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Rocco Brindisi, un lucano console dell'italianità in America

21 febbraio 2013

Da un archivio ritrovato la storia di un medico di Trivigno emigrato negli Stat Uniti alla fine dell’800, che fondò la società Dante Alighieri e difese gli emigranti italiani. Per lui, una lettera di ringraziamento da Sacco e Vanzetti

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(ACR) - "...Più che per l'altissimo valore e probabile efficacia della sua squalifica al verdetto che minaccia la mia vita e la mia libertà, e che forse, prima di me, ucciderà il mio vecchio padre; più che per l'alto godimento intellettuale, il dolce oblio, le sono grato per la verità enunciata con linguaggio degno d'essa e del tema, e con tanto civile coraggio...". Questa lettera (foto n. 1, 2, 3 e 4), indirizzata nel settembre 1921 al Dr. Rocco Brindisi, fu scritta da Bartolomeo Vanzetti e Nicola Sacco, i due anarchici italiani che qualche anno dopo sarebbero stati giustiziati a New York per un delitto che non avevano commesso. Il loro caso divenne talmente famoso da suscitare lo sdegno dell’opinione pubblica italiana. E molti anni dopo l’esecuzione capitale dei due, avvenuta il 23 agosto 1927, la storia di Sacco e Vanzetti continuò ad ispirare film, canzoni ed opere teatrali di grande successo.

Il rinvenimento delle “carte”
Ma chi è Rocco Brindisi? E perché Sacco e Vanzetti scrissero proprio a lui? Rocco Brindisi (foto n. 5) era un medico nato in un piccolo paese lucano, Trivigno, un tempo terra di grandi commercianti e, soprattutto, di stimatissimi medici. Laureato a Napoli e poi vice-console a Boston dal 1903, Rocco Brindisi fu soprattutto un infaticabile difensore dell'italianità e degli Italiani all'estero. La lettera di Sacco e Vanzetti fa parte del suo archivio inedito, un fondo che attraversa la storia nazionale e internazionale dall'Unità d'Italia al primo dopoguerra, ed è stata scoperta per caso da Michele Guarini, dipendente della Biblioteca Provinciale di Potenza, che mentre stava facendo delle ricerche sulla propria famiglia è incappato in questo particolare documento digitalizzato presso il sito della famiglia Brindisi.

Come confermato da Raffaella Brindisi Setari, storica di Trivigno nonché discendente di Rocco Brindisi, dall’America non sono mai arrivate in Basilicata troppe notizie tra il XIX e il XX secolo sul suo illustre consanguineo di Boston, perché tutta la sua documentazione di ritorno dall’America si è fermata a Firenze, città di cui era originaria la seconda moglie di Rocco Brindisi, Sofia Buonamici, che riportò in Italia le ceneri e l’archivio del marito al ritorno dall’America. Le carte di Rocco, assieme al resto del patrimonio, andarono in eredità al figlio della domestica di Sofia, Dino Basilissi (foto n. 6), quale sublime sigillo dell’affetto e del legame tra le due donne.

Il signor Basilissi ha conservato come preziosità la memoria della “Nonni”, la donna principesca che gli ha insegnato l’inglese, la letteratura, la musica e il bon ton: “Era una bellissima donna con i

Rocco Brindisi

© 2013 - Rocco Brindisi

capelli azzurrini – ricorda oggi con commozione - la sera si attaccava alla fronte una carta bagnata con della colla di pesce, che impediva il formarsi delle rughe. Mi chiamava affettuosamente ‘Mugicchi’ (da mugic contadino russo) nell’intimità, ma mi presentava come ‘Mister’ nelle occasioni ufficiali”. Una donna circondata da artisti ed intellettuali, protagonista di incontri importanti che hanno formato la personalità del piccolo Mugicchi e che lo hanno trasportato in un mondo fatto dalla morbidezza delle sete e dall’impeto degli animi.

Le carte di Rocco, il grande e unico amore di Sofia, sono tasselli importanti per ricostruire la storia della società d’allora, ma soprattutto la fiaba che lei ha voluto lasciare a Dino. Questo lascito ora rischia d’essere corroso dal tempo: le carte hanno già subito l’alluvione di Firenze del 1966 ed esigerebbero un restauro oltre che un’immediata divulgazione e valorizzazione. I documenti sommariamente fotografati nella galleria di immagini allegata a questo articolo, che riportiamo per gentile concessione di Dino Basilissi, rappresentano solo l’incipit di una importante narrazione che analizza e difende “la storia di un italiano che migrava in America …” ma che merita d’essere indagata e raccontata fin nelle pieghe più nascoste di un documento malconcio (foto n. 7).

I natali trivignesi
Figlio di Vito Brindisi e Viola Sassano, entrambi provenienti da famiglie liberali e gentilizie del paese, Rocco nasce a Trivigno nel 1860, a ridosso della dichiarazione dell'Unità d'Italia, quasi un segno del destino per un infaticabile paladino del tricolore. Quando i briganti di Carmine Crocco attaccarono Trivigno, tra le famiglie più invise c’erano proprio i Brindisi e i Sassano, i cui palazzi furono assediati e saccheggiati (foto n. 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14 e 15).

Dopo gli studi in medicina a Napoli e la nomina a Sottotenente medico (1885) Rocco lascia l'Italia. Nel 1888, con una lettera di presentazione dell'Università napoletana, sbarca in America e le sue doti scientifiche e intellettuali vengono notate da subito, tanto che più tardi un quotidiano italiano del Massachusetts lo definirà "decano dell'intellettualità italiana, e il più dotto fra i dotti di nostra gente in America" (Gazzetta del Massachusetts, 29 ottobre 1932).

La "Sophia" della poesia
La sua inclinazione per la cultura e le arti, molto probabilmente, gli creano l'occasione di conoscere il grande amore della sua vita: Sofia Buonamici (foto n. 16). Figlia di Giuseppe Buonamici, uno dei maggiori pianisti del tempo, esecutore wagneriano molto apprezzato dal geniale compositore, stimato da Liszt e amico intimo di Puccini. Come il padre, anche Sofia (Brahms alla nascita le dedica alcune note) fa concerti per il mondo e in America. Qui diventa insegnante di musica e, quasi certamente, conosce Rocco. Avvezza frequentatrice di tutto il mondo intellettuale d'allora, da D' Annunzio a Hemingway, da Salgari a Jules Verne, Sofia è la chiave d'accesso per i migliori salotti culturali. Il loro amore è incontenibile ma clandestino: Rocco è più grande di lei di 21 anni ed è già sposato con la trivignese Camilla Volini. Il falso puritanesimo, in coda all'età vittoriana, non permetteva una tale violazione del vincolo coniugale, così la segretezza sigillò con maggiore intensità il legame: un amore intessuto con la poesia e la musica delle due anime scacciate dal paradiso terrestre (foto n. 17 e 18).

Le doti di Rocco nel trattare i versi sono cosa pubblica, a quanto si può desumere da poesie pubblicate in varie occasioni con lo pseudonimo di "Errebi" (foto n. 19). Tra queste, anche quelle dedicate al vino (foto n. 20). Con la fine del proibizionismo, infatti, il governo italiano gli aveva "commissionato" di scrivere versi sul vino sì da riabilitare e aiutare la ripresa delle esportazioni per un prodotto di punta del made in Italy. Ancora come uomo di lettere, scrive diversi articoli sulla grande tradizione italiana, come un confronto tra il venosino Orazio e Carducci sulla Gazzetta del Massachusetts del 20 aprile 1935 (foto n. 21).

Il vice-console degli emigrati italiani
Il profilo pubblico di Rocco Brindisi è dovuto anche al suo ruolo diplomatico. Subito dopo aver ottenuto la cittadinanza americana (18 Novembre 1902) (foto n. 22), infatti, passa da agente consolare a vice-console italiano in Boston per il distretto del Massachusetts (1903) (foto n. 23). Anche in funzione del suo ruolo istituzionale, il 14 settembre del 1921, pronuncia un discorso per il VI centenario della morte di Dante nella Symphony Hall di Boston (foto n. 24). In qualità di cofondatore e presidente della Società Dante Alighieri dal 1910, Rocco parte dall'evocazione del Divin Poeta per inneggiare all'italianità e al genio che questa ha portato a tutta l'umanità, dal diritto, all'arte, alla navigazione o alle nuove scoperte, come il telefono di Meucci, nonostante l'attribuzione di paternità all'americano Bell. Italianità che ha fortemente contribuito al “poligenetico albero americano”, ma “vero è che di tanto in tanto si risolleva, per opera soprattutto di pubblicisti americani di pelo fulvo, un'onda di fobia contro le popolazioni sud-orientali d'Europa a pelo scuro; onde che provocano vergognosi episodi di violenza, come quelli verificatisi nel luglio scorso in Pennsylvania, o verdetti inqualificabili, come quello di Dedham. Ma non v'ha dubbio che queste onde malefiche si frangeranno definitivamente contro la diga, che i nostri giovani van costruendo con volontà ed energia”.

Ed è proprio l'invettiva contro quei verdetti inqualificabili, come quello di Dedham che Sacco e Vanzetti lessero sul quotidiano "La notizia" del 17 settembre e a cui risposero accoratamente. Il 14 luglio erano stati condannati a morte perché italiani anarchici del Massachusetts. E la loro innocenza non poteva passare sotto silenzio dei tanti italiani immigrati che vi videro il simbolo che poi sono diventati. Il consolato di Boston, assieme al Ministero degli Esteri, si adoperò per ottenere una revisione del processo e poi la grazia presso le autorità degli Stati Uniti. Fu tutto inutile.

Passione italiana
Il caso di "Nick e Bart" suscitò non poca indignazione nel vice-console Brindisi, che studiava il fenomeno degli italiani immigrati non solo politicamente ma anche scientificamente. Una delle sue pubblicazioni mediche porta il titolo "Mutamenti fisici e psichici che subisce l'immigrato italiano in America". In un suo discorso radiofonico, indaga i costumi americani e il pregiudizio verso la superstizione religiosa degli italiani, mentre sottolinea la costante presenza della "Scienza cristiana" nella società americana. Era fonte di ogni informazione utile sul mondo dell'immigrazione: se fossero possibili acquisti di terreno o occasioni di lavoro, quali gli istituti presenti e quali da fare, dove si localizzassero mestieri e provenienze. In un discorso tenuto nella sala della Biblioteca pubblica di Providence, il 7 maggio 1916 (foto n. 25), a proposito delle polemiche sulla naturalizzazione e l'ennesimo progetto di legge per una più rigida restrizione dell'emigrazione, egli tratteggia “tre zone concentriche” in base all'atteggiamento della società americana verso i nostri immigrati. La prima, quella centrale è fatta di “gaudenti plutocrati” che accolgono soltanto “opulenti Yankees”. La seconda zona è limitrofa alla prima ma costituita da politici, ministri di culto, professionisti, insegnanti e uomini d'affari, ritenuti “viscidi seccatori, che accolgono gli emigranti con sorriso sulle labbra e con in cuore diffidenza e sdegno”. La terza, infine, è una zona grigia che racchiude gente mista di nuovi e vecchi emigrati, quella “che intriga e corrompe pur di riempirsi l'epa nelle pubbliche amministrazioni”. In questo ambiente policromo, spiega Rocco, l'italiano deve trovare il suo difficile cammino, quasi a tentoni, ma “guidato molto più dal suo valore che dall'altrui assistenza”.

Una banca italo-americana
Grazie all'impegno civile e alla strenua difesa dell'italianità, dimostrati anche con azioni simboliche come l'impegno per una statua di Dante all'Università di Harvard o quello per tributare al generale Armando

lettera di Sacco e Vanzetti a Rocco brindisi - le firme

© 2013 - lettera di Sacco e Vanzetti a Rocco brindisi - le firme

Diaz una medaglia da parte degli italiani del Massachusetts (foto n. 26) , nel 1919 riceve la nomina di Commendatore della Corona d'Italia (foto n. 27). Subito dopo si imbarca in un'altra grande avventura per agevolare la permanenza e gli scambi degli italiani. Il 9 agosto del 1920, il quotidiano "La notizia" pubblica un articolo in cui si dice che Rocco lascia l'America per andare in Italia e presiedere alle sorti della nuova banca italo-americana (foto n. 28): la Cosmopolitan Trust Company. L'istituto nasce per avere un servizio bancario più diretto e più spedito tra la "Nuova Inghilterra" e l'Italia, per il commercio e le rimesse di denaro degli emigrati negli Stati Uniti.

Amore e morte
L'illustre sconosciuto, con i natali a Trivigno e l'opera tra il Vecchio e il Nuovo mondo, si spegne a Boston, il 14 dicembre del 1936 (foto n. 29). Sul letto di morte, Rocco esaudisce l'ultimo suo desiderio: quello di sposare e rendere ufficiale l'amore con Sofia Buonamici. Subito dopo, la vedova torna in Italia, nella sua Firenze, e si porta dietro le ceneri del marito. Quando muore (1963), Sofia vuole giacere affianco a Rocco nel cimitero di Trespiano, vicino Firenze, e lì riposano ancora, liberando in morte ciò che non era potuto essere in vita (foto n. 30 e 31). (C. B.)

Fonti e ringraziamenti
Dino Basilissi, soggetto conservatore dell'archivio Rocco Brindisi;
Raffaella Brindisi Setari ed eredi Brindisi;
Franco Guarini e Michele Luna. 

Redazione Consiglio Informa

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