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(ACR) BALLO AD AGROPINTO, NUOVO ROMANZO DI GIUSEPPE LUPO
10 maggio 2004
(ACR) - La Lucania immaginaria di Giuseppe Lupo continua ad alimentare la Lucania letteraria con un nuovo lavoro che lo scrittore di Atella va ad affiancare a "L'americano di Celenne", sua opera prima che ha fatto incetta di successi. Il nuovo romanzo, uscito da poche settimane per la stessa collana del precedente, le Farfalle di Marsilio, si intitola "Ballo ad Agropinto" e si mantiene sullo stesso filone tra la fantasia e la storia, confermando l'identità di scrittore brillante e innovatore che Lupo si è ormai guadagnato. "L'americano di Celenne", edito nel 2000, ha vinto il premio Giuseppe Berto 2000, il Premio Mondello opera prima 2001 e, in Francia, il Festival du premiére roman 2002, gli ha conferito la palma di scrittore tra i più prestigiosi della Basilicata e lo ha consacrato come autore poliedrico: oggi, a 41 anni, romanziere e saggista. Risale al 1996 la sua prima importante produzione in questo ambito, con "Sinisgalli e la cultura utopica degli anni '30", un saggio impegnativo sull'intellettuale montemurrese che nel '98 gli valse il Premio Basilicata per la saggistica. Nato ad Atella ma impegnato nel lavoro a Milano, all'Università Cattolica, ha continuato a mantenere in Lucania la sua musa ispiratrice, grazie all'amore per i luoghi e per i personaggi. Una musa lucana che lo accomuna proprio ad uno dei suoi maggiori riferimenti: quel Leonardo Sinisgalli su cui ha curato anche il saggio "Furor Geometricus", dimostrando di essere uno dei maggiori conoscitori del poeta lucano. "Ballo ad Agropinto" si inserisce a pieno titolo in questa identità letteraria che Lupo testimonia, rappresentando una Lucania di passioni, in cui il sogno diventa storia e la storia si immerge nella fantasia. L'ambientazione è la stessa de "L'americano", Agropinto è un paese vicino Celenne, nel Vulture, dove vengono cambiati i nomi di molti luoghi per rendere vivi i personaggi improbabili di storie altrettanto improbabili ma che sembrano semplici e che coinvolgono il lettore come se ci si riconoscesse. E' questo un elemento di novità che Lupo introduce, raccontando uomini bizzarri con costumi reali di cinquant'anni fa; o forse raccontando uomini reali con costumi ed usanze bizzarre per i nostri giorni. "Nell'arco di un quindicennio, - recita l'abstract in copertina – dal 1943 al 1957, si snoda l'epopea picaresca di una comunità dell'appennino meridionale, composta da stravaganti figure di avventurieri e filosofi, di inventori e disoccupati, di politicanti e venditori ambulanti, sempre in bilico tra una Lucania magica e depressa e il desiderio di ricchezze. In sottofondo scorre la grande storia: dalle macerie del dopoguerra alle lotte agrarie, dalle battaglie politiche del 1948 alla stagione della ricostruzione che conduce agli anni del boom economico. Romanzo corale ed antropologico, Ballo ad Agropinto ripercorre un periodo di Novecento, in cui, tra illusioni e disincanto, la memoria contadina cede alla civiltà di massa e le rivalse economiche, che fanno da prologo all'esodo degli emigranti meridionali verso il Nord Italia, sconfinano nei sogni dell'utopia. Dopo L'americano di Celenne, Giuseppe Lupo arricchisce la geografia immaginaria del suo Sud". Altro elemento su cui Lupo si discosta da gran parte della sua produzione è il periodo storico. La sua opera attinge per gran parte dagli anni Trenta, sia nei saggi che nel precedente romanzo; in questo caso, invece il periodo di riferimento è il dopoguerra, immergendosi in un lasso di tempo che esce dalla guerra e accompagna fino al miracolo italiano. Sono trattati temi e personaggi storici: le elezioni del '48 ed i suoi protagonisti come Emilio Colombo, le vicende dell'Ente Irrigazione e Decio Scardaccione, le lotte contadine e Rocco Scotellaro. A differenza del precedente romanzo, sebbene ambientato in epoca più recente, sembra di vivere una in un clima surreale e sicuramente maggiormente antico. Nomi e cognomi inusuali e frutto di fantasia, personaggi e mestieri bizzarri ma, soprattutto, si nota un forte contrasto economico con 20 anni prima, all'epoca dell'Americano Danny Leone. Il racconto di un personaggio che, in epoca sicuramente più fiorente, torna dall'America dopo aver realizzato il suo sogno: tra dollari, abitudini da viveur e musica jazz, che Lupo cita anche in Ballo ad Agropinto, lascia il posto a condizioni economiche al limite dell'indigenza, in una frazione del Vulture in cui un pitale rappresentava un bene da conservare e regalare ad un matrimonio. La depressione post bellica può essere una spiegazione ma Lupo non accenna mai ai soldi per tutto il libro: si vive di baratto, di espedienti. In questo c'è il sale del romanzo, la curiosità suscitata dallo scoprire cosa i protagonisti si inventeranno nelle successive pagine, nelle successive righe. Anche nell'arco di una stessa pagina, infatti, possono accadere più eventi in maniera veloce e improvvisa, che Lupo descrive con uno stile sintetico e senza estetismi ricercati, senza perdersi in virtuosismi e regalando al romanzo un ritmo tutto suo, originale. A proposito di ritmo, anche in questo caso si percepisce una musicalità di fondo che, a differenza del jazz del precedente romanzo, è invece costituita da una sorta di colonna sonora etnica dovuta alle filastrocche e continue cantilene dei personaggi. Ultima differenza è nell'io narrativo: questa volta il protagonista parla di sé e della sua storia, mentre le vicende di Danny Leone venivano raccontate da suoi tre amici. Probabilmente consapevole dell'inevitabile accostamento a L'americano di Celenne, in virtù anche dell'ambientazione territoriale e fantastica, oltre che della medesima collana editrice, Giuseppe Lupo con Ballo ad Agropinto ha superato brillantemente l'ostacolo "dell'opera seconda", di quella che segue un grande successo, dimostrando capacità di utilizzare codici narrativi diversi ma lasciando immutata la paternità di valori che spinge un autore del sud a confermare identità e radici: "Solo da una periferia di mondo come Agropinto si poteva spiare un pezzo di paradiso". (gi.l.)