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Tribunale di Melfi, Mollica e Navazio: non ci arrendiamo

11 febbraio 2014, 18:34

E’ quanto dichiarano il consigliere regionale dell’Udc e il presidente del Comitato pro-referendum Melfi in merito alla decisione della Corte Costituzionale sull’inammissibilità del referendum abrogativo della riforma della geografia giudiziaria

© 2013 - Tribunale di Melfi

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(ACR) - “La riunione romana di ieri presso la sede della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee Legislative Regioni e Province Autonome ha messo in evidenza come siamo stati sconfitti sulla richiesta del referendum abrogativo della riforma della geografia giudiziaria”. E’ quanto dichiarano il consigliere regionale dell’Udc, Francesco Mollica e il presidente del Comitato pro-referendum Melfi, Alfonso Ernesto Navazio.

“La Corte Costituzionale, con la sentenza 12/2014 – spiegano Mollica e Navazio -, nel dichiarare la inammissibilità della richiesta (hanno deliberato 9 Regioni che rappresentano circa 25 milioni di cittadini) ha volutamente prestarsi alle varie pressioni, politiche e non, che su questa vicenda, fin dall’inizio, si sono abbattute. Basti pensare alla costituzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Fatto eccezionale. Bisogna risalire al Governo Berlusconi per trovare una azione simile (allora si difendeva il famoso decreto sul nucleare)”.

“Abbiamo perduto. Per tante ragioni – affermano i due esponenti politici. Tra queste sicuramente quella della scarsa percezione dei cittadini della battaglia intrapresa. Una battaglia che non riguardava e riguarda solo gli avvocati. Una battaglia che riguarda soprattutto i comuni e il loro territorio circostante. Abbiamo assistito ad un Parlamento che ha smesso la sua funzione. Supino come è alle decisione del Governo. Da una democrazia parlamentare ormai ci troviamo di fronte ad una democrazia governativa. Ma non ci arrendiamo. La battaglia riprenderà con più vigore assumendo diverse iniziative. Contemporaneamente. Nel giro di pochissimi giorni i gruppi di lavoro verificheranno la possibilità di ricorrere in sede europea; la possibilità di riproporre il quesito referendario tenendo conto che la sentenza della Corte ha superato la colleganza con la legge di bilancio (e ciò ci avrebbe precluso ogni attività!); chiarire, in sede di Conferenza Stato-Regioni, il vero significato del comma 397 dell’articolo 1 della legge di stabilità. Il Ministro può autorizzare ri-aperture di sedi a condizione che le regioni assumano impegni finanziari circa la gestione delle sedi e la spesa del personale (Comma passato sottotono e all’insaputa di molti. A chi serve? – si chiedono Mollica e Navazio); iniziative di ‘monitoraggio’ circa l’idoneità di tutte le sedi sotto ogni profilo di sicurezza (idoneità statica e sismica, luogo di lavoro, agibilità). Non è possibile che ai cittadini si chiedano il rispetto delle leggi. Tutte. Nessuna esclusa. Mentre molte sedi sono l’esempio delle tante cose che non vanno in Italia. Basta citare l’esposto-denuncia sul Tribunale di Potenza. Ad oggi ancora senza risposta. Ignorato”.

“Nel frattempo – concludono - gli Enti locali non dismettano i propri immobili, non modifichino le destinazioni d’uso: la battaglia è ancora lunga e non c’e scritto ancora la parola fine su questa battaglia. Un rilancio di iniziative, quindi.  Non demordiamo e soprattutto non ci arrendiamo”.
  

Redazione Consiglio Informa

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