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(ACR) L'UNIVERSO INTERIORE DI LOREDANA PIETRAFESA

09 giugno 2004

© 2013 - esiste_cielo.jpg

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(ACR) - "Se esiste un cielo – poesie sparse ed inedite" è l'ultima fatica letteraria di Loredana Piertafesa, poetessa e scrittrice lucana da tempo trapiantata a Molfetta. Filo conduttore della raccolta è una continua ed estenuante ricerca della propria identità. La sua poesia mai banale o retorica, è sempre pronta a cogliere ed analizzare le implicazioni più profonde della vita. Un viaggio alla ricerca di sé nel tentativo di darsi delle risposte e nel quale aleggia lo spettro della morte (del figlio, del padre) che rende insonni le notti della poetessa: "senti come mi istiga questa notte, anima mia, senti come innerva lo spirito sdrucito. S'insedia nel mio letto, mi sgomina il sonno, io stringo il cuscino e s'abbuia il mio pensiero. Nel curarne la prefazione, Lorenza Colicigno afferma che questa silloge è un inno alla morte, un viaggio nella morte, perché pur restando ai limiti di essa, ne esplora ossessivamente i confini, ed essi si mostrano come veramente sono, intangibili e impenetrabili. Dai versi emerge un continuo bisogno di indagare sull'essenza delle cose e sull'impatto doloroso con la morte e il nulla. E ad un certo punto la Pietrafesa si chiede se non sia arrivato il momento di smettere di interrogarsi, di porre fine al suo incessante tormento e godere finalmente dell'odore del mare "schiodandosi di dosso ogni ansioso presagio, ogni tarlo incarnito, ogni male incavato". Allora la poetessa svela il suo lato ironico e scherzoso mostrando un'altra (o l'altra) se stessa che si lascia trasportare dalle note inebrianti della musica in una notte senza tempo. Il fulcro della raccolta è dedicato agli affetti familiari e nel rivolgersi al perduto padre la poetessa scrive "se davvero esiste un cielo, fatti sogno, padre, fatti ombra dei miei passi, e spiegami perché, se davvero un cielo esiste, il mio sonno è senza pace e il mio male non ha fine". Nella lirica "Raccontami" si avverte l'impellente necessità della scrittrice di intessere un dialogo con il padre al quale chiede di raccontarle della morte, di com'è, se si annuncia o se arriva all'improvviso, se è dolorosa o silenziosa, se lascia il tempo almeno per un addio. Tra le righe si legge un piccolo spiraglio, una luce di speranza in un possibile futuro. Il dialogo immaginario con il padre è una sorta di elaborazione del lutto, la parola diventa un mezzo per stemperare il dolore causato dalla perdita avvenuta quando c'era ancora tanto da dire. L'ultimo testo della raccolta è una preghiera di straordinaria intensità dove le parole corrono fluide ed armoniose. La sapiente abilità tecnico-stilistica rivela la spiritualità e la ricchezza interiore dell'autrice. Nell'inno finale è racchiuso il dramma della Pietrafesa donna, madre e figlia. Un dramma che esce per gradi e che la poetessa cerca di dominare anelando ad un pace interiore. La pace diventa un sentimento non più solo personale, ma anche universale come si legge nei versi finali: fa'che la pace non sia più solo una parola, uomo che verrai se ci sarà un domani. (A.D.S.)

Redazione Consiglio Informa

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