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Lucani insigni 2017, Michele De Bonis
13 agosto 2018, 12:37
Una carriera costellata da successi e soddisfazioni, quella del cardiochirurgo di fama mondiale che vive ogni esperienza professionale come una missione che cerca di trasmettere ai giovani: “Siate interessati, curiosi e critici”
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(ACR) - E’ Michele De Bonis, originario di Pietragalla, uno dei “Lucani Insigni 2017” a cui il Consiglio regionale della Basilicata ha conferito il prestigioso riconoscimento. Professore di Cardiochirurgia presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, con un curriculum di altissimo livello. Sono tante le sue specializzazioni e le sue competenze. Dopo aver conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia, si è specializzato in Cardiochirurgia presso l’università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Ha maturato diverse esperienze presso il dipartimento di Chirurgia cardiovascolare e toracica ad Aalst in Belgio e il St. George’s Hospital di Londra. E’ decisamente vasta anche la sua attività accademica nei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, nel corso di laurea in Scienze infermieristiche e nella Scuola di specializzazione in Cardiochirurgia dell’Università San Raffaele di Milano. Opera in tutti gli ambiti della cardiochirurgia dell’adulto e nella chirurgia riparativa della valvola mitrale e della valvola tricuspide. Componente di importanti comitati tecnico scientifici, nazionali ed internazionali è autore e coautore di oltre 140 pubblicazioni
De Bonis, premiato a Venosa, ha ricordato quando e come è nata la passione per la cardiochirurgia: “Al liceo classico, le alternative a cui avevo pensato, quali ingegneria o studi di tipo economico, non avevano la valenza direi umanistica verso cui mi sentivo portato. Pensavo – racconta - molto a cosa avrebbe reso felici i miei genitori. La mia, era una famiglia semplice e avevo maturato molto presto la consapevolezza che il mio futuro sarebbe dipeso esclusivamente da me, dal mio impegno e dal mio sacrificio. Desideravo, ripagare in qualche modo i miei genitori della libertà che mi concedevano e degli sforzi che facevano perché io continuassi i miei studi. Sognavo, poi, una bella famiglia. Anche in questo ho ricevuto più di quanto potessi sperare”.
E di strada ne ha fatta tanta: oltre 5000 gli interventi maggiori di cardiochirurgia, 2500 dei quali eseguiti come primo operatore. Specializzato nella riparazione mitralica e tricuspidalica e nei sistemi di assistenza ventricolare (i cosiddetti cuori artificiali). La chirurgia mininvasiva e gli approcci trans-catetere sono attualmente i temi di maggiore interesse del professor De Bonis.Tra le altre cose, è anche inventore di un dispositivo trans catetere originale per il trattamento percutaneo del rigurgito tricuspidalico.
Sogni realizzati lontano dalla sua terra d’origine. De Bonis è un “cervello in fuga”, ma ha vissuto esperienze professionali che hanno valorizzato il suo talento facendogli collezionare innumerevoli specializzazioni
. Non per questo ha reciso il filo che lo lega alla Basilicata. Un legame che va al di là della residenza: “Genuina, calorosa, semplice, ospitale”. E’ così che definisce la Basilicata per poi aggiungere: “Ho dei ricordi bellissimi. La mia infanzia è legata a quei colori, a quei profumi, a quella quiete. I miei nonni, i lavori in campagna, le uscite con gli amici, lo sport, le feste patronali. In estate migliaia di emigranti tornavano con le loro famiglie e noi ragazzi tornavamo ad incontrare i nostri coetanei che vivevano al nord e che erano ormai diventati i nostri amici per così dire ‘stagionali’. Era bello, ci sentivamo al centro del mondo, ma sapevo che la mia vita non sarebbe stata lì”.
Sorriso dolce e accogliente che sa di gentilezza ed educazione. Un sorriso vero che non ti aspetteresti da una personalità nel campo della cardiochirurgia. Lo ascolti e comprendi che nelle sue parole c’è il senso profondo del suo mestiere, i suoi successi e i suoi fallimenti. E infatti, quando parla della sua professione racconta: “Per me è un privilegio, un dono essa stessa. Ci viene offerta l'opportunità unica di mettere la nostra vita al servizio degli altri, di essere strumenti di guarigione e di bene per persone che affidano a noi la loro vita, i loro affetti più cari. È una responsabilità immensa, quotidiana che ci obbliga ad avere sempre il massimo della competenza e un infaticabile desiderio di essere d'aiuto. Per quanto mi riguarda, non riuscirei senza la fede che mi accompagna e che sento viva nel mio cuore”.
Insomma, la sua vita si muove sul filo dell’equilibrio: ali e radici. Le ali sono le passioni, gli interessi che lo hanno portato lontano dalla sua casa. Le radici, invece, sono le ragioni del cuore e si nutrono di valori, tradizioni e sentimenti che ha assorbito dalla sua terra e che custodisce gelosamente. A fare da collante l’organo umano sempre al centro del suo lavoro, quell’organo primario che restituisce il senso della sua attività professionale. Lui che il cuore lo prende tra le mani, ne sente il battito, a volte rallentato a volte accelerato. Lui che il cuore lo definisce come “una delle infinite meraviglie della creazione e che, nonostante gli sforzi per creare un cuore artificiale siano stati decisamente notevoli, nessuno mai potrà riprodurre la sua bellezza, armonia, plasticità ed efficienza perché il suo battito – dice - è il segno stesso della vita, del suo scorrere meraviglioso e inarrestabile, del tempo che ci viene concesso per scegliere chi essere e in cosa credere”.
I suoi sogni lo hanno sempre spinto a guardare lontano con la certezza tipica di chi ama ciò che fa e di chi ha una visione ampia della propria vita: “Io ho sempre interpretato il mio lavoro di cardiochirurgo – racconta - come l'insieme di attività clinica, ricerca e didattica ed ho avuto la fortuna di ritornare, circa 20 anni fa, dall'Inghilterra dove mi trovavo, al San Raffaele di Milano dove ho un incarico di dirigente primariale, direttore della scuola di specializzazione e professore universitario. Questa situazione, in un centro di cardiochirurgia molto importante, mi ha consentito finora di realizzare appieno i tre aspetti che ritengo essenziali nella mia professione ed è questa la ragione per la quale finora non ho sentito l'esigenza di guardare altrove”. Esempio di talento, ma anche determinazione e tenacia. Tutti ingredienti essenziali per realizzare i propri sogni. Ai giovani che desiderano intraprendere una carriera medica come la sua dice che si tratta di una professione che “in mancanza di passione, spirito di abnegazione e sacrificio, capacità di gestire a lungo termine situazioni ad alto stress sarebbe meglio non intraprendere. E poi una cosa che amo ripetere è quella di avere un’adeguata predisposizione alla ricerca, ai suoi principi ed alle sue metodiche. È un patrimonio da acquisire presto e che varrà per sempre. Trascorrete – dice De Bonis rivolgendosi ai giovani - un lungo periodo di formazione in altri centri, in particolare nei migliori dipartimenti europei o nordamericani; siate interessati, curiosi e critici e coltivate contatti internazionali”.
Ma le difficoltà non mancano. A fronte di tante vite salvate e tanti sorrisi donati, a chi forse non ci sperava più, ci sono stati anche i momenti difficili. “Questo – aggiunge il cardiochirurgo - è l'aspetto in assoluto più delicato ed emotivamente coinvolgente del nostro lavoro. Quando, nonostante tutti gli sforzi, non si riesce a salvare una vita, la sofferenza che si prova è immensa. Comunicare a parenti e amici che non rivedranno più la persona che amavano è straziante e ci si porta a lungo nel cuore il dolore che si è provato. Ricordo una signora giovane, estremamente grave, che dopo un intervento molto complesso non superò il decorso in terapia intensiva. Avrei fatto di tutto perché vivesse. Morì. Sono trascorsi più di 10 anni. Aveva un figlio di 9 anni. Il dolore che avrà provato quel bambino continua a tornarmi in mente. E' un pensiero che non mi abbandonerà mai”. (A. D. M.)
Fonti
http://www.unisr.it/k-teacher/de-bonis-michele/
http://www.cardiopeople.com/esperto.php?id=86
https://www.ctsnet.org/home/mdebonis
https://www.ctsnet.org/home/mdebonis