento. In Italia, se si fa poco o niente per abolire le barriere fisiche, il Ministro Stanca cerca almeno di eliminare le barriere virtuali per quei 350mila disabili "prigionieri in casa", annunciando un programma teso a rendere gratuito l'utilizzo di strumenti di comunicazione elettronica, dagli sms, alla navigazione in internet, alla posta elettronica, considerandoli né più né meno che delle "protesi" al pari di quelle ortopediche. Un segnale di buona volontà che però non cancella il fatto che così facendo chi è prigioniero in casa si avvia a scontare l'ergastolo. (G.R.)

Redazione Consiglio Informa

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