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Strada ferrata: vita ed emozioni del ferroviere

08 giugno 2011

Donato Salvia, ferroviere tra gioia ed amarezze: “le ferrovie in Basilicata, una triste storia”

© 2013 - foto stazione

© 2013 - foto stazione

(ACR) - Sin dai primi decenni della seconda metà dell'Ottocento l'allora ministero dei Lavori Pubblici del Governo italiano concesse l'autorizzazione per lo studio e la costruzione di una rete ferroviaria che collegasse la Campania e la Puglia con la Lucania e tutto il Sud. Un sistema di trasporti efficiente, fortemente voluto dai cittadini meridionali che coltivavano terreni ricchi di risorse, poteva facilitare lo sviluppo economico grazie al commercio dei prodotti agricoli. Fu così che iniziarono i lavori per la realizzazione della ferrovia Battipaglia-Potenza-Metaponto, che oggi collega le coste tirrenica e jonica, attraversando la Basilicata.

Il primo tratto ad essere inaugurato fu quello fra Battipaglia ed Eboli, il 14 giugno 1863, realizzato dalla società Strade Ferrate Meridionali. Ma per vedere un treno sfrecciare sull'intera linea bisognò aspettare circa 17 anni. Nel frattempo il 1° dicembre 1874 venne aperto il tratto Eboli-Contursi; l'anno dopo quello da Metaponto a Pisticci, lungo circa 25 chilometri, poi il tratto Contursi-Romagnano e quello tra Pisticci-Ferrandina, di 13 Km; nel 1876 venne attivata la linea tra Ferrandina e Grassano, lunga 22 Km; infine tra Romagnano, Balvano e Baragiano bisognò attendere rispettivamente giugno e novembre 1877. Nel 1880 toccò alle stazioni di Picerno (15 gennaio) e Potenza (1°settembre). A questo punto la linea era collegata a Salerno e Napoli, ma non ancora a Metaponto. Finalmente i 46,6 Km da Grassano a Potenza vennero inaugurati il 27 dicembre 1880. Proprio su questa linea il 3 marzo 1944 ebbe luogo uno dei più grandi disastri ferroviari della storia: un treno merci, il numero 8017, con 45 carri al seguito, si arrestò nella Galleria delle Armi appena oltre la stazione di Balvano; il fumo delle due locomotive a vapore invase la galleria, uccidendo oltre 600 persone. Sul comunicato segreto inviato dalla Commissione Alleata di Controllo si legge: "3 marzo. Treno merci da Napoli con 600 passeggeri si è fermato nel tunnel di Balvano impossibilitato a superare salita su binari umidi. 501 morti per asfissia. 49 ricoverati. Tutti sepolti molti senza identificazione". Donato Salvia ha fatto il ferroviere per quasi 45 anni, dal 1941 al 1985, e ricorda così questa drammatica vicenda: "in quel periodo stavo in trasferta a Balvano, arrivò l’esercito perché c’erano 619 morti, alcuni nella galleria, altri nel piazzale esterno. Non si riusciva a respirare, i cadaveri stavano tutti ammassati come sacchi di patate, e sono rimasti in quelle condizioni per parecchio tempo, prima che i militari rimuovessero tutti i corpi ormai in decomposizione".

Tra il 1880 e il 1890 il governo italiano autorizzò la costruzione di una diramazione della linea Battipaglia-Potenza-Metaponto da Sicignano a Lagonegro, per collegare tra loro tutti i paesi isolati del Vallo di Diano. Da un bivio posto in piena linea a circa un chilometro e mezzo dalla stazione di Sicignano degli Alburni, fu allora aperto un primo tronco ferroviario fino a Sala Consilina. Poco dopo, nel 1892, la diramazione giunse a Lagonegro per arrestarsi, senza concludere il progetto originario di collegamento interno fra la Campania e la Calabria. La linea Sicignano-Lagonegro affiancava in quasi tutto il suo percorso l’autostrada Salerno-Reggio Calabria e la statale del Vallo di Diano, poiché si estendeva lungo la linea per Potenza in direzione Buccino, attraversava il fiume Tanagro, raggiungeva Castelluccio, Galdo, Petina, Auletta, Pertosa, Polla, Atena Lucana, Sala Consilina, Sassano-Teggiano, Padula, Montesano-Buonabitacolo, Casalbuono, Casaletto-Battaglia, e infine sconfinava in Basilicata soltanto nel suo capolinea, Lagonegro. Questa linea venne chiusa nel 1987, per consentire l'elettrificazione della Battipaglia-Potenza, e mai più riaperta. Oggi i bus effettuano il trasporto autosostitutivo.

Nel 1869 anche la parte sud-orientale della Basilicata vide la realizzazione delle stazioni di Metaponto, Marconia, Scanzano Jonico, Policoro e Nova Siri lungo la tratta della Ferrovia Jonica che da Taranto giungeva fino a Reggio Calabria. Nel 1895 vennero inaugurati 120 Km della Avellino-Rocchetta Sant'Antonio, linea che attraversa ancora oggi le zone interne dell'Irpinia e prosegue fino quasi a Foggia, toccando la Basilicata nei paesi di Pescopagano, San Fele, Monticchio. Due anni più tardi, aprì la Foggia-Potenza, tutt’ora molto frequentata nel tratto lucano, poiché attraversa centri importanti del Vulture (Melfi, Rionero). Nel Novecento proseguì in Basilicata la costruzione di ferrovie. La linea Bari-Altamura-Matera, lunga 76 Km, entrò in esercizio il 9 Agosto 1915 per iniziativa della società Strade Ferrate del Mediterraneo. Nel 1928 e nel 1932 venne prolungata prima fino a Miglionico, poi a Montalbano Jonico, raggiungendo una lunghezza di 142 Km: i treni fermavano nelle stazioni di Montescaglioso, Pomarico, Miglionico, Ferrandina, Pisticci, Craco e Montalbano; oggi, invece, la linea effettua l'esercizio soltanto tra Bari e Matera Sud, ed è gestita dalle Ferrovie Appulo Lucane. Le linee Altamura-Avigliano di Lucania (che tocca oggi le stazioni di Irsina, Taccone, Genzano di Lucania, Acerenza, Pietragalla, S. Nicola di Pietragalla) ed Avigliano Città-Potenza, vennero attivate in fasi successive, fra il 1930 (quando fu inaugurata anche la diramazione Avigliano di Lucania-Avigliano Città, di circa 8 Km) e il 1934. Di gestione odierna sempre delle Ferrovie Appulo Lucane, originariamente queste tratte prevedevano percorsi più lunghi. Intorno a Potenza, infatti, erano funzionanti alcune diramazioni ferroviarie, oggi non più esistenti: nel 1919, ad esempio, era attivo il tratto Potenza Inferiore-Pignola, che venne poi congiunto con Laurenzana nel 1931 (Potenza-Pignola-Laurenzana). Intorno ad Avigliano, invece, nel 1934 da Pietragalla si poteva raggiungere in treno Acerenza.

Insomma, la storia delle ferrovie in Basilicata è molto densa, poiché molte erano le linee che attraversavano la regione, e che la coprivano quasi interamente. "Prima i treni c’erano e funzionavano – ricorda l’ex ferroviere Donato Salvia – quando io ero in servizio, non c’erano mica i tir, e le merci arrivavano nei paesi trasportate dai treni, che erano carichi di pasta e di ogni altro genere alimentare, di fieno, di cemento". In passato era un pò più semplice trovare lavoro nelle ferrovie. La professione era molto ambìta, perché le paghe erano buone. "Il primo stipendio che ho preso – continua Donato – nel 1941, era di 576 lire. L’insegnante di ruolo ne prendeva 420. Se pensiamo a quello che era il costo della vita in quei tempi, quando 2 uova costavano 3 lire, un litro di olio 2, e un litro di vino 6 soldi, si capisce perché il posto in ferrovia era il sogno di molti. Ti potevi permettere molte cose, soprattutto se andavi spesso in trasferta. Nel 1968, ad esempio, prendevo 160 mila lire al mese, perché andavo in trasferta da Battipaglia, dove ero stato assunto, a Tito, Sicignano, Bella Muro, a Milano, in Sardegna. Chi non andava in trasferta prendeva 100 mila lire". Questo perché la "trasferta" non veniva tassata, come accade per lo stipendio, per cui poteva capitare che un ferroviere prendesse più di trasferta che di fisso mensile. Insomma, c’era più lavoro, molta manutenzione e più sicurezza: "prima c’era il capostazione pure a Franciosa (una piccola stazione, ora in disuso, tra Baragiano e Bella Muro) e si faceva tutto manualmente; adesso con i macchinari elettronici il capostazione di Potenza comanda fino a Battipaglia, e quello di Battipaglia fino a Potenza", conclude Salvia.

UNA STORIA DI RAMI SECCHI

Quando tra il 1949 e il 1969 il Governo approvò una serie di piani di ammodernamento delle ferrovie italiane, tra questi c'era il passaggio dalla trazione a vapore alle motrici diesel, ma anche la chiusura dei cosiddetti "rami secchi", cioè di quelle tratte a "scarso interesse pubblico". Tra queste c'era anche la Potenza-Pignola-Laurenzana sopra citata, che aveva significato per molti abitanti di Pignola, Abriola, Anzi, Calvello e Laurenzana, un miglioramento delle condizioni economiche e sociali, favorito dal commercio interno: nel luglio del 1977 si registrarono parecchi momenti di forte tensione sociale, poiché i cittadini di Laurenzana tentarono più volte di bloccare le operazioni di smantellamento della linea ferroviaria, senza riuscire però a sovvertire i piani delle ferrovie Calabro Lucane. Più tardi, nel 1980, venne soppressa definitivamente anche la linea Potenza-Pignola. Un altro ramo secco è il Lagonegro-Spezzano Albanese, in Calabria, aperto a tratti fra il 1915 e il 1931. Lunga 104 Km, la linea percorreva gran parte del Parco del Pollino. Più in particolare, da Lagonegro i treni passavano per Rivello, Nemoli, Lauria, Castelluccio Superiore e Inferiore, Rotonda, Viggianello, e sboccavano in Calabria, attraversando la provincia cosentina fino a Spezzano. Il percorso offriva scorci panoramici e paesaggistici di grande bellezza. Collegando tra loro i paesi situati nel parco naturale del Pollino, si pensò di sfruttare la linea per facilitare il turismo. La ferrovia però, a scartamento ridotto (cioè economica), non consentiva velocità superiore ai 30 Km/h, e data la conformazione orografica delle zone attarversate, richiedeva interventi di manutenzione straordinaria, e impegni economici troppo elevati rispetto al flusso giornaliero di viaggiatori. Dunque venne chiusa nel 1978.


Poi c'era la Atena-Marsico Nuovo, costruita nel 1931 e soppressa nel 1966. Lunga appena 27 Km, la linea doveva far parte di una vasta rete di collegamento fra Puglia, Basilicata e Calabria, con un ramo che sconfinava anche in Campania. Finì invece per rimanere un piccolo tronco a sé stante, diventando uno dei tanti rami da buttare della storia delle ferrovie meridionali. In pochi chilometri di percorso, grazie anche ad ingegnose caratteristiche costruttive come la galleria elicoidale di Brienza, il percorso – che da Atena proseguiva per Pozzi, Brienza, Pioppetta, Pergola, Tempa Coppitelli, e terminava nella stazione di Marsico Nuovo – doveva essere solo un tratto di una ferrovia ben più lunga e più frequentata. Agli inizi del Novecento, infatti, si iniziò a progettare una rete ferroviaria che avrebbe dovuto congiungere la Basilicata interna con la Puglia da un lato, e con la Calabria dall'altro. Il percorso completo doveva partire da Bari e arrivare a Catanzaro, toccando diversi centri, sia attraverso la linea principale, che attraverso alcune diramazioni. In particolare, il tratto che partiva da Atena doveva proseguire oltre Marsico Nuovo fino a Potenza, dove si doveva ricollegare alle linee per Bari, per Avigliano e per Laurenzana. Dall'altro lato, la linea si doveva innestare sul binario a scartamento ordinario della Sicignano-Lagonegro, grazie ad una terza rotaia interposta fra le due rotaie a scartamento ordinario (come accade oggi fra Potenza e Avigliano dove corrono insieme sia i convogli Trenitalia della linea Potenza-Foggia, che quelli delle Ferrovie Appulo Lucane); da Atena i convogli avrebbero così raggiunto Lagonegro per immettersi sulla Lagonegro-Spezzano. Nella realtà una tale rete ferroviaria secondaria non venne mai completata integralmente. Furono invece realizzati diversi tratti scollegati fra loro come la Bari-Potenza-Laurenzana, la Lagonegro-Spezzano e la Atena-Marsico Nuovo, poi ridotti o dismessi.


LA SITUAZIONE OGGI

Come si evince dalla triste storia ferroviaria, la Basilicata sembra non essere mai stata inclusa nelle strategie delle Ferrovie dello Stato prima, e di Trenitalia poi. Ancora oggi Matera – raggiungibile solo da Bari tramite il disagiato e lento collegamento ferroviario delle Appulo Lucane – è rimasta l’unico capoluogo di provincia a non essere collegato con la rete italiana. E insieme alla città dei Sassi, anche Potenza risulta sempre più esposta al rischio dell'isolamento, in seguito alle recenti mire riduzionistiche di Trenitalia (si pensi alla soppressione di alcune corse dell'Eurostar Taranto-Potenza-Roma). I lucani, dunque, sono "obbligati" a spostarsi sempre più – e quasi esclusivamente – su gomma. Anche quando preferiscono le rotaie alla macchina e ai bus, possono venir dirottati con molta facilità sui servizi autosostitutivi di Fal e Trenitalia. "Prima a Picerno, dove sono stato dal 1971 al 1985, fermavano addirittura i rapidi, e c’erano 300 persone che ogni mattina prendevano il treno per andare a scuola o a lavoro a Potenza – racconta Donato Salvia – oggi si fermano solo i regionali, ma per la posizione geografica che ha, e per il fatto che ha la stazione dentro il paese, a Picerno si dovrebbero fermare tutti i treni. Per non parlare del resto della Basilicata, dove non ci sono più capistazione, perché le linee sono state chiuse. Pure da Potenza a Metaponto sono un pò di anni che c’è il servizio autosostitutivo. E se pensiamo a Ferrandina, è un punto importantissimo, che può consentire a Matera un collegamento con la rete ferroviaria italiana. Ma è tutto chiuso, o incompleto." Una situazione, quella in cui versano i trasporti lucani, davvero disarmante. (F.R.)


FONTI:

· Intervista a Donato Salvia di Picerno, ferroviere per 45 anni. Donato è stato assunto nel 1941 a Battipaglia come deviatore. Nel corso della sua vita, ha superato 10 concorsi interni per diventare capostazione responsabile di zona. Ha lavorato in Campania, in Basilicata, a Milano e in Sardegna. In pensione dal 1985, oggi ha 87 anni e vive a Picerno, suo paese natale, con la famiglia.
· LeStradeFerrate.it: http://www.lestradeferrate.it/menu.htm
· A.Guida, R.Missanelli, A.Sabia, Una nuova scienza per un passato recente: la tratta ferroviaria Potenza-Laurenzana, Ermes, Potenza 2000

· Mario Restaino, Un treno, un'epoca: storia dell'8017, Arti grafiche Vultur, Melfi 2004

· Salvatore Rongone, Le Ferrovie appulo lucane, Levante, Bari 1998






Redazione Consiglio Informa

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