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Nino Calice, la passione civile per il Mezzogiorno
05 dicembre 2017
A Lagopesole l’iniziativa del “Centro annali per una storia sociale della Basilicata”, in ricordo del parlamentare lucano scomparso vent’anni fa
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(ACR) - “Nino Calice aveva una visione nazionale in cui collocava la sua regione, contro ogni localismo e contro ogni separatismo: questo è stato il suo contributo migliore. Figure di questo genere ci aiutano a capire che non c'è un futuro per le Regioni se non c’è un futuro per l’Italia”. Questa frase di Luciano Violante racchiude la cifra politica del parlamentare lucano scomparso vent’anni fa, il 14 settembre del 1997, all’età di sessanta anni. Il presidente emerito della Camera dei deputati le ha pronunciate concludendo il convegno dal titolo “Nino Calice, uno sguardo presente”, promosso dal “Centro annali per una storia sociale della Basilicata”, dal Consiglio regionale e dai Comuni di Rionero in Vulture e Avigliano.
In tanti hanno voluto ricordare la figura di questo intellettuale che, piegando ad un preciso disegno, che si proponeva di coniugare politica, storia e cultura, raccolse attorno a sé intellettuali e allievi a lui vicini, che coltivavano interessi per la storia e per altre discipline, vogliosi di confrontarsi con le problematiche connesse alla ricerca.
Docente di storia e filosofia, sindaco della città di Rionero in Vulture nel 1976 ed eletto in Consiglio regionale nel 1970, Nino Calice ha partecipato alla stesura del primo Statuto della Regione Basilicata. Nel 1976 viene eletto deputato nelle fila del Pci, partito per il quale successivamente è responsabile nella Commissione Bilancio del Senato, vicepresidente nella Commissione speciale per il terremoto del 1980 e rappresentante al Consiglio europeo di Strasburgo. Nel 1979 è eletto senatore per due legislature. Esponente di primo piano dell’area riformista del Pci, Calice è stato ricordato come uno dei padri dell’identità della regione. In Basilicata ha fondato il Centro Studi “Giustino Fortunato” di Rionero in Vulture ed il “Centro Annali per una Storia Sociale della Basilicata” che, sotto la sua guida, ha svolto una costante attività di ricerca contribuendo notevolmente agli studi sull’identità regionale. Fondatore di una propria casa editrice (Calice Editori) ha istituito il Premio saggistico “Giustino Fortunato”.
Il convegno svolto nel Castello di Lagopesole, sede del “Museo dell’emigrazione lucana”, a cura del “Centro dei Lucani nel mondo” significativamente a lui intitolato, è stato un omaggio alla sua memoria per esprimere la gratitudine sincera per ciò che ha fatto ed ha lasciato. Un doveroso riconoscimento alla personalità lungimirante sia per la qualità dei rapporti dei quali era capace e sia per l’instancabile ed autorevole impegno storico, politico, intellettuale nonché per una concezione generosa ma rigorosa della vita.
“Nino Calice fu per anni un punto di riferimento per tanti giovani lucani, un esempio di passione che lo rese, nella sua azione politica e di insegnamento della storia e della filosofia, capace di assumersi il peso e la responsabilità di scelte importanti. Senza dubbio un esempio anche per i ragazzi e le ragazze che oggi si affacciano per la prima volta agli impegni civici e politici”, ha detto il presidente del Consiglio regionale, Francesco Mollica. “Memoria e storia sono elementi costitutivi del nostro presente – ha aggiunto -, e oggi ricordare un lucano che ha fatto la storia della Basilicata è un riconoscimento al fatto che sia proprio la conoscenza storica a consentirci una piena e consapevole cittadinanza. Cresciuto fra le contraddizioni di una terra fra le più esposte alle problematiche politiche, economiche e sociali del Sud Italia, a lui dobbiamo la ripresa della questione meridionale che ha visto nel rionerese Giustino Fortunato il grande ispiratore. Nino Calice è stato quindi anche un punto di riferimento per studiosi della storia politica ed economica del Mezzogiorno, a cui ha dedicato tanto in termini di ricerca ed impegno”.
“Se noi avessimo dieci, venti Rionero nel Mezzogiorno, coltivate, dissodate da organizzatori culturali come Nino Calice – ha scritto il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano in un messaggio
indirizzato al convegno -, credo che sarebbe un po’ diverso il Mezzogiorno da quello che è, o potremmo essere meno allarmati di come, purtroppo, dobbiamo esserlo. Io mi auguro che davvero i giovani, ai quali tocca l’impresa del rilancio della politica, prendano esempio dalla lezione di Nino Calice”. Parole che si aggiungono a quelle di un altro storico esponente del riformismo, Emanuele Macaluso: “Quando penso a figure come Nino Calice – è il messaggio dell’ex direttore de ‘L’Unità’ - penso subito a cos’è stato il Partito comunista italiano, perché io penso che Calice è stato quello che è stato, nella sua specifica complessità, perché c’è stato il Partito comunista. E il Partito comunista è stato quel che è stato perché ci sono stati uomini come Nino Calice”.
“Per la mia esperienza personale – ha detto il presidente dell’Anci Basilicata Salvatore Adduce – quella che ci ha lasciato Calice è una eredità di enorme valore su un fronte particolare della politica, quello cioè della necessità di recuperare da parte della sinistra la dimensione sulla caratura riformista dell’azione da promuovere. Un insegnamento che ho vissuto con enorme interesse e mi sono nutrito di questa spinta che Calice forniva quotidianamente e ci trasferiva a noi più giovani per creare le condizioni di un dibattito che non si fermasse alla superficie e non fosse riempito solo di slogan, di luoghi comuni, ripetuti a memoria. E’ stato un uomo che ha dato alla Basilicata e al Mezzogiorno una dimensione generale e da questo punto di visto credo che sia la cosa che manca molto al Mezzogiorno: pensatori, studiosi che come Nino Calice hanno costruito per un lungo periodo le basi perché il Mezzogiorno si riscattasse. Ci sarebbe bisogno di un Nino Calice nel Meridione d’Italia che desse una mano a leggere la realtà e a fare proposte per risolvere problemi che nel frattempo si sono persino aggravati”.
“Nino Calice – ha detto il capo di gabinetto del ministro dei beni culturali Giampaolo D’Andrea - ci ha lasciato una grande passione civile e per la storia della sua terra e del Mezzogiorno. Passione ereditata da tutta una tradizione che in Basilicata è molto viva e che lui riannoda spesso con quella di Giustino Fortunato. Una lettura non dico sorprendente ma non consueta negli intellettuali della sua generazione e della sua ispirazione culturale è la rivalutazione che fa del meridionalismo fortunatiano insieme alla rivalutazione del meridionalismo classico e con le spinte alla modernizzazione che inevitabilmente sono venute. In uno dei suoi ultimi saggi fece una riflessione lucidissima sull’illuminismo diffuso in Basilicata e su quello che aveva rappresentato, caratteristiche di una riflessione culturale che ha influenzato anche le sue posizioni politiche nel dibattito sui temi che di volta in volta si presentavano alla sua attenzione. Ha cercato di inserire la Basilicata in un contesto più ampio del Mezzogiorno per riconnetterlo all’Italia e in sintonia con la tradizione dei grandi meridionalisti della nostra terra come Fortunato e Nitti non ha mai pensato alla Basilicata come un’isola né felice né infelice e mai ha pensato al Mezzogiorno separatamente dall’Italia. Questo era un punto fermo della posizione dei meridionalisti: non rivendicavano attenzioni per il Mezzogiorno ma solo perché il Mezzogiorno potesse contribuire meglio al futuro dell’Italia”.
Dell’uomo e amico ha parlato anche Piero Di Siena. “Abbiamo avuto frequentazione lunghissima – ha detto il giornalista ed ex senatore - quando lui era giovane ed io adolescente. Ricordo il caffè pomeridiano a casa sua quando io avevo 15 anni e lui aveva poco più di dieci più di me. Ci scambiavamo opinioni sui libri che leggevano e sulla passione politica che ci teneva insieme. Il mio ricordo riguarda il periodo più remoto del nostro rapporto con una passione politica nata da giovanissimi, passione per il Partito comunista a cui arrivammo per vie diverse ma che ci trovò accomunati per tutta la vita”.
“L’ho conosciuto poco – ha detto Luciano Violante concludendo il convegno – quando lui era al Senato all’ultima sua legislatura ed io alla Camera alla prima. Ho riflettuto molto su questa figura dell’intellettuale inquieto, mai fermo, sempre alla ricerca più profonda di una connessione tra la Basilicata e tutto il resto d’Italia. Questo è il segno del suo impegno profondo. Non tenere la Basilicata separata dal resto d’Italia ma anzi operare perché ci fosse una connessione sempre più stretta, una visione nazionale tutt’altro che localistica. Calice si è sempre interessato della sua Basilicata che è stata sempre considerata un Mezzogiorno diverso fin dagli anni 60. Ci sono problemi qui come dappertutto. C’ è il problema della connessione viaria oggi come ieri. Per il resto la Basilicata è considerata una parte tutt’altro che separata dall’Italia rispetto ad altre realtà che sono lontane e veramente depresse”.
Nell’occasione è stata inaugurata una mostra sul politico ed intellettuale lucano ed intitolata la sala del museo dell’emigrazione. (L. C.)
Fonti
Interviste raccolte a Lagopesole il 28 ottobre 2017