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Eracle/Ercole tra archeologia e mito

22 luglio 2014

Speciale il rapporto con i Lucani e Acheruntia. La statuetta in bronzo di Acerenza ricondurrebbe al culto di un Ercole Acheruntino. Ipotesi suggestive sulla caverna lungo le rive dell’Acheronte, l’odierno Bradano

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(ACR) - E’ una delle più popolari divinità in tutto il mondo greco e, poi, nelle colonie dell’area centro-meridionale dell’Italia. Un culto particolarmente diffuso anche presso gli antichi popoli della Lucania. Heraklès per i Greci, Hercle italico, Hercules per i Romani: un dialogo con uomini e popoli che travalica il tempo e lo spazio e giunge fino all’uomo contemporaneo, vanamente alla ricerca di nuovi stimoli e suggestioni. Un uomo distratto, frenetico eppure solo e fragile nella rete delle più tecnologiche dinamiche di socialità virtuale, mentre affronta ogni giorno le assai ardue imprese della vita: potrebbe ri-trovare sorprendentemente vicina – in realtà conosciuta da sempre - la dimensione sospesa del mito cui tentare di assomigliare, oggi come ieri?

Il bronzetto del IV sec. a.C. pregevole per dimensioni e dettagli

E’ datata al IV secolo a.C. la statuetta in bronzo (foto1), alta non più di una ventina di centimetri, rinvenuta ad Acerenza (foto 2) negli anni ’60 nell’area a ridosso del tempio dedicato ad Ercole acheruntino che doveva sorgere sul punto più alto, presumibilmente dove venne poi eretta l’imponente Cattedrale normanna [1] (foto 3-6). Esposta al Museo Archeologico Nazionale della Basilicata ‘Dinu Adamesteanu’ di Potenza rappresenta una delle migliori e più preziose testimonianze del dio guerriero, dall’aspetto fiero e muscoloso. “Particolarmente significativa e ben curata - spiega Raffaella Bonaudo archeologa della Soprintendenza Archeologica della Basilicata - con tutti i particolari della clava, della capigliatura, della leontè (la pelle del leone sul braccio, trofeo della prima fatica), con il braccio alzato in posizione di attacco, probabilmente, anche con l’arco o comunque un’altra arma nell’altra mano. Tutti i dettagli sono decritti con una perizia che in questo momento manca a tutto il resto della produzione e indica nel bronzetto un valore particolare probabilmente riconducibile alla funzione che doveva avere nel contesto originario d’uso. E’ uno degli esemplari caratteristici e meglio conservati  di questa iconografia. Anche rispetto ai modelli rappresentati nella stessa vetrina (foto 7-9) provenienti da diverse parti del territorio della Basilicata (Policoro, Marsico nuovo, Vietri di Potenza) è possibile notare come la grandezza sia superiore al vero e i particolari iconografici siano resi con una maggiore attenzione. In questo momento c’è una produzione piuttosto corsiva di queste statuette che interessa l’area del Sannio, della Lucania e di tutta l’Italia meridionale”. Quanto ci spiega la  Dottoressa Bonaudo, archeologa del Museo Archeologico Nazionale di Potenza (foto10-12), consente di delineare un interessante percorso attraverso cui si è andato evolvendo, nel corso dei secoli, il culto di Eracle: dall’esaltazione dell’individualità eroica e valorosa alla dimensione collettiva, sociale, in cui l’ero-dio si inserisce all’interno della tradizione e si impone come modello di riferimento.

Emblema di coraggio, difensore degli armenti, modello di robustezza

“E’ l’eroe greco per eccellenza. Assunto dalle popolazioni indigene dell’Italia meridionale e della Basilicata – spiega la Dottoressa Raffaella Bonaudo - come l’eroe di collegamento con i Greci delle colonie e della madre patria. E’ in genere preso come modello di comportamento dai prìncipi e dagli aristocratici locali che acquistano vasi di produzione greca, in particolare attica (foto 13-16) in cui sono rappresentate le fatiche dell’eroe, soprattutto la lotta contro il leone Nemeo, relativamente alla prima fatica. Come emblema del coraggio e della virtù del re, βασιλεύς locale capace di civilizzare il mondo e di assumere forme di comportamento analoghe a quelle dei Greci della madre patria. Questa funzione di Eracle si attutisce nel corso del V secolo a.C. quando  in Grecia e nelle colonie della magna Grecia diventa prevalente il modello della città e l’eroe per eccellenza della città comincia a diventare Tesio a discapito di Eracle che viene rappresentato meno, anche se continua una tradizione iconografica che lo rappresenta. Dalla fine del V e per tutto il IV secolo a. C., continuando almeno fino al II secolo a. C. e quindi fino all’arrivo dei Romani, in concomitanza con un momento che le fonti storiche collegano con la sostituzione dell’ethnos dei Lucani alle precedenti popolazioni enotrie e cone della Basilicata, l’eroe viene in qualche modo recuperato a rappresentare la comunità in una dimensione politica generale. Questo perché – evidenzia l’archeologa - i Lucani sono una popolazione di stirpe sannita. I Sanniti come i Sabelli sono popolazioni ancestrali che abitano le montagne interne della penisola italiana e riconoscono un ruolo fondamentale alla pastorizia e alla transumanza. Eracle, in questo senso, è un eroe particolarmente funzionale: perché il mito lo tramanda come l’eroe che recupera le mandrie, le riporta all’interno del cosmos della città, istituisce il sacrificio e quindi dà alla città le corrette regole di comportamento. In questa dimensione di difensore degli armenti e delle greggi Eracle può essere assimilato a delle divinità autoctone non meglio definite e nel caso dei Sanniti per esempio riconducibili alla tradizione di Silvano o a simili divinità della Natura. Quindi diventa l’eroe-dio, non più l’eroe valoroso, ma l’eroe che da una parte ha un legame con la tradizione e dall’altra consente ai giovani di formarsi e irrobustirsi. Dal IV secolo in poi, almeno fino a tutto il II secolo a.C., si sviluppa un’enorme produzione di bronzetti figurati per lo più collegati a dei santuari o a delle forme di ritualità che sono diffuse nel territorio lucano e hanno in Basilicata degli esempi monumentali come a Rossano di Vaglio e ad Armento in cui l’iconografia dell’eroe assume connotati giovanili: e questa è già una prima novità. E’ rappresentato in generale in nudità eroica e nella posizione dell’attacco. Questo perché sappiano anche dalle fonti letterarie, da Giustino per esempio, che presso i Lucani – conclude l’archeologa - c’è una tradizione di particolare attenzione all’educazione e alla robustezza giovanile. Per cui i giovani Lucani sono educati in questo modo: educati ad essere come Eracle nel corso della sua vita e delle sue imprese”.

La città, il fiume e le fatiche di un dio

A fare riferimento al culto di un Ercole Acheruntino, non solo la statuetta in bronzo che rappresenterebbe uno degli esemplari migliori di ex voto. Anche la tabula di Eraclea riferisce di un Vitalis che scioglie un voto

Eracle statuetta in bronzo IV sec a. C. ritrovata ad Acerenza

© 2013 - Eracle statuetta in bronzo IV sec a. C. ritrovata ad Acerenza

ad Ercole Acheruntino “Numini Herculis Acheruntini Vitalis” [2;3]. E la coppa in vetro dorata (ne rimane solo il fondo) narra di sposi che brindano alla sua benevolenza, esposta al British Museum di Londra [4;5] (foto 17- 20). L’aggettivo Acheruntino sembrerebbe mettere in connessione: l’antico toponimo di Acerenza, Acheruntia dal fiume Acheronte, e il culto di Eracle che, nella sua dodicesima ed ultima fatica, discende negli Inferi attraverso una caverna per catturare Cerbero e prodigiosamente risale al regno dei vivi. E’ a questo mito che l’archeologo francese François Lenormant (Parigi 1837-1883) ricollega il toponimo della città affermando che originariamente Acheronte dovesse chiamarsi la fiumarella che lambisce i piedi dell’antica Acerenza [2].  Orazio la immortala in latino in una delle sue Odi nel viaggio da Roma a Brindisi, quando accompagna Mecenate in Grecia: “…quicumque celsae nidum Acherontiae…”. Raccontando dell’itinerario che dalla sua Venosa conduce ad Acerenza, Banzi e Forenza ne riconosce l’incanto: “…quanti tengono il nido dell’eccelsa Acerenza…” [3;5;6]. “Nido” - di aquile forse - in posizione di preminenza per levatura orografica ed importanza strategica. Nella versione classica di Orazio Acerenza è Acherontia riportando il nome alla sua vera origine e al suo vero significato, luogo alto. Gli Osci, le prime tribù lucane ad occupare le aree più elevate della Basilicata e dunque il territorio di Acerenza, le diedero il nome di Akere [7]. E in seguito fu: Acheruntia, Αχερουντία [8]. Di nomi con cui è stata chiamata nel corso dei secoli se ne possono individuare molteplici. Ben 101, tra corretti e non, ne ha raccolti Michele Di Pietro che da oltre 50 anni conduce uno studio irrefrenabile, quasi una mania, sull’origine del nome del suo paese: “una ricerca irrefrenabile, quasi una mania - ammette - iniziata da quando frequentavo la quarta elementare. Acarentia, Accerenza, Acerensa, Acerentia, Acerenzia, Acerontia, Acerunta, Aceruntia, Acharontia, Achere, Acherentia,  Acherondia, Acheronta, Acheronza, Acirenza, Aggerentia, Akerentza, Aqueroncia, Cerenzia, Cerentia, Cirenza e così via. E addirittura con la lettera G: Gerunium, Geruntia, Gilentia. Per ogni nome - spiega - c’è un riferimento o più di un riferimento che può essere o un libro o una cartina geografica. Come per esempio per il nome Gerunim: l’ho trovato su questa cartina del 1595 che è sotto sopra, come era tipico dell’epoca. Facendo attenzione e andando ad ingrandire si può ritrovare questa indicazione. Ed è sicuro che si riferisca ad Acerenza perché vicino ci sono Venusia e Bantia” (foto 21-25).

Il fascino di un toponimo e la ricerca di un appassionato 

Insignito di recente della “cittadinanza benemerita” e ribattezzato l’Indiana Jones lucano, Michele Di Pietro è un appassionato di ricerca storica del glorioso e misterioso passato di Acerenza (foto 26;27) [5]. Ha consultato migliaia di volumi antichi, in varie lingue, nelle biblioteche di tutta Italia. E con l’avvento di internet più comodamente da casa. Un archivio prezioso attraverso cui delineare ipotesi suggestive: tra fascino e mistero. Un appassionante lavoro di ricerca etimologica condotto anche attraverso nomi che poi si rivelano errati, ma che pur contribuiscono a far chiarezza all’interno di un quadro ampio e assai complesso. “Ho trovato molti testi che allacciano l’origine del nome Acerenza ad Acheronte. All’incirca venti, trenta testi. Datati dalla fine 1500 al 1800. Per esempio questo testo geografico ‘Delle città d’Italia e sue isole adjacenti’ del 1770 a pagina 5 dice testualmente: ‘…è circondata dall’Austro dal Fiume già detto Acheros, ed in oggi Bradano. La sua Etimologia si ha, o dal detto Fiume Acheros, da cui si crede esser derivato il nome di Acherontia, e quindi Acerenza…’ [9] (foto 28;29). Un’ipotesi - spiega l’appassionato di storia acheruntina - avvalorata da fonti ancor più antiche. Come il Gran Dizionario Francese/Latino del 1721 dove: ‘Acheron, fiume dell’Epiro o della Lucania a cui numerosi autori si sono ispirati per descrivere il mondo degli Inferi’ [10] (foto 30; 31) oppure il Dizionario della lingua italiana del 1830 che indica: ‘Acherondia, era una città della Puglia sopra d’una montagna all’estremità dell’Italia. A’piè di questa montagna eravi  una caverna, per cui Ercole discese all’Inferno, e ne levò il Tricerbero’ [11] (foto 32;33). Il riscontro – prosegue - è in testi antichi e, pure,  nel più contemporaneo Dizionario mitologico on line. ‘Acherondia: il paese dove c’è una caverna che è l’accesso agli Inferi in cui entrò Ercole e seco ne trasse Cerbero” [12] (foto 34).  L’intervista nello studio di casa sua scivola piacevolmente mentre Michele Di Pietro mostra con orgoglio e soddisfazione i risultati della sua vastissima ricerca: cartelle e sottocartelle, tabelle e raccolte di foto, migliaia di file sul suo computer.

Quella caverna per Ercole e, anche, per Telemaco

Ma il riferimento più interessante è quello che riuscirebbe addirittura a duplicare la rilevanza mitologica della sua ricostruzione. “Il testo di Fénelon ‘Le Avventure di Telemaco figlio di Ulisse’, di fine ‘600, è un romanzo storico mitologico allegorico scritto dall’Arcivescovo francese François de Salignac de La Mothe (Château de Fénelon 1651-Cambrai 1715) che molti conoscono con lo pseudonimo di Fénelon. Al capitolo 18esimo racconta di Telemaco che, lascito il suo piccolo esercito accampato presso Venosa, con il fedele Mentore e altri pochi soldati, si recò ad Acerenza ed entrò nella caverna per chiedere il permesso a Plutone per poter esplorare gli Inferi alla ricerca del padre Ulisse. A pagina 390, parla di Acheronzia che ‘aveva preso il nome da un’orrorosa caverna’ e che ‘era sull’erto d’una rupe, collocata qual nido sopra la cima di un albero; e a piè della rupe si vedea l’oscura caverna’. Nella stessa pagina alla nota 4: ‘Acheronzia era una città della Puglia situata su un monte all’estremità dell’Italia. A piè di questo monte v’è una caverna, da cui con tanto impeto precipita il fiume Acheronte, che i Poeti hanno creduto esser questo luogo una porta dell’Inferno. Per questa caverna entrò Ercole, e seco ne trasse Cerbero” [13] (foto 35-42). Un lavoro di ricerca e appassionate indagini. Ma c’è anche spazio per ricordi d’infanzia, leggende e aneddoti popolari, tanto da concedersi l’azzardo di una possibile localizzazione della mitologica caverna. Magari in fondo al vallone de La Pila, tra la fitta vegetazione, giù in corrispondenza di una fonte di acqua minerale (foto 43-46). “Gli anziani quando ero bambino raccomandavano di non attardarci al calar del sole in quella zona. E tra i cacciatori di una volta c’è stato chi ha raccontato di aver trovato riparo in una caverna andando a caccia; chi ha detto di odori e vapori di acqua sulfurea”. E tra i prossimi e, a dir poco, irrinunciabili obiettivi per Michele Di Pietro c’è quello di organizzare una vera e propria spedizione con alcuni volenterosi al seguito.

Toponimo Italia: l’origine è qui

Tanto è stato scritto circa la particolare rilevanza del culto di Eracle/Ercole nella Magna Grecia e nella Lucania: “il forte” per eccellenza. Un culto ampiamente documentato dai numerosi reperti archeologici e dalle innumerevoli testimonianze in cui è estremamente riconoscibile l’iconografia del semidio che affronta le sue celebri fatiche. Una presenza pressoché costante attraverso i secoli e in tutte le aree di espansione greca [14]. Ed è certamente speciale – forse poco conosciuto - il legame tra il mito di Ercole e la bella cittadina di Acerenza che oggi consolida il suo ruolo di contemporaneo e vivace attrattore: quest’anno, selezionata tra i migliori 20 borghi italiani, si è classificata al quarto posto al concorso “Il Borgo dei Borghi” organizzato dalla trasmissione della Rai “Alle falde del Kilimangiaro” [15; 16]. Le occasioni per tornare a far parlare di sé, certo non mancano ad Acerenza che ha davvero più di un motivo d’orgoglio. E se fosse mitologica la chiave per tornare, ancora una volta, a riaccendere la curiosità su questo angolo di Basilicata? Sarebbe certamente lungo il sottile confine tra reale e immaginario: come d’altronde il racconto mitico insegna. E il mito di Ercole Acheruntino non smette, infine, di stupire là dove rinvierebbe - nientemeno - che al toponimo Italia. Secondo una suggestiva ipotesi, infatti, Ercole vinto Gerione si impadronisce della sua mandria e la guida dall’Iberia attraverso tutto lo stivale verso la Grecia, ma nei boschi dell’Appennino meridionale smarrisce un vitello. Da questo vitello di origine divina avrebbero avuto origine le mandrie così abbondanti e di struttura così poderosa che i romani chiamavano ‘buoi lucani’ gli elefanti di Pirro [17]. Dal termine osco ‘vitelio’, caduta l’iniziale lettera v, furono detti gli abitanti: ìtali. E Italìa: il territorio che li ospitava [2;18]. (C. L.)

Fonti:

1. http://www.diocesiacerenza.it/cattedrale.html

2.http://www.telemacoedizioni.it/wiki/storia-di-acerenza/i-lucani/

3. “L’antica Acerenza, tra paganesimo e cristianesimo”, Michele D’Andria, estratto da “Studi meridionali”, n°3-4, luglio-dicembre 1975 C.E.S.M., Roma

4. “ Vetri ornati di figure in oro trovati nei cimiteri dei cristiani primitivi di Roma”, Raffaele Garrucci, Roma, Tipografia Salvucci, 1858

5. “L’ultima fatica di Ercole negli Inferi di Acerenza” La Gazzetta del Mezzogiorno, articolo di Massimo Brancati, 23 agosto 2013 http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/basilicata/l-ultima-fatica-di-ercole-negli-inferi-di-acerenza-no647583/

6. Orazio Odi, lib. III, ode IV (“…quod foret ominibus/ quicumque celsae nidum Acherintinae/ saltusque Bantinos et arvum/ pingue tenent humilis Forenti…” - “…quanti tengono il nido dell’eccelsa Acerenza, le pasture boschive di Banzi e i pingui campi arati dell’umile Forenza…”)

7. http://old.basilicatanet.it/paesi/paese.asp?idPaese=3

8. http://it.wikipedia.org/wiki/Acerenza

9. “Delle città d’Italia e sue isole adjacenti compendiose notizie sacre e profane compilate da Cesare Orlandi patrizio di Fermo, di Atri, e di città della Pieve, accademico augusto. Dedicate alla santità di N.S. Clemente XIV”, I tomo, Perugia, 1770

10. “Grand Dictionnaire François et Latin”, l’Abbe Danet, Lione, 1721

11. Dizionario della lingua italiana Padova, Tipografia della Minerva, 1830 (pag. 814 vol. VII): http://books.google.it/books?id=zLc9AAAAYAAJ&printsec=frontcover&hl=it#v=snippet&q=Acherondia&f=false

12. Dizionario mitologico on line: http://www.grecoantico.com/mitologia.php?personaggio=acherondia&mito=A0019800&page=2

13. “Les aventures de Télémaque, fils d’Ulysse”, François de Salignac de, La Mothe-Fénelon, Parigi, 1699

14. “Il mito e il culto di Eracle/Ercole nella Magna Grecia e nella Lucania antica” articolo di Antonio Capano, 131-132 Basilicata Regione Notizie
http://consiglio.basilicata.it/consiglioinforma/files/docs/48/89/98/DOCUMENT_FILE_488998.pdf

15. “Il borgo dei borghi premia Acheruntia con un quarto posto” La Gazzetta del Mezzogiorno, articolo di Michele Di Pietro, 26 aprile 2014

16. https://www.youtube.com/watch?v=B1lA3GZflVY

17. http://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Eraclea

18. http://it.wikipedia.org/wiki/Etimologia_del_nome_Italia


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