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Pensando al nuovo Consiglio, parla Mollica
27 settembre 2013
Lo scenario istituzionale fra riforme e neocentralismo. “In Basilicata si corre il serio rischio per alcuni territori di non avere rappresentanza, sarebbe utile modificare la legge elettorale introducendo i Collegi”
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(ACR) - Correva l’ormai lontano anno 1971 quando venne approvato lo Statuto della Regione Basilicata. Era l’anno del Presidente della Repubblica Saragat e del Guardasigilli Colombo, della Prima Repubblica, degli uomini dal grande spessore politico e culturale che hanno determinato gli equilibri della Nazione per diversi decenni.
Con quel documento che rappresenta, di fatto, la Fonte primaria regionale, vennero stabiliti i confini normativi entro i quali la Regione ha ancora oggi l’obbligo di muoversi. Esso descriveva – e descriverà fino all’entrata in vigore del nuovo Statuto a cui si sta lavorando da tempo – anche il ruolo del Presidente e le funzioni degli assessori individuandoli in un numero pari a sei (1/5 dei Consiglieri regionali). Da allora, però, molte cose sono cambiate e nel quarantennio che ci ha portato ad oggi abbiamo assistito al passaggio dalla Prima alla Terza Repubblica passando per la Seconda; abbiamo avuto modo di vedere i mutamenti – positivi o negativi che siano - che la politica ha subìto e il cambiamento del quadro economico che ha trovato il massimo del suo declino nell’attuale crisi che stiamo vivendo.
Ed è stata proprio quest’ultima a determinare una serie di provvedimenti che il Governo Monti (il cosiddetto “Governo dei Tecnici”) ha ritenuto necessari e doverosi per provare a ridimensionare l’ingente spesa che muove la macchina amministrativa nazionale. Le azioni poste in essere hanno mutato gli assetti istituzionali di tutto il territorio nazionale e sono stati, in alcuni casi, una vera e propria scure lanciata sul capo di alcune Regioni che, essendo più piccole in termini numerici, rischiano di non avere un’adeguata rappresentanza territoriale. Non sono contrario nella maniera più assoluta ad un ridimensionamento della spesa e, anzi, ritengo che sia necessaria anche per dare un segnale importante alla comunità lucana e a tutti i miei connazionali, ma sono ugualmente convinto che, probabilmente, sarebbe stato preferibile che il Governo nazionale desse l’esempio iniziando a realizzare un importante taglio numerico dei rappresentanti di quello che è il più alto organismo dello Stato per poi arrivare, solo successivamente e in modo conseguenziale alle Regioni, alle Province e ai Comuni. Ribadisco, inoltre – come accennavo poco più sopra – che ho il grande timore che in una Regione come la nostra si corra il serio rischio per alcuni territori di non avere rappresentanza perché, per una mera questione numerica e riconducibile al numero di abitanti, non saranno in grado di esprimere un proprio rappresentante. Probabilmente sarebbe stato più opportuno, quindi, modificare la legge elettorale introducendo i cosiddetti “Collegi” prima di dar vita ad un percorso di spending review necessario sì, ma che non ha tenuto conto nella sua progettazione di tanti fattori che andrà a compromettere negativamente.
La riduzione del numero dei Consiglieri ha prodotto, approvandolo con Legge Regionale, anche il taglio del numero degli Assessori che dovendo essere presenti - come già detto - in misura pari ad 1/5 dei Consiglieri Regionali, diventeranno quattro anziché sei. Anche per loro vale quanto riportato in precedenza, quattro membri della Giunta possono probabilmente essere bastevoli per gestire, accorpando le competenze, tutto ciò che riguarda l’ambiente, le infrastrutture, la salute, la sicurezza, lo sport, la formazione, la cultura, l’agricoltura, etc., ma che ripercussione avrà tutto ciò sui Dipartimenti già costretti ad una mole di lavoro estremamente gravosa? Un risparmio indubbiamente ci sarà, seppur non molto rilevante se paragonato ad altri sperperi, ma a discapito della comunità lucana che già subisce troppe volte rallentamenti burocratici che hanno forti ripercussioni sull’impresa e su tutto ciò che dipende dai nostri uffici. Sarà necessario, quindi, avviare velocemente un percorso di sburocratizzazione onde evitare ulteriori appesantimenti del sistema economico e produttivo di questa Regione.
La cosa paradossale, inoltre, è che il Consiglio Regionale di Basilicata è stato costretto a recepire quanto previsto dalla normativa nazionale ed, in particolar modo, dal Decreto Legge che disciplina la riduzione dei costi della politica, pur tuttavia non avendo ancora modificato ed approvato un nuovo Statuto che fosse anch’esso adeguato alle necessità attuali.
La bozza di esso aveva ormai esaurito l’iter di discussione politica ed era già pronta ad essere portata in prima lettura fino a quando, a causa delle dimissioni improvvise del Presidente De Filippo, è avvenuto lo scioglimento anticipato del Consiglio Regionale.
Nello Statuto era stata disegnata una nuova visione del ruolo della Regione al passo con quelle che erano le nuove esigenze europee, nazionali e, soprattutto, esplose a livello sociale con la crisi economica.
Quindi si era pensato ad un nuovo regionalismo che guardasse in avanti facendo ammenda anche di ciò che era superato ed inserito nel pur funzionante Statuto varato nel 1971 dai Costituenti regionali.
La Regione Basilicata aveva l’obbligo ed il diritto – e su questo si dovrà lavorare - di svolgere un ruolo diverso nel panorama nazionale partecipando al mantenimento del “Sistema Italia” soprattutto nell’ambito del bilancio energetico. Con le estrazioni petrolifere doveva, infatti, ricercare il ruolo di guida delle Regioni del Meridione d’Italia avendo dato anche dimostrazione, come ad esempio nella Sanità, di buone prassi elogiate in campo nazionale.
Ciò non è avvenuto e i dati negativi sull’occupazione e sulla qualità della vita ci impongono una necessaria inversione di tendenza rispetto a politiche negative che sono risultate estremamente fallimentari, pur essendo portate avanti con risorse che provengono dalle royalties del petrolio e dell’acqua.
Francesco Mollica
Capogruppo dell’Udc in Consiglio regionale